Io non mitizzo Conan Doyle ed il suo personaggio è sufficientemente mitizzato da più di un secolo. Pur apprezzando (soprattutto i racconti) le opere narrative del suo narratore in cui è protagonista (di altri autori ne ho letta qualcuna, niente di che, a parte
Uno studio in nero di Ellery Queen, dove ha a che fare con Jack lo Squartatore) non sono un purista del personaggio Sherlock Holmes, non mi sono ad esempio unito alle accuse di travisamento mosse ai film di Ritchie (il primo decisamente migliore) o alla serie tv
Elementary di cui avevo seguito qualche episodio prima di stufarmi. Però quella è la base a cui un minimo bisogna rimanere ancorati e così era nelle prime serie, altrimenti inevitabilmente il prodotto rimarrà monco di qualcosa. Forse sarebbe stato meglio fare più episodi di minor durata (magari
), con un caso "normale" per episodio, senza doversi inventare troppe e troppo incredibili faccende private. Oppure si potevano fare due casi intrecciati per film. Perché la base è fatta perlopiù da racconti brevi: nei romanzi, con l'esclusione forse solo de
Il mastino dei Baskerville, si nota come Conan Doyle narrando del suo personaggio sia più portato al respiro breve del racconto che a quello più ampio del romanzo, che infarcisce spesso e volentieri con l'espediente del racconto nel racconto. Parlando di giallo classico, il romanzo con Sherlock Holmes non è il romanzo di Agatha Christie, dove prima sono presentati i personaggi e gli ambienti (per quanto spesso simili di romanzo in romanzo) e poi lo sviluppo degli eventi in cui presto o tardi agisce l'indagatore e che, passo dopo passo, risolve. Holmes si deve trovare di fronte al grande enigma giallo, apparentemente irrisolvibile, ma che sempre risolve con la sua fredda intelligenza. E' nell'immediatezza la cifra della sua stupefacente capacità deduttiva. A mio avviso quindi una qualsiasi serie a lui ispirata poco si presta a lunghe saghe e limitate dovrebbero essere le storie decisive o eclatanti. E comunque troppo presto hanno fatto uscire Moriarty di scena, per poi riproporlo in strani modi (leggi pure a casaccio) o creandone pallidi surrogati.
Con appena tre episodi per stagione se ne sarebbero potuti creare di casi "normali" senza annoiare o diventar ripetitivi, senza esagerare con mirabolanti vicende private, arcinemici o salvataggi universali.
Di questa quarta stagione, al netto del volerci ficcare anche qui a tutti i costi il privato dei protagonisti, che prende troppo spesso il sopravvento (ed è troppo romanzesco per portare lo spettatore a un minimo di empatia), si salva appunto l'episodio di mezzo. Il caso. Un serial killer che Holmes deve smascherare.
Il modello di base doveva essere la short story (o combinazione di), il giallo, anche l'avventuroso, ma qui si è scaduto nel romanzo d'appendice (per restare su modelli ottocenteschi) o nella soap (per andare su modelli recenti), pur di elevata qualità stilistica.