La sensazione che mi ha lasciato l'albo è più o meno questa:
Survivor ha scritto:
Non ho fiutato la salsedine, c'era il tonno in scatola con una fantastica lattina.
SPOILER
La forma può, da sola, colmare un vuoto di sostanza o addirittura farsi sostanza?
In teoria sì, ma stavolta purtroppo non ci riesce.
La forma qui sono le magnifiche tavole di Cavenago e una sceneggiatura agile e messa al loro completo servizio.
La sostanza è una storia esilissima, che per lo più si limita a rivisitare e omaggiare alcuni classici dylaniati.
Se l'intento di Recchioni era unire passato, presente e futuro di Dylan, il risultato è sbilanciato verso il passato. Al presente è dedicato giusto qualche breve passaggio; al futuro un paio di rivelazioni sicuramente importanti ai fini della continuity, ma quasi ininfluenti rispetto alla microtrama.
Alcune sequenze provengono direttamente dal numero 100, albo molto controverso e forse colpevole di aver introdotto nella serie un'improbabile e confusa ricostruzione dell'infanzia di Dylan. L'impressione è che Recchioni abbia deciso di inserire la sua Mater Morbi in quel filone non tanto per reali esigenze narrative, quanto per darle l'investitura di antagonista ufficiale.
La maggior parte delle riflessioni sul dolore e sulla malattia, così come le sequenze sul Dylan malato, sono una riproposizione di quanto già letto in
Mater Morbi. Se lì avevano un'intera storia, cupa e claustrofobica, costruita attorno a loro, qui invece risultano annacquate in un minestrone composto da ingredienti di fantasy, d'azione e di horror zombesco.
Le due sequenze con John Ghost sono le uniche ad offrire qualcosa di realmente nuovo: rispondono ad alcune domande, ne pongono altre e approfondiscono la caratterizzazione di un nemico interessante e carismatico. Peccato che siano così brevi. L'arrivo di Dylan a Moonlight è forse il momento più emozionante e significativo dell'albo.
Troppe pagine, invece, sono occupate da un improbabile e pacchianissimo duello fra Morgana e Mater Morbi, condito da frasi fatte, retorica e spacconate.
Riguardo ai disegni, in alcune recensioni si legge che Cavenago avrebbe eguagliato o superato le migliori prove dei disegnatori storici di Dylan. In realtà non ha molto senso paragonare delle tavole nate direttamente a colori, o comunque progettate fin dall'origine per i colori, con delle tavole in bianco e nero. Si potrebbe, al limite, giustificare un confronto fra
Mater Dolorosa e le poche altre storie di Dylan disegnate e colorate dallo stesso disegnatore.
Infine, sarà che sono affezionato alle tradizioni bonelliane, ma vedere nello stesso albo una dozzina di splash page mi fa lo stesso effetto dell'abuso di Caps Lock e punti esclamativi nei post.