Se prendiamo le cose da un punto di vista più generico, questo associare il problema della "memoria" con quello dello "scetticismo" potrebbe risultare fuorviante alla fine. E questa discussione lo dimostra, partendo dai proclami tardo-revisionisti ampiamente contraddetti dalle pagine stesse in edicola
Mi spiego mejo: è risaputo che Dylan non può accumulare più di tanta esperienza dalle sue avventure passate. E questo in parte ne costituisce il fascino, come diceva
Surv. Vive in un eterno presente spostabile e ridefinibile, a seconda delle epoche in cui viene scritto, ed è stato inizialmente concepito per farsi beffe di qualsiasi concetto di continuity. Questo vuol dire in gran parte che lui non fa tesoro di quanto avvenuto nel numero scorso, non accumula nozioni per riusarle, non cresce attitudinalmente, non si crea un archivio mentale delle proprie esperienze, scandito albo per albo. C'è da dire che questa impostazione serve anche a lasciare campo più libero alla scrittura dei singoli (diversi) autori, in spazi & tempi distanti e differenti, perché non è detto che il signor XY debba sapere come si è comportato Dylan davanti ad un druido 15 anni prima, in albo scritto da ZY, per rimestare nell'argomento. Dopo quasi 600 storie mi sembra normale. Dopotutto non siamo davanti ad un fumetto sviluppato come un gioco di ruolo/quest, dove il protagonista deve crescere in parallelo al suo percorso, e riconoscere volta per volta i suoi nemici/fonti di problemi (il bestiario) trovando i suoi punti deboli in base alle esperienze passate. Un vampiro di Ruju è diverso da uno di Sclavi, uno spettro sanguinario del Chiave non è simile ad un'anima inquieta projettata di Medda. Quindi archiviare questo bestiario di casistiche per riutilizzarlo alla bisogna non avrebbe molto senso.
Ciò non vuol dire che si debba rinnegare od occultare in modo indebito il fatto (implicito) che Dylan abbia comunque svolto un "qualcosa" in questo mentre imprecisato, facendo finta di aver fatto il gelatajo fino al mese prima, o cadendo dalla nuvole chiappettutto. E' ancora più ridicolo. Ogni volta è una volta diversa e non comunicante con le precedenti, a livello di esperienze, che possono venire ignorate. Siamo d'accordo. Ma fingere spudoratamente sempre che sia la prima, il fanciullesco battesimo verso l' "ignoto", dopo un po' suona patetico e paraculo, tenendo anche conto che parliamo di un personaggio già famoso nella sua Londra, e che a suo modo (soprav)vive di una specie di professione
.
Ci sono autori-archivisti-nerdfan che poi amano citare le avventure precedenti in base a determinati punti di contatto.
Proprio questo mese il solito
Gualdo sul Maxi ha tirato in ballo la questione dei topi aggressivi in giro per Londra ricordandoci a caratteri cubitali di un albo di oltre vent'anni fa (
L'orrenda invasione). Cos'è, finalmente Groucho ha messo le pillole per la memoria nel tè di Dylan? Può darsi, ma è molto più probabile che, appunto, pure la memoria storica di Dylan sia soggetta alla manipolazioni del caso, a convenienza, dove in questa convenienza rientrano anche gli sfizi personali dei singoli autori e la loro capacità di storicizzarsi rispetto a Dylan. Nulla di male in tutto questo: sarebbe stato molto peggio se avesse detto: "
Non credo ad eventi sovrannaturali riguardanti i roditori, perché non ho mai visto nulla di simile fino ad oggi"
E con questo torniamo allo scetticismo.
Secondo me non è un dogma idealizzato in Dylan, né una forma di dottrina categorica congenita, tanto meno un cavallo di battaglia vincente su cui lui stesso scommetterebbe più di tanto.
Io lo vedo più che altro come un atteggiamento di partenza, non negli esiti. Deontologico ed umanitario in un certo senso. Un bisogno di sfrondare, alla base. I casi, i casi di vita, e le casualità che s'intrecciano. Perché Dylan rimane un uomo - nonostante quanto detto prima sulla memoria resettabile - che non si può negare abbia avuto innumerevoli esperienze, e sa porsi in modo aperto a seconda dei casi stessi, seguendo perlopiù l'istinto o il quinto senso e mezzo.
L'apertura mentale è quello che lo distingue, non è mica una specie di reincarnazione di San Tommaso, ansioso di applicare ad ogni cosa il suo ottuso mantra sistemico "
se non lo provo non ci credo"
.
Il fatto di non credere al sovrannaturale in modo totalitario al primo impatto dipende proprio dall'averlo toccato con mano (e sofferto sulla pellaccia) in più occasioni, e per questo gli sembra fondamentale
distinguerlo sin da subito dalle ciarle di mitomani, ipocriti, impostori, ciarlatani, auto-suggestionati, svalvolati, sbandati e neurolesi, che avrebbero più bisogno di uno psichiatra o di un poliziotto rispetto alle sue consulenze. Insomma, per accettare un caso prima ci deve credere un po' anche lui, altrimenti non gli va di sfruttare le paranoje infondate del cliente di turno. E questo non fa necessariamente rima con scetticismo. Anzi, introduce la categoria della "speranza", perché se non sperasse di crederci rimarrebbe ancora più corto di casi/al verde di quanto già sia, ed il suo dylan-verso gli parrebbe più cinicamente vuoto e grigio nella piatta normalità del reale
.
Alla fine Dylan non lavora per il CICAP, non è un discepolo bendato di Odifreddi, e se Sclavi è stato affascinato dalla tematica in un pajo di storie, rimangono un pajo di storie su oltre 600. Cercare una coerenza di fondo è abbastanza aleatorio. Basti vedere l'inversione ad U contromano su due ruote nell'atteggiamento della Trelko da
Dopo un lungo silenzio all'albo di questo mese. Parliamo di quattro mesi fa, non quattro lustri. Lì addirittura metteva lei stessa in dubbio - dopo anni di infinite sedute a segno nel suo salotto, dimenticati di botto - l'esistenza dei fantasmi e si prestava all'invasione domestica di mezzi tecnologici per testarne l'esito... con risultato nullo, nello sconforto. Qui invece come nulla fosse parte sparata dando per scontato che certi eventi sono vissuti realmente e che nel salotto si possono consultare sul momento gli spiriti, mentre Dylan gli dà tranquillamente corda senza opposizione (scettica?) ferire. Per legittime necessità interne alla sceneggiatura, come stradetto a favore di Secchi in questo topic da un pajo di pagine a questa parte. Dipende molto dalle circostanze relative alla creazione di una storia, alla fine... la contingenza.
E dunque esistono i fantasmi? Chillosà, per ora sento solo mugolare i fantasmi di tanti pensieri totalizzanti impalpabilmente a vuoto, che andrebbero esorcizzati con un po' più di relativismo
.
SE ALOHA ESISTE CI METTO UNA FIRMA SOPRA