Spiace, ma secondo me quest'anno l'Almanacco - io continuo a chiamarlo così, perché tale è rimasto a livello di concept, tranne la ri-patinatura di base -
è di scarso livello nel complesso, se non peggio.
A partire dalla
copertina insignificante ed anonimamente svogliata di Brindisi, lontano parente della sua versione balcanica
.
Per le rubriche siamo alle solite: oltre a sembrare ormai una cosa abbastanza anacronistica come contributo "tra intenditori" del genere, continuano ad essere anche abbastanza approssimative e sommarie, ammucchiando titoli a casaccio, senza un criterio di base. Basti pensare che gli aggiornamenti si riferiscono al solo mercato italiano (in traduzione) per farsi un'idea di quanto siano al passo coi tempi...
A livello di dossier salvabile solo quello sui clowns visto l'approfondimento. Messo assieme con lo sputo e per puro pretesto -
leggi: carenza di argomenti - quello sulle cattive compagnie, abbastanza inutile quello sulle donne urlanti... che degenera spesso in commenti/apprezzamenti (anche negativi) sulla statura, sul peso e sull'avvenenza di queste tipe, manco fossimo su GQ o DiPiùTv tra comari
.
La storia lunga,
Villa Arzil... ehhmm...
Serena, lascia sereni nell'indifferenza una volta tolta di torno. Tre passi indietro a capofitto rispetto all'Ostini brillante e grottesco del
Mostruoso Banchetto. Il merito principale è la scorrevolezza, ma oltre quella rimane poco. Alla fine si basa tutta su un rocamboscoobydesco "ritroviamo gli scomparsi", e poi la cosa si risolve da sé con un non-colpo di scena insipido al semolino. Non si può confondere
Dylan Dog per una sit-com giallognola per la terza età dove Mrs Marple/S.ra Fletcher si mescolano con uno Sherlock che è loro figlio...e questo dimostra come l'intero contesto di Wickedford sia degenerante in sé rispetto al valore della testata, e non ci sono alibi di "genere"
à la arsenico ed altre merlettature per giustificarlo.
I dialoghi sono abbastanza snelli nella prima parte, ma dopo un po' vengono a noja tutti gli ammiccamenti sessuali in modalità geriatrica che fioccano a dozzine, fino al patetico, in quanto forzosi più di un viagra via clistere. La madre tuttofare-rispostapronta di Bloch sarà anche divertente e vispa, ma anche lei dopo un po' non basta a tenere in piedi una storia attaccata ad uno spunto-cornice infinitesimale e banalmente stravisto - l'eterna giovinezza? Chiedetelo alle casse dell'INPS o delle ASL e poi ve faremo sapé, il vero orrore...
Pietoso come sempre il tentativo di reinventare alla bisogna il passato dei personaggi per accalappiare qualche trovata da
hype tirato pel collo: stavolta è toccato alla madre di Bloch, mi tremano solo i polsi a pensare quando sbucherà la cugggina della prozia terrorista di Rania: io m'accontentavo più semplicemente di quella
stragnocca della nipote della Trelko, ma ormai sembrano essersela dimentica tutti...
Dylan sempre più spalla comica e passivo - tranne quando si tratta di trombare - nel complesso delle indagini, dove sono i due Bloch-s a tirare le fila di tutto. Si prende una coltellata da idiota mentre è preso a ciarlare del più e del meno, e viene salvato dagli incasinamenti del suo passato che finiscono per stordire anche le creature della pozza, in un finale sbrigativo e rattoppato per lettori al massimo dodicenni
.
Botta finale i disegni di
Torti che a me fanno davvero pena. Per quanto la storia sia di taglio ironico, uno che viene qui a fare delle vignette
deformed da umorista dell'ultimora c'azzecca davvero poco... al massimo dovrebbe provarci su qualche albo poco serioso di
Martin o
Julia. Si fa una certa fatica a distinguere alcuni anziani tra loro - v. Travis & Welsh - e la madre di Bloch sembra quasi coetanea di Penelope. Basti vedere come viene disegnata grossolanamente la segretaria popputa (p.53) per capire che da qui allo stile caricaturale di un maestro come
Saudelli ci siano anni luce di differenza. Splash page funzione magro contentino pur di (tentare di) fare scena, scopiazzati da qualche manga/anime gli spiritelli acquatici, massima espressione della cura ai dettagli un reparto cucina in prospettiva (p.95)... ed ho detto tutto.
Quasi tutto: rimane
Il Labirinto.Senza perdersi troppo, qui almeno
Pontrelli dimostra di avere un'identità sua come disegnatore e contribuisce ad infondere atmosfera minimalista-ibseniana al racconto. La storia in sé è apprezzabile e cattura sul breve, anche per lo sbalzo di registro tremendo rispetto a quella lunga, oltre a non presentare particolari pecche. Se non, forse, il solito luogo metaforico sdoganatissimo del cervello-labirinto, anche per impatto grafico, già impiegato su Dylan innumerevoli volte (v.
Sogni).
In conclusione,
se volete risparmiare 6,30 sul vostro bilancio, avete trovato da dove recuperarli
ANDATE IN PACE: UN ALOHA PER LE PALME