Tornando alla storia (se possibile) ecco qualche passaggio in analisi – la mia, da neuro - tralasciando il discorso delle storie SU Dylan ed il SUO passato taroccabile alla cazzodicanperlaja, visto che l’hanno ripreso altri forumisti e mi son rotto di scrivere ancora su certe cose. Voglio proprio veder se invece di commentare l’albo dovessi passare ad una retrospettiva dei retroscena dei miei commenti storici…da quando mi sono iscritto…
SPOILER
SPOILER
SPOILEREn passant sul lato grafico.
Molto buona la
copertina, senza dubbio più significativa del mese scorso. Dylan emo/Mi(n)ka mi sta un po’ sui marroni, ma questo è un problema mio.
Mari in gran forma, non c’è che dire, anche se un passo indietro, quanto a rarefazione rispetto all’ultimo suo albo, sempre con la Baraldi. Dopo un po’ le dita da ragno e le mezzetinte ovunque vengono a noja, però va riconosciuto un lavoro di tutto rispetto ed un’atmosfera degenerata e caotica nei posti giusti. Forse per l’omicidio di Emily si poteva fare qualcosa di meglio (p.54), per quanto la rivisitazione sotto LSD (pp.61-62) sia abbastanza riuscita
Una sola cosa non ho capito: quello
SZACK onomatopolonizzato di pag 28.iv. Se la gran sorca strappa a morsi il labbro del tizio, e si vedono le unghie lontane, con che diamine di tagliente lacera la pelle del tizio
A proposito di heavy metal: la morte iniziale con taglio da vinile mi ha ricordato una famosa scena dalla
Clessidra di Pietra…ma siamo una galassia oltre, nella storia del Dylanrock
.
***Per quanto riguarda i testi, direi molto male: ritmo poco andante, troppi flashback, narrazione bloccata, clisteri di retorica da peggiori riviste per 12enni sbandati, e dialoghi insistiti nel cercare di dare un senso alle proprie menate. Si salva qualche ironia tra le righe (v.alcool) ed il tema ricorrente dell’amicizia fraterna.
Certe volte mi sembra di preferire un unplugged scordato da parte di un Marzano mestierante, piuttosto che sorbirmi certi assoli ricercati da pedaliera & smaniosi di protagonismo, come quello della Baraldi che qui nella sua sbronza d’onnipotenza si permette di scomodare/reinventare il passato di Dylan… ad uso e consumo di una storiella simile poi… fosse stato per un albo coi controattributi…
Continuo a pensare che quest’autrice non sia adatta al
modus scribendi del fumetto per esteso, e nello specifico di questo fumetto: come nella prova precedente torna a romanzare coi fiocchettoni
rosa dark le sue vicissitudini da un punto di vista tardo(na)-adolescenziale, senza toccare le corde dell’orrore da vignetta in quanto tale. Tra l’altro qui, come dichiarato in una recente intervista, si invaghisce in modo dozzinale di torme di biografie su +o- “maledetti” del rock, e dopo averle lette avidamente, tenta di riproporre quei tormentoni di tormenti stravisti in chiave dylaniata
.
Debole sino alla miseria - nel senso di miserabile – lo spunto che dovrebbe far da cardine all’incubo, e cioè lo strepitoso disco che induce alla follia & registrato con le urla dei mortiperdavvero. Uccheppaura, uccheoriginalità…quasi quasi mi pento di aver sperato grottescamente che ad un certo punto tirassero fuori pure la faccenda dei versi satanici ascoltando le canzoni al contrario…ma se provate a rilegger questo post dalla fine all'inizio non è detto che non riusciate a rievocare il demone di
Freddie Mercury che vi prende a sculacciate roventi
.
Dylan sempre retorico ed appiccicosamente buonista anche a quest’età ed in una band coatta; fa bene Tommy (pp. 30-31) a mandarlo a quel paese quando intona un sermone peggiochepatetico sull’idealismo del rock puro fine a se stesso. Roba che neanche i
Cugini di Campagna avrebbero sostenuto, in epoca non sospetta… Con un roadie manager così inesperto e mollaccione un gruppo simile non avrebbe trovato spazio neanche nei cessi dell’Autogrill per esprimere il proprio talento da sciacquone
.
Tutta la storia è in pratica una sbrodolante
rectospettiva - nel senso che ci prende per il buco del c*lo, a cose (stra)fatte - non richiesta dal punto di vista di Vince, che non fa altro che piangersi addosso e rivangare dettagli da romanzetto rock
on the road per adolescenti, con sparate banaloidi sul senso della vita e della celebrità che ormai neanche
Hannah Montana sdoganerebbe più. Quando ha tirato fuori il ritornello imprescindibile dell’abbandono da parte del padre (p.66) – pure lui! gli xabaratici fanno da sempre scuola – e di una madre assente mi sono rotolate giù le balle dal quarto piano,
not like a rolling stone .
E poi visto che si chiama Mr Left, e suggerisce qualcosa di sinistro, almeno lo potevano far firmare da mancino il contratto demoniaco (p. 85). Tra l’altro non si capisce come faccia a tornare all’Eden of Rock senza essere riconosciuto da nessun fan, dopo esser tornato in auge per il nuovo disco, rughe e panza permettendo. Anche se il bassista in genere è il più sfigato del gruppo, e Tommy mi sembra il più in palla(e pallette) tra i quattro, alla fine ho preferito quel trucido di Ian, che non profferisce parola e lascia tutto al linguaggio del limonaggio con le groupies
.
Inutile tentare di addentrarsi nel gioco a quiz della gara di citazioni di cui è cosparso l’albo. In questo caso sono tutte giustificate per lo spirito della storia in sé, per quanto mi mancava sentire Kurt Cobain salutato come
Pixie meat (p.21 e 22) da una pseudo-Courtney Love, con lo stesso nomignolo usato all’epoca dalla coppia. Anche la lapide alla Dee Dee Ramone (p.94) non è male…
L’unico momento vagamente “sentito” a livello di sentimenti mi è sembrato l’addio con Emily, la ragazza di buona famiglia invaghita del disadattato (pp.43-47), ma difficilmente può salvare le restanti 50 pagine di moine di una grossolaggine deprimente, a partire dal trip acido proprio col fantasma di Emily che gli suggerisce come scopo nella vita di salvare almeno gli altri… e polizia sia (pp.63-65)
.
Onestamente pensavo (e speravo) che la parte sulla “macchina” dello star system/showbusiness introducesse qualche entità più occulta, anche a livello metaforico, o sfuggente – diverse volte si accenna ad un patto col diavolo, non per nulla - invece si risolve tutto in prosaico complottone para-consumistico messo su dalla sempre più necessaria – onde giustificare la sua evanescenza narrativa, marketta in marketta
- Ghost & co, che riesce a fare soldoni anche in questo tempi di crisi per la vendita dei cd. Che poi vendere illusioni di purezza e ribellione, spappagallando rabbia da operetta (p.80) è quello che fa involontariamente la Baraldi stessa qui sopra, ritorcendo contro di sé la nemesi dell’albo. Ma sono sicuro che nel suo caso il successo non le darà alla testa… dopo averci svenduto per la nostra disperazione (p.86.v) verso questo albo
.
Dopo un trip ai trigliceridi nel flashback smielato da clinica (87-89), ci si prepara alla sensata (senza esser sensazionale) promessa di un’amicizia lunga una vita, ed oltre… cosa che riabilita in parte il finale autoesorcizzante di Vince che vuole esser fermato da Dylan, col rancore che non prenderà forma.
Ultime due pagine di buon auspicio? Nel caso trovare nuovi talenti da arruolare per la “macchina” (editoriale) non sarebbe male, visto che questo primo round di acerbi esordienti merita un “
NO” seccato alla
Mara Majonchi. Non tutti possiedono il Dylan Factor, d’altronde…
Ho dimenticato il voto. In teoria non sarebbe classificabile in base agli standard del forum, quindi delego ad un pezzo della mia fortunata giovinezza rock anni ’90, scevra di metallari cotonati e darkettoni chiagnenti
.
Emptiness is loneliness,
And loneliness is cleanliness,
And cleanliness is godliness,
And God is empty, just like ALOHA