S P O I L E R: sì, ne seguono.
Copertina: bellina. Cavenago esordisce con sobrietà sulla serie mensile.
Disegni: forse condizionato dal fatto che non si vede più spesso come un tempo su Dylan Dog, ma mi è sembrato proprio un buon Freghieri. Continuando così potrebbe tornare a piacermi.
Storia: se non fosse per tre motivi - il Dylan tormentato dell’inizio, la presenza degli amici immaginari e ovviamente l’indicazione del nome dell’autrice – una volta finita la lettura avrei pensato quasi ad un Ruju di routine o ad un De Nardo non troppo in palla.
Buon inizio dove è ben dosato il mistero, il fantastico ed il thriller, poi man mano la storia s’ingolfa nel giallo, anzi direi pure gialletto, già visto e rivisto col solito assassino mosso da sentimenti di vendetta e tutto quanto di buono creato prima va in fondo al pozzo (come Dylan).
Qua e là ci si annoia pure, come durante le giustificazioni del colpevole e le pagine finali colpiscono meno di quanto dovrebbero, anche loro sanno di qualcosa di già ampiamente visto.
Voto: 5. Forse se si fosse trattato di qualche altro autore (tipo quelli citati sopra), magari un mezzo in più mi sarebbe anche scappato, ma con la Barbato ho maggiori aspettative.
Ora su alcuni personaggi:
Dylan: solita storia su Dylan e in cui è coinvolto personalmente. Per una
buona indagine
di Dylan Dog forse ci sarà da aspettare ancora (fine gennaio? Più oltre?). Solito Dylan barbatiano in crisi, ma non troppo pesante perché all’inizio, quando la storia riesce a tener vivo un certo interesse, ha anche un suo perché. Non ho gradito molto tutti i passaggi di specialista in specialista, però quando il protagonista fa i conti con la sua infanzia e coi suoi amici immaginari e pure come nel finale questi lo aiutano l’ho apprezzato.
Prodotti psichici del giovane Dylan: ciò che di più affascinante ci offre l’albo (insieme alle sequenze dei delitti che quanto meno tengono desta la curiosità del lettore). Ma basterebbe il solo Scintillone napoleonico per mangiarseli tutti a colazione
Bloch: decisamente buono. Indaga (qualcuno lo deve pur fare, vero Dylan? Vero Carpenter?). La Barbato si dimostra a suo agio col pensionato che rispolvera l’hobby del detective (in solitaria o in coppia, con l'amico o altri).
Groucho: si vede lo sforzo dell’autrice di dotarlo del dovuto repertorio comico. Sufficienza raggiunta.
Assassino/a: movente di una “logica” pazzesca. Ma appunto la pazzia può “spiegare” tutto. Deludente. L’unico momento emozionante di cui è protagonista è quando emerge dal pozzo sfruttando l’ingenuo Dylan.
Carpenter: troppo spazio e troppo caricaturale. Fosse meno stolido e antipatico potrebbe anche esser fonte d’umorismo (volontario o involontario).
Rania: mancano, per fortuna, i flirt con Dylan. Come spalla di Bloch se la cava discretamente.
Jenkins: un’unica, facile, jenkinata, ma buonina
P.S.
La continuity con l’albo precedente è sbrigata in due battute tra Dylan e Bloch. Come scelta non la discuto, personalmente però il Dylan che si giustifica dicendo “Sono stato vittima di alcuni attacchi di panico e ho ricominciato a bere per sopportarli...” non m’è piaciuto. L’avrei preferito più duro con sé stesso in questa occasione.