Prima di ari-perdermi su cose che discorrerebbero ad oltranza, meglio cercare sotto il letto il mio amico d’infanzia che un tempo mi faceva paura, e vedere adesso come si è ridotto.
Credo si chiamasse Dylan…
*****Donc, a fine albo la sensazione è che la storia abbia lo pseudo-pregio di alleggerirsi da sola dopo aver provato un approccio iniziale più tumultuoso. Merito in un certo senso della Barbato che non approfondisce i suoi discorsoni esistenziali più di tanto, e lesina spiegazioni superflue. Bien, peccato che questo “sconto” dimezzi l’appeal della storia proprio nella seconda metà, rovinando l’atmosfera riuscita della prima parte con una semplice carrellata di nodi banalotti confluenti verso una pettinatura stravista. Scossoni zero, esaurimento dei motivi narrativi alla lunga, solito Dylan bollito di Paola, fragilerrimo e spaesato, che se non fosse per gli altri sarebbe crepato giù al semaforo dell’angolo
Sul fatto che sono ampiamente stufo delle storie SU Dylan vedi pagina precedente
Dovendole dare
un voto non oltre 6+, perché alla fine mi ha divertito molto più la sfrontatezza kitsch di
Baba Yaga, se rimaniamo nei prodotti barbatiani. Siamo ai livelli di
Remington House o
L’uomo dei tuoi sogni in parole povere, ma rispetto alla storia di Aprile almeno qui lo starting point sa catturare l’attenzione, e non si svilisce da subito.
Ottimo
Freghieri, persino meglio di Casertano il mese scorso. Torna a deformare le vignette, a tratteggiare i turbamenti, a tagliare le ombre con grande maestria, e metà dell’effetto allucinato della storia dipenda da lui. Si concede il vezzo di qualche retino superfluo, ma tant'è...
Copertina buona per la realizzazione, meno per il concept, quasi nullo.
Siamo in attesa del frontespizio…
SPOILER ●●● SPOILER ●●● SPOILER ●●●
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La prima parte è quella degna di nota, in positivo, come già detto
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Si comincia con un buon inizio, si tasta l’incubo, si sviano i profili, si entra nel disagio dal vivo… poi Paola B. non riesce a trattenersi dal ramanzinare implicitamente lo sciupafemminismo di Dylan, che vanta una scuderia di ex con la B. di tutto rispetto, in rassegna. Comunque per esperienza personale posso confermare che tale Barbara (p. 13.ii) avrebbe preferito una lettera per messaggiare, ma i dettagli verranno rivelati in un prossimo topic quando parlerò della mia adolescenza grunge e delle squinzie di contorno… Cavenago avvisato, se vuole ridipingerci un selfie nostalgico
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Dopo la coperta tiepida effetto-shock del mese scorso, proseguono le svenevolezze languide di Dylan, che questa volta si accascia imbelle per un papillon (pp. 17-19) senz’antrace ferire. Una cura ricostituente non sarebbe male; temo che il vegetarianismo paghi alla lunga sulla fibra di quest’uomo
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Buoni i primi due delitti – v. sintesi del blackout da cortocircuito, non messo su vignetta – meno gli ultimi due, con degli scorpioni tantoper ed una carrozzella-gogna che sfida tutte le leggi della fisica e della meccanica. Si capisce abbastanza presto la matrice della vendetta nei discorsi tenuti dall’omicida, alludendo tutti al problema dell’indifferenza in quanto colpa capitale (leggi: accidia), del voltare le spalle omertosamente strafottendosene di quello che non ci riguarda
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Comunque la spirale tra voci, ricordi ed allucinazioni domestiche funziona abbastanza bene sul Nostro in questa parte, tenendo banco in modo riuscito, specie nel creare atmosfera e sospettosità verso ciò che vediamo. Certo, quando ho visto sbucare dal nulla l’imbottitura del materasso (p. 21-22) ho pensato che la storia avrebbe virato sul sovrannaturale o almeno sull’insondabile… ma nelle pagine successive la Barbato ha fatto di tutto per farci ricredere da questo filone, risbucato di straforo soltanto nelle ultime 3 pagine, dove forse ormai non aveva più molto senso
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Alla lunga però anche le allucinazioni trasognate diventano quindi didascaliche o ripetitive, non aggiungendo nulla a quello che già si era inquadrato (pp. 34-35), ma Freghieri ci mette del suo almeno per ravvivare le sfumature distorte dell’incubo e tanto di guadagnato. E sinceramente quello che doveva essere il pezzo forte, il flashback sotto ipnosi (pp. 51-58), si rivela una rappresentazione simil-divulgativa dove al fanciullesco letterale non subentra nessun elemento disturbante a margine, e quasi ogni dubbio viene dissipato nella consapevolezza dei fatti, parimenti riproposti, in ricostruzione lineare
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Meglio, in senso ironico, il comparto forzoso delle consulenze multiple4x4 tra psicologi, analisti e santoni acclamati della mente (pp. 36-50), che si rivelano alla fine capaci soltanto di ripetere nozionismi scontatissimi – eccetto parcella, ma forse offriva Bloch, esente per l’età dal ticket sanitario - da variazione sul tema, come gran parte dei medici specialisti che prima di sbottare una diagnosi compiuta ti fanno girare a vuoto per mesi tra ASL, cliniche e studi vari
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****La seconda parte (post-ipnosi) della storia è un climax discendente, abbastanza telefonato e deludente, per quel che mi riguarda.
Tanto per cominciare, piuttosto male la gestioni delle indagini in sé. Anche per mancanza di coraggio a livello di scelte editoriali, da seguire: non si era deciso di metter Bloch a nanna una volta per tutte nel giardino potabile a Wickedenzago sul Barbiglio o rinverdirlo all’opera solo nei Maxi
Non si doveva superare la sua presenza nelle indagini, tramite sostituti sfornati di proposito
Era proprio necessario riproporcelo anche qui, in surplus investigativo, per sorvegliare i casi, come co-indagatore/nume tutelare dell’incubo prima, come spalla di Rania poi, a sua volta spalla di Carpenter
Mancava il procuratore capo ed il vigile urbano curiosone ed avevamo completato la sfilza sovrappopolata d’affaccendati su questo caso. Si crea così per ingorgo un semi-pasticcio a catena cacofonica da quattro voci sovrapposte & rimbalzanti, che finiscono per intasare nel lapalissiano il giallo fino a renderlo goffamente incartato dal mosaico da ricomporre a 10 mani, quando la storia dovrebbe vertere principalmente su Dylan.
Vabbeh, in realtà l’ingorgo è creato dai precedenti delle vittime e dalla voglia di proteggere l’Old Boy, ma nessuno ha obbligato la Barbato a ficcarsi in questo vicolo cieco congestionato, senza trovare percorsi alternativi di sceneggiatura. Consultare il CIS la prossima volta
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Detto questo almeno Bloch è caratterizzato in modo alquanto convincente per come si esprime – ed allude alla combutta “salva-Dylan” con Groucho, per spirito di continuity (p.33 ) - Rania non esce dalle righe né dalla mutande, mentre Carpenter ci fa l’ennesima figura da ebete di facili conclusioni e solite scorbuticherie gratuite
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Sconfortante, messinscena compresa, o al limite della presa per i fondelli, il fatto di come Nelly si faccia trovare puntualmente nel pozzo già bella che bagnata quando Dylan va a curiosare nella buca oscura (p.69); un po’ meno il suo discorso generale sul bisogno di far ricordare ad altri quello che la propria memoria non vuole annegare sotto un pozzo (pp.78-82). Potrà anche suonare bizzarra come psico-spiegazione, ma tiene bene nel contesto nella storia, ed ha il merito di non sproloquiarsi sopra più di tanto.
Ma d’altronde neanche Freghieri ha preso molto sul serio tutta la scena, se a pag. 73 compare improvvisamente
una provvida corda dal nulla, completamente assente nelle quattro pagine precedenti. Ma forse anche qui c’entrano le suggestioni infantili, magari post-letture fumettose, visto che Dylan potrebbe fantasticare su una novella Spider-Woman che lancia funi dai polsi. Tra l’altro in sede di ristampa bisognerà anche ritoccare il Beester Beer di
M&G in
Pete Brennan sul Maxi, perché lì non pare fornito del fatidico papillon… sempre che in quel caso non fosse uscito solo per una visita informale all’orsetta del supermercato, senza agghindarsi
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Quel poco d’inquietante che avevano ispirato gli amici immaginari in precedenza viene qui azzerato dalla logica De Amicis-iana del “
facciamo squadra pur di salvare il culo” nella scalata cuorecuore del pozzo (pp.86-89). Si rifaranno parzialmente tramite le 3 pagine di follia controfinale, nell’ottica mafiosa del “
ricordati degli amici”, quando potranno malmenare nel delirio una tizia fetusa che ha sgarrato contro il picciotto loro protetto
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Missione compiuta: tutta la truppa di cari amici in dispiego è riuscita a salvare Dylan, ma alla fine l’unica che veramente gli ha fatto scampare una brutta fine nell’evolversi dei misfatti non è neanche umana, e probabilmente con la batteria scarica avrebbe voltato le spallucce (p. 90 i-ii).
Quando si dice… attenti a non lasciare il cellulare in giro, perché il giro chissà chi lo chiude
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ALOHA OGGETTI SMARRITI, DEL LORO SENSO