iunioras ha scritto:
A me è piaciuto. Il problema è che credo di non averlo capito del tutto. Qualcuno più sveglio di me che mi faccia uno spiegone?
Non credo di esser molto più sveglio, perché dopo la magnata domenicale arriva l'abbiocco fisiologico, ma prima di apprestarmi al lounge pro-caffé, credo di disporre ancora della graforrea necessaria per fornire un'interpretazione (personale) complessiva delle tematiche di questa storia, che non mi pare così sconclusionata come altri hanno detto... e forse io avrei preferito.
Tra l'altro ne approfitto per portarmi avanti col lavoro, visto che dimezzando la materia, dopo potrò scrivere un post (un po')meno lungo del solito per il giudizio complessivamente dettagliato sull'albo
SPOILER §§§ SPOILER §§§§ SPOILERSPOILER §§§ SPOILER §§§§ SPOILERSPOILER §§§ SPOILER §§§§ SPOILERCome dicevo poco prima, mi sembra che tutto quadri in modo abbastanza lineare, anche perché il
soggetto a tesi è messo proprio in bocca ai personaggi, nella parte centrale della storia... quella più debole a livello di sceneggiatura. Ed in gran parte transita tra le parole di Markus e le reazioni qualunquistiche dei genitori coinvolti nel raduno meta-spiegonistico
.
In pratica si parte dall'
assunto che i bambini non sono più quelli di una volta. Che non
sanno aver paura perché ormai sottovalutano - anche per colpa dei genitori viziatori/distratti, delle edulcorazioni Disney, etc. - il valore formativo delle fiabe, e i mostri/pericoli che vi sono tratteggiati come palestra di apprensione/apprendimento, non facendosi così le ossa nel mondo arcano e fatato "del raccontabile". In passato invece le favole avevano la forza di imprimere l'immaginario dei più piccoli, di spaventarli e farli immedesimare nella risoluzione del "problema" raccontato, in un certo senso proteggendoli dall'ignoto con la morale narrante ...e forse anche dagli adulti, a loro ancora ignoti nelle proprie bassezze.
Forse Markus esagera nel dipingere a carattere cubitali (p.45) l'idea di una sorta di eugenetica della fiaba, al limite della selezione darwiniana, ma il concetto di base è quello. Discutibile quanto sia, ma per questo ci sono psicologi, antropologi, filologi, filosofi, ad accapigliarsi... e la Baraldi non appartiene a nessuna di queste categorie, per fortuna, e Prop ci scuserà
Posto questo assunto, Markus, che sin da piccolo amava creare e raccontare mondi da fiaba, prima per sé da bambino, poi per altri marmocchi come burattinajo, molla tutto il suo teatrino perché deluso dall'indifferenza/sordità che gli riservano i bambini di oggi, avvezzi ad altri tipi di storie e forme d'intrattenimento, prodotte ed inculcate da adulti sciocchi o incapaci di focalizzarsi sulle reali attenzioni che necessita in quella fase un bambino - v. mutismo da responso di Sam Lewis. Insomma, è fuori-tempo massimo con le sue baroccherie baloccanti, e la situazione sta degenerando da sé.
Ad un certo punto - e qui latita lo "spiegabile", per quanto visto sulle vignette, almeno - parte una scheggia impazzita ed oscura dal teatrino creato da Markus,
tale Jack, il burattino col papillon...forse una projezione negativa dei pensieri di Markus - che dopo confessa di non avere pieno controllo sui suoi "poteri" (p.91)- forse un'entità malvagia a sé, forse una metafora di legno animato per teorie geppettesche, forse un esecutore di qualche volontà superiore, chillosà...
Questo Jack entra in campo come amico-non-tanto immaginario - lo si riscontra concretamente in diverse vignette, e anche gli adulti lo vedono/ascoltano. Jack aizza i bambini di oggi a coalizzarsi per cambiare le carte in tavola, ed ad impostare un altro tipo di fiaba(nera, a pois però):
se nessuno ci fa più paura o pensa di pensare per noi, adesso mettiamo noi fifa agli altri e la pensiamo un po' come razzo ci pare. Quindi i mocciosi si ribellano a modo loro al mondo degli adulti, disconoscendo le loro imposizioni fallaci, e divertendosi per gioco/ritorsione a seminare il panico o scherzetti crudeli, in nome di un cinismo infantilmente pre-morale.
