Procedo per ordine inverso, visto che la prima la devo ancora leggere, e dubito di farlo finché non recupero l'episodio precedente a cui dare una ripassata.
Partendo dalla premessa che
mettere consecutivamente 2 storie su 3 nello stesso volume (e magari pure la prima prevede un Lobo Azteco?) che convergono sul tema licantropia, mezzisangue allupati, etc, mi pare una trovata abbastanza discutibile, se non una mezzacialtronata, quanto a management editoriale:
SPOILERSPOILERSPOILERL'Uomo e la Bestia dovrebbe prendere lezioni da Cavaletto su come ridurre dialoghi su dialoghi affastellati in modo snervante. Nella prima metà dobbiamo sorbirci un paccazzo di ciance ululate solo per introdurre i personaggi ed il loro
modus-vivendi. 44 pagine flosce e sincopate della peggiore tradizione da fiction di Canale 5, a livello di sceneggiatura: queste sono le cose che non mi fanno rimpiangere autori come (il "classico da indagine") Marzano in altra sede, a parte l'esilio sull'OldBoy. Tra l'altro tutti i personaggi (lui/lei/il maggiordomo) risultano banalmente antipatici o com-patetici, nel senso da compatire... visto come l'autore vuole indirizzarci verso il domestico
.
Dopo che abbiamo passata a' nuttata, si passa al secondo tempo più
action in cui almeno succede qualcosa. Cosa? Un lupo mannaro a spasso, amen. Qualche arto cioncato qua e là, poliziotti fessi, campeggiatori incauti. Salvabile il twist finale, ma è davvero pochissima roba in un luna pienissima di mediocrità.
Menzione a parte per i disegni a volte piacevoli (v. lupo a p.228), a volte (troppe) inguardabili. Non ho capito se certa svogliatezza dipenda da spocchia "atteggiosa" spacciata per stile, o da semplice carenza di mezzi/tempistiche per la rifinitura. Consiglierei comunque a questo
Chella di trovarsi al più presto una caratura tutta sua, perché non si campa a lungo sui calchi-mannari di Tacconi, Siniscalchi e Dall'Agnol ibridati tra loro
.
Voto
5 - e vado di manica larga.
[...]
Il silenzio del lupo mi è piaciuta abbastanza invece, ed apprezzo particolarmente questa voglia di sperimentare linguaggi "altri" rispetto alla norma, specie se si parla di animali, e del loro genuino punto di vista senza la retorica del
logos. L'ho letta in due notti nell'assoluto silenzio, e credo ci abbia guadagnato molto. Effettivamente se dialogata bastavano un terzo delle pagine... ma qui scorre tutto che è una bellezza, grazie all'abilità dell'autore di gestire la vicenda come un apologo primordiale, e l'assenza dei
baloons fa soffermare meglio sulla qualità del tratto ispirato di
Zambrosini....
...ehhhmm
... Zamborlini, che spero di rivedere sulla regular, se il Conte si farà pregare. Volti tesi/espressivi, vegetazioni fitte, la giungla urbana di Londra, architetture da noir incenerite sotto la pioggia, macelleria corposa e contorta: davvero un gran lavoro. Forse solo la mono-splash pittorica da quadretto familiare (p.184) non mi ha convinto, oltre ai tatuaggi sul lupo che spesso spariscono senza un motivo.
Molto bello anche l'incubo della carcassa dino-giganteggiante (pp.147-50) dove la storia si concede un (raro) excursus visionario. Per il resto la narrazione visiva tiene con i suoi perché e cattura col suo spirito... tranne che per le ultime due pagine che mi sanno un po' di riempitivo.
Magari invece di concentrarsi sulle continue bighellonate di Dylan (quando mai riflette sotto un ponte
p.164) si poteva dedicare qualche pagina in più alla ritualità tribale (+sua atmosfera
à la Jack London) nella tundra canado-artica donde scaturì ogni fattaccio.. ma questo è solo un mio desiderio, eh. Mi sembra un po' strano che Bloch (p.127) si scomodi per poco più di un lupacchiotto a zampa libera per strada, come non afferro tanto il modo di agire di Dylan, che dopo essersi barricato in auto per la fifa (p.117), tre pagine a seguire, al sentire di un colpo di pistola, si precipita fuori dal Maggiolone cuoredoroimpavido per far il San Francesco de noartri
.
Comunque sia, storia pienamente promossa. Voto complessivo
7 +.
ALOHA ET CAVE LUPUM, MORTI DEAMBULANTI