dopo vari ripensamenti sulla lettura del suddetto (difficilino anzichenò) albo e impegni recenti nella vita reale,
alla fine mi sono deciso...che dire? che forse, inconsciamente o no, non volevo leggere la suddetta storia per
via di miei antichi trascorsi lavorativi in una società para para a quella in cui il nostro povero dylan/precario
è condannato?!? che diverse situazioni vissute dal nostro ed i suoi miserrimi colleghi, mi hanno ricordato fin
troppo bene parecchie occasioni in cui il sottoscritto ed i suoi compagni di sventura pseudo lavorativa si sono
trovati in più di un occasione, in quel piccolo girone infernale che era per l'appunto la società a cui per un bel
po di anni abbiamo regalato le nostre
sacre essenze?!?
che forse impianti lavorativi così assurdi e
meccanici come la daydream di questo albo n° 356, esistono veramente?!? purtroppo, almeno per me, in quel
periodo smagnetizzante della mia vita, si!
fortunatamente, conoscendo altre realtà lavorative, mi sono poi
reso conto che io e pochi altri siamo forse stati l'eccezione, e non la regola...
ma questi cosidetti
infernipossono essere, nella loro assurdità, una triste realtà! e non a caso cito la parola
inferni...difatti, la lettura
dell'albo mi ha riportato alla mente vetuste e (quasi) sclaviane riflessioni...tempi da equazione
dylan=specchio della società che genera i suoi mostri o i suoi stupidi primati al comando, e che ha fatto
oscillare il mio dylanometro tra albi storico/sociali come
il fortissimo pugno allo stomaco di
Vampiri e gli alienanti
Inferni burocratici di
golcondiana memoria...
ovviamente con le dovute distanze sia chiaro, per quanto bilotta svolga qui un buon lavoro.
Rimanendo in tema di ricordi dylaniati, la figura dell'imboscato anarco/insurrezionalista all'interno della ditta,
mi ha rammentato alla lontana (e sopratutto per come viene raffigurato fisiognomicamente da de tommaso),
il buon
Scout del mitico
Zed...anche lui era, dopotutto, un dissidente in possesso dell'unica
chiave per abbattere il muro sociale autoimposto, ed in fuga verso un salvifico(?!?)
altrove...
Un albo difficile, che forse, troppo coinvolto personalmente ed emotivamente, ho faticato a leggere e forse giudicare...
ma in finale reputo buono e molto al di sopra degli standard attuali...a riprova che Bilotta è, seppur non del tutto,
a fuoco con quella parte di universo social/disturbante che dylan (
spesso) era nel suo glorioso ed antico passato...
certo, abbiamo di nuovo un dylan vittima degli eventi e che subisce anche qui...
che non indaga (anche se forse, fantasticando proibitamente, lo fà
)
ma alla fine, tirando le somme e le corde del personale soggettivo gusto
o sdegno di ognuno di noi, e che magari vive questo attuale e difficile presente sulla sua pelle, forse,
e dico forse, un piccolo segno emozionale (nel bene e nel male) quest'albo può lasciarlo.
Ora come ora, anche io sono fuggito idealmente
, guardando con un altro punto di vista sia la lunga fila che ho lasciato alle
mie spalle, e sia ciò che invece ho riacquistato nella mia anima di artista, dopo che frustrato e spersonalizzato,
vivendo ogni giorno uguale al precedente, nella mera sopravvivenza di quel grigio percorso, avevo perduto...
però, non voglio condannarlo in pieno...perchè servì solo a farmi capire chi ero veramente sempre stato,
e quale scatto (riscatto) di reni dovevo fare, per riprendermi la mia vita...
creando il mio nuovo mondo e lavoro!
Di certo, come detto nella sua videorecensione dal buon RKC, non è questo albo con cui far iniziare a leggere dylan ad
un neofita avventore...sono d'accordo con lui...ma almeno una piccola prova l'ho fatta, e con una persona a me cara
che leggendolo, è rimasta colpita e al tempo stesso interdetta, dalla suddetta storia...seppure l'avesse lodata per la
fantasia e l'originalità con cui veniva affrontato un tema così pesante...
e qui mi collego, per quel che riguarda la freschezza e l'originalità del soggetto di Bilotta in questo
suo la macchina umana, aprendo la parte finale dedicata ai
puntigli da vero scassa palle rovina magia
il quale sono a volte, ed annotazioni a margine:
già dal titolo si va richiamare il romanzo
La macchia umana, di philip roth e la sua conseguente e modesta
trasposizione cinematografica...e volendo, fin qui tutto bene;
dopotutto, non c'è nessun nesso tra le due storie se non il titolo.
Dove invece Bilotta va a pescare abbondantemente per tutta l'ossatura della storia, e per delle situazioni
analoghe che accadono all'interno dell'alienante mega ufficio,
è nel film
Clockwatchers- impiegate a tempo determinato (1997) della regista esordiente Jill Sprecher.
lascio una delle tante descrizioni e recensioni che ne danno i siti cinematografici, per capirne la similitudine:
attori e attrici, interpreti d'un gruppo di impiegate precarie d'una grande azienda. Sono quelle ragazze che
aspettano fissando il quadrante dell'orologio l'ora di andarsene, che sanno fare poco e fanno nulla, che dopo
il non-lavoro vanno a bere insieme e magari dalla chiromante, che pensano ad altro (un posto fisso, sposarsi,
diventare attrice, mettersi a dieta, scrivere) e sperano nel meglio. Ritratto di "persone che vagano nell'esistenza
girando in tondo... persone ripetitive come fotocopie che in silenzio e in attesa guardano scorrere la vita", il film
è pure l'analisi d'una azienda: con le sue regole mutevoli e stupide, le persecuzioni disciplinari, i licenziamenti
vendicativi, l'ordine improduttivo, le ridicolaggini. Intelligente e patetico, Clockwatchers ha offerto al festival
un'immagine dell'infelicità lavorativa contemporanea...Clockwatchers" ha il pregio di saper illustrare, usando le
forme leggere della commedia tragica, due aspetti grotteschi del nuovo mondo del lavoro, sintetizzandoli in maniera
efficace per il grosso pubblico: uno è quello del vuoto di idee e addirittura di funzionalità di molte corporations sorte
negli Anni Novanta e l'altro quello della condizione degli impiegati "interinali", oggi tristemente di gran moda.
ecco, basterebbe questo piccola recensione del film per capire di cosa parla il film (e per chi volesse approfondire
lascio link wikipedia
https://en.wikipedia.org/wiki/Clockwatchers) e di cosa parla bilotta nel suo
la macchina umana...addirittura le congruenze appaiono anche nei personaggi e uno in particolare...
la ragazza spia ed arrivista (
arrivista di che poi? visto che come nel fumetto,
anche nella realtà spesso e volentieri ho visto gente spiare
e malignare inutilmente e rovinando la vita ad altri poveri disgraziati come loro, solo per
un fantomatico scatto in avanti nella triste catena produttiva che poi non arrivava,
e non arriverà mai, negli ambienti come quello conosciuto dal sottoscritto...)
con gli occhiali che fa licenziare un povero impiegato è presa, sia per carattere, che per
fisionomia da un meschino personaggio femminile del film:
allora, non saprei giudicare se questo aspetto sia un pregio o un difetto nella sceneggiatura di bilotta, ma
nel complesso ci può stare (forse);
dopotutto il cinema è sempre stato una piccola molla di partenza per molti albi di dylan, quindi...
capitolo Groucho
:
che dire? un groucho da incubo
in tutti i sensi! nelle sue folli elucubrazioni (pensate e non) politico/sociali
in stile Carl groucho Marx!
...molto più in parte qui, che all'assenza di dylan, recluso un giorno in più nel
dannato ufficio, è pronto a svendere tutte le sue cose (galeone ritornante compreso) interpellando anche l'obitorio,
di quanto invece non lo fosse in "
Il Cuore degli uomini" , in cui si preoccupava della scomparsa(
brevissima!)
di dylan, peggio di un amante sconsolato!
Insomma, un groucho talmente surreale e agghiacciante(quello che preferisco in assoluto), da confondersi
totalmente con gli altri numerosi mostri che popolano l'abitazione di craven road 7...lui, che da sempre dovrebbe
essere il primo incubo vivente ed alieno con cui dylan ha a che fare da quel lontano 1986! si, certo...alcune battute
dell'albo sono un po stantie...ma i suoi interventi servono anche a dare la misura di questo
what if?!? infernale
in cui dylan è precipitato.
Inutile dire che la risultante horrorifica della presenza e smorfia facciale di groucho,
è data anche dai perfetti e alienati disegni di De Tommaso, un autentico maestro dal glaciale pennino,
che sa ben calibrare luci e chiaroscuri nel restituire le ambientazioni angoscianti e sature di neon
e radiazioni da schermo del pc;
in lui (ma già conoscevo e ammiravo il suo talento da tempo) ho visto il miglior Alex maalev, artista in
forza alla marvel e autore del bellissimo ciclo noir di daredevil scritto da Michael brian bendis.
tirando le somme di questo mio inutile sermone
ho optato come accennato in precedenza per il buono...
non arrivo all'ottimo, non solo perchè la storia non è ancora quel capolavoro che ancora mi aspetto dal nuovo corso,
ma anche e sopratutto, per il mio troppo, e quindi poco obiettivo (forse), coinvolgimento sul lato
personale che potrebbe aver un po troppo traviato, anche nel bene, il mio giudizio su questo numero;
di una cosa però sono certo...questa è di certo la strada che bisogna mantenere per il futuro di dylan.
a presto...e namaste!