Aleksandr ha scritto:
Fort Ticonderoga: molto ben sceneggiato, deriva in maniera troppo evidente trama e personaggi, con relative psicologie, da La figlia del capitano di Puskin (viene detto nella prefazione), senza molti guizzi creativi, come invece mi sarei aspettato, a parte lo spostamento d'ambientazione e contesto. Ragione per cui non va oltre il 6,5, ma rimane un albo consigliato.
Io gli darei senza dubbio un voto maggiore. Mi sembra un'ottima prova di
Morales, senza paragornalo ad altri formati di scrittura, anche perché in 94pp non è che potesse rendere come un romanzo a fumetti - che pure la SBE pubblica.
Consiglio a tutti l'acquisto, dopo un certo ristagno delle collana. Ho provato il piacere naturale della narrazione in stile ottocentesco, un contesto
storico credibile, un processo non scontato di formazione del protagonista, e dei colpi di scena niente male. Certo, la vicenda non è così di ampio respiro come si potrebbe auspicare, ma i suoi colpi li mette a segno in maniere avvincente, a partire dall'ambientazione
eastern, e la gestione dei dialoghi che lascia intravedere la mano rifinita di Morales
.
Qualche dubbio in sede di sceneggiatura, forse rimaneggiata dopo la dipartita del compianto:
SPOILERIl personaggio del capo-Mohawk sembra importante ma poi sparisce del tutto.
Non si capisce in base a cosa Zubin ricatta il padre di Peter con quella missiva - debiti di gioco? Sboronaggini sotto alcool? Qualunque cosa sia, un'ellissi eccessiva nel non-detto.
La parte sentimental-amorosa è trattato in modo vacuamente convenzionale e frettoloso, ma forse non è nelle corde dell'autore.
La Flamme è un signor personaggio - forse anche troppo "cercato" da Morales - ma lo stesso non si può dire di Feltham, che passa in modo inverosimile da compagno guascone a pluricarogna inviperita, nel giro di poco tempo.
Non si capisce neanche molto bene perché una giovane così libera/ardita come Mary accetti di diventare sua prigioniera passiva per oltre due anni senza provare a tagliare la corda, come dovrebbe.
E onestamente il finalino da "giornalista" sgonfia molto dell'impatto epico/avventuroso del resto
.
Carini i disegni, il talento c'è. Peccato che certe volte
Ramacci esageri nell'imprimere una tensione brutale nei suoi visi corrugati, anche quando non serve. Inoltre proprio i protagonisti, Peter e Mary, hanno qualcosa che non va nei tratti, fumettosamente fuori scala rispetto agli altri personaggi ben più realistici/ritrattistici.
ALOHA SENZA DEROGA