[...]
Continuano le analogie: anche nel
Gioco del Dolore Dylan si ritrova legato in attesa di tortura durante lo spiegone del villain di turno. E siamo a tre storie su tre nello stesso volume dove succede la stessa cosa. Chiaverotti l'ha scritta nel '92 evabbeh, ma dire agli sceneggiatori più recenti di trovare qualche escamotage diverso, o perlomeno non accorparli tuttinsiemappassionatamente nello stesso giro non sarebbe male. Poveri noi...
Tornando alla storia del Maestro
S
-P
--O
---I
----L
-----E
------RBien, très bien.
E' questo quello che si dice un thriller senza compromessi, cattivo, not politically-correct, strisciato nel morbosamente perverso ed efferato. In fin dei conti la trama non è nulla di clamoroso, come originalità, ma nessuno degli sceneggiatori attuali avrebbe il coraggio di sfornare oggidì una cosa del genere, nonostante sulla rete circoli ogni porcheria, ed il bacchettonismo perbene di vent'anni fa non esiste più. Forse esiste più una forma di polemismo mediatico dilagante, dove ognuno fa a gara per indignarsi contro una cosa che non corrisponde ai propri schemi etici - v. rivendicazioni post-femministe, vegani allo sbaraglio, integralisti del buonismo, censori della differenza, paladini degli ultimi, etc. Gente patita di cronaca stile Del Debbio, che davanti ad una storia simile griderebbe ancora allo scandalo, tacciando il Chiave di sessismo ribaltante, perché ci mostra una donna alla prese con le sue pulsioni, che simula stalking per provare piacere vero, ed alla fine si riduce ad una povera squinternata. Un tabù in pratica, dopo le lezioni di
Amore Criminale a josa, sentirsi dire che colei che grida "
al lupo, al lupo" è la più (criminalmente) allupata del coro
.
Comunque sia la storia è molto apprezzabile, e si vede lontano un miglio la capacità del Maestro - retrodatata, c'è da dire... - nello scrivere Dylan come si DEVE scrivere Dylan, a livello di sceneggiatura. Non si tratta di una formula magica: basta rileggersi come sono disinvolti, naturali, credibili, taglienti, efficaci, i dialoghi con poche parole, come i movimenti (anche muti) dei personaggi durante le scene sono orchestrati con una grande regia - qui molto si deve al thriller/nero italico a cavallo tra anni '70 e '80, non solo Argento - ed anche il modo distaccato ma serio con cui Dylan si fa invischiare nella vicenda, fluendo nelle indagini in prima persona.
Alcune coincidenze sono un po' esagerate a dire il vero - due amanti di fila crepati per puro caso, durante una ronda, mentre sceneggiavano il teatrino masochista di Sophie - ma nel complesso certe cose da Claudione è normale aspettarsele. Forse io avrei giocato qualcosa in più sulla parte onirica e sui sospetti di possessione multipla; inoltre non vedo proprio un controfinale beffardo come da tradizione. Comunque sia, l'escalation di violenza, libido, e follia in Sophie è resa molto bene... vedendo anche come sragiona in modo progressivo: proseguire col suo gioco pericoloso mentre è vigilata dalla polizia non ha molto senso, a conti fatti... ed infatti i suoi "Simon" rischiano sempre di esser beccati, o ancora peggio di renderla potenzialmente ricattabile. Una coltellata e non romperanno oltre.
Ottimo Pennacchioli e non aggiungo altro. Forse è più "pulito" rispetto alle due storie da Almanacco d'epoca, ma basta vedere la smorfia alla "Simon" dei vari tizi per capire come è sufficiente la maestria in un'espressione per rendere inquietante un discorso per immagini, all'interno di un fumetto (che si presume) horror.
Grazie a questo ho votato 7 al Maxi per intero.
La storia non è un capolavoro del Chiave, ma di questi tempi vale oltre l'8. Avercene
.
ERGASTOLTO ALLA FOLLA, ALOHA COMES BACK