A proposito di scene "dense"....
Riprendo, quasi per caso, Il Signore del Silenzio (un albo perfetto in tutto e per tutto, lo preferisco a storie più blasonate come Il lungo addio e Memorie dall'Invisibile) e incappo in una sequenza di cui mi ero dimenticato. Dylan e il suo amico/nemico Larry vanno da Wells per una consulenza su Uskebasi: ecco, per me questa sequenza è magistrale. Abbiamo una trama portante di cui il lettore tiene conto (gli omicidi/suicidi, che hanno a che fare con una lepre gigante e una specie di santone, che però forse non esistono - questi gli indizi finora). Su questa trama si innesta una piccola digressione, la visita a Wells. L'incontro con il nobile - che è IMPORTANTE ai fini della trama, non è una perdita di tempo del lettore - subisce un'altra digressione: gli animatroni del Lord, che il lettore può ammirare apprezzandone la bellezza estetica, la sorpresa eccetera. Ma non finisce qui! Mentre Wells fa la sua (fondamentale, ripeto) lezione su Uskebasi c'è il ge-nia-le e completamente folle microepisodio di una bambola (dalle fattezze infantili, nota bene!) che avvicina Larry e di punto in bianco gli slingua una mano con fare libidinoso (!!!) per poi essere cacciata. Mi fermo qui perché se no dovrei tirare fuori anche la strappona che a sorpresa salta fuori dalla camera di letto di Wells poco dopo. Quante storie si innescano una dietro l'altra, nel giro di pochi secondi/pagine? Questo tipo di sequenze era abbastanza comune nel Dylan storico, anche solo per brevi momenti: nel finale di Inferni (una di quelle storie fra l'altro in cui Dylan è passivo ma riuscitissimo lo stesso: conclude l'episodio fallendo e con solo una vaga idea di quello che può essere successo, ma il lettore non ha l'impressione che sia un ebete che non sa fare il proprio mestiere), mentre il burocrate infernale spiega la successione degli eventi, si vede per un attimo uno degli impiegati infernali (quello con l'occhio al posto della testa, accecato all'inizio della storia durante la fuga dall'inferno) che si toglie la benda e scopre di poter vedere ancora.
Non sono tecniche che si sono inventati su Dylan Dog, è roba che risale a Moore o ad Eisner se non prima. Ma adottarla non è uno scimmiottamento di albi americani (a differenza di altre cose che ho individuato in molti albi dylaniati recenti). Si tratta di una tecnica che bisogna saper padroneggiare e che però è flessibile, si può adottare in albi italiani come in BD come in un milione di altri fumetti senza tradirne lo spirito. Naturalmente ha una sua complessità. Nell'albo La porta dell'inferno questa tecnica per esempio è secondo me adottata nel modo sbagliato: il professore assassino va a casa di una famiglia per massacrarla a bastonate. Entra, inizia un dialogo piuttosto banale di cui non ho capito mai il senso (nemmeno all'epoca) sulle responsabilità di famiglia e scuola. Il tutto è anticipato da un breve momento in cui si vede il bambino della famiglia che guarda alla televisione un cartone animato in cui un personaggio che assomiglia un po' al professore combatte a bastonate degli alieni (un'anticipazione del massacro, immagino). Il problema è che è tutto forzato, quel momento con gli alieni non significa niente ed è noioso, si vede benissimo che Manfredi (che beninteso sui suoi lavori è un grande, uno dei migliori scrittori Bonelli di sempre) ha messo insieme questa sequenza senza crederci troppo.
Sinceramente: quanti scrittori moderni saprebbero mettere insieme una sequenza come quella di cui sopra? E mi riferisco anche a quelli bravi, che però alla fine costruiscono quasi sempre delle cose abbastanza lineari anche nei loro albi migliori: Dylan va da A a B, interruzione di due o tre vignette di Groucho che dice una stupidaggine, Dylan va da B a C. Che noia. E non è che ci sia nemmeno niente di male nelle storie lineari eh, un sacco di personaggi Bonelli sono protagonisti di storie bellissime con trame lineari, ma in cui il ritmo è comunque più incalzante della maggior parte delle storie di Dylan Dog recenti. Chi se ne frega delle trame a sfondo sociale (che poi alla fine sono solo social...), delle beghe sentimentali di Dylan (tutte trattate in modo superficiale e marzulliano: Dylan ama tutte, non ama nessuna, ma la vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?), arrivo anche a dire: chi se ne frega persino delle sequenze oniriche che tanto si trovano un tanto al chilo. Datemi un albo costruito come Il Signore del Silenzio piuttosto, con questa densità, e per me Dylan Dog è salvo. Peraltro: è quel tipo di complessità che può apprezzare chiunque, anche i neofiti dei fumetti (quanti di noi erano esperti di fumetto quando a 15 anni leggevano Storia di nessuno?). O sai farla oppure no, o ti impegni oppure no, e i risultati sono evidenti e indubitabili. Ed esalta il medium fumetto, non si può adottare quasi in nessun'altra forma d'arte. Altro che l'assurda e fasulla pretenziosità di roba come In fondo al male, su cui a quanto pare si può dire tutto e il contrario di tutto, tanto non l'ha capita nemmeno l'autore.
Uno poi dice: eh, ma era Sclavi quello geniale. Sì, peccato che Il Signore del Silenzio l'ha scritta Ferrandino. Se uno scrittore si impegna e ci pensa su TANTO, costruisce la storia con cura, alla fine questo tipo risultati si vedono. Non so perché questo approccio alle storie sia diventato così raro (non solo in casa Bonelli): o agli autori non gliene frega niente, o sono impegnati in mille progetti e non hanno tempo di costruire con cura una storia, o si ha un'idea dei lettori come decerebrati che non devono pensare (il che magari è anche in parte vero, a giudicare dalla monnezza che oggi va per la maggiore in qualsiasi fumetteria).
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