I bambini sono da sempre "cattivi", ma il più delle volte lo sono senza cognizione di causa e solo verso altri bambini - v. tremendi episodi di bullismo già all'asilo. Qui invece lo sono coscientemente e contro gli adulti, perché ormai non reggono più le fregnacce delle nuove fiabe, mentre un pedofilo ti palpeggia ad un provino, od un genitore dice di capirti per raccogliere più consensi alle elezioni condominiali
.
Come s'ennesce?
Semplice :
tornando a spaventare i bambini coi racconti, per farli crescere un po', anche da questo tipo d'alzate di capo/cresta, che non maturano gnente in loro, mentre covano rancore in luna park malmesso.
E qui ritorna di rinculo il ruolo di Markus, che nonostante lo scetticismo iniziale dei trucidi mocciosi (p.80), ed il suo stesso disfattismo (p.57), un po' si ricrede ed torna al suo vero mestiere. Quello di spaventare i piccoli, che è anche un piccolo dono. Eccolo che riesce di nuovo magneticamente ad attrarre l'attenzione dei fanciulli raccontando fiabe vintage in modalità
creepy-fantasy, tramite questo innato potere speciale (p.91) - diciamo "carisma" affabulatorio, ma può essere qualsiasi cosa, anche a livello sovrannaturale/onirizzante - facendo immedesimare nuovamente i bambini in quanto rappresentato nel teatrino
.
Adesso i burattini sono loro stessi in scena, e vivono sulla loro pellicina le avventure della strega nella casa di marzapane, dello spaventapasseri succhiacervelli, del Due di Cuori di picca munito, dell'uva carnivora che se magna la volpe non disprezzandola, etc. E stavolta se la fanno davvero sotto, tornano a gridare di paura, a fare meno i gradassi, a chiedere ajuto agli adulti (in questo caso Dylan, p.87), o a invocare il ritorno a casa da mammà (p.89) dopo la fuitina cattivonza. E' tutto merito dell' "
uomo che racconta storie" se allora stì marmocchi non fanno più storie e si ricalano nei ranghi, ripetendo anche alcune lezioncine precotte per loro dagli adulti (v. Gesù ed il Paradiso remunerativo, p.94).
Markus, che ha un cuore debole e delicato, non regge tutto questo squasso e crepa lì lì.
I bambini pentiti si riconciliano (per ora...) coi genitori con abbraccio post-sbandata/capriccio, mentre Jack, che
è l'unico bambino a non ricongiungersi con nessuno - non avendo genitori reali a reclamarlo, si suppone - torna a farsi marionetta di nonsisapiùchi per intonare idealmente il ritornello finale della filastrocca, a corollario imboccato del discorso a tesi partito sin dalle prime pagine: "...
sia di lezione/ Senza dolore non c'è redenzione". Per apprendere bisogna essere provati dalla paura e dal dolore. Ed è necessario che pure i mocciosi attuali, come quelli denavorta, aprano le orecchie e ne prendano la loro razione, anche se solo raccontata
.
[...]
Fffiu....non immaginavo che ci volesse tanto a spiegare un albo della Baraldi. Non so se è un buon segno
.
Di certo i bambini potevano essere resi in modo più inquietante, l'impianto moralizzante è un po' reazionario, e non siamo certo ai livelli di
Lord of Flies, ma questa cosa delle fiabe come materiale da paura (o di ribellione)
in wonderland non è una cosa che compare per la prima volta di Dylan...anche se altrove più di striscio. Vedasi
L'antro della Belva, L'armata di Pietra, Gita fuori porta, La Fiaba Nera, etc. Di recente poi si è visto un intero CF dedicato a questo ambito, ed evviva le coincidenze
proprio qualche settimana fa nell'
Old Boy invernale ci sono due personaggi delle fiabe che si ribellano al loro stereotipo...dando di matto, o un teatro di burattini che si diverte a spaventare nel grottesco.
Tutto torna, ed i ritornerò quando posso per dare un giudizio sull'albo, visto che questa parentesi serviva solo a fugare certi dubbi, e a facilitarmi la digestione dei maccheroni. Perché anche scrivere vaccate da far paura è catartico
NINNA NANNA, NINNA ALOH', QUESTO BIMBO A CHI LO DO,
SE LO DO ALL'UOMO NERO, GLI DA' DEL CORNUTO UN ANNO INTERO