Cravenroad7

Posso capire e anche condividere – almeno in parte – il succo del discorso, ovvero che il personaggio andrebbe sorvegliato meglio, ma allora a preoccuparti non dovrebbe tanto il gradimento riscosso dalla storia (che per me è effettivamente molto valida e sovrasta quasi tutte quelle lette fin qui nelle diverse fasi della gestione Recchioni), quanto piuttosto la cura editoriale. Intendo dire che la scarsa riconoscibilità di Dylan è una costante degli ultimi anni, non una caratteristica che emerge solo in quest'albo.

A parte chi sovrasta o non sovrasta, ne tanto meno è una questione politica , non c'è niente di politico in questa sequela di luoghi comuni… promuoverla significa aver perso la percezione del personaggio e non amarlo , o meglio amare questo personaggio qui! e aspettarselo riproposto in questi termini. Comunque direi che la finiamo qui.

Non preoccupatevi che Johnny Freak è saldo in testa

Se si vogliono imbarcare opinioni in merito:

viewtopic.php?f=23&t=7988

Comunque, partizanesimi a parte, per quello che merita spero che quest'albo vada oltre le 20 pagine di topic... che è riuscito a raggiungere persino un miserabile esemplare come Miseria e Crudeltà .
O anche questo sarà un sopruso dall'alto?

DO NOT UNDERSTIMATE AN ALOHA

Non mi riferivo ai giudizi del forum, ma alle lodi che gli sono state tributate in giro per la rete, dove spesso i giudizi sono molto più entusiastici che qui dentro.
Non so se qualcuno di voi ha visto (su Facebook) svariate persone che postavano la tavola chiedendosi se anche in altri albi ci fosse quell'errore di stampa
Parlo di FB perché li gli autori sono presenti in massa, e spesso si pavoneggiano dei complimenti che ricevono da lettori che a me danno l'impressione di non sapere nemmeno cosa cazzo stanno leggendo.

Non posso darti torto. D'altronde metti assieme un fumetto popolare che vende più di centomila copie al mese, una storia che esce per un attimo al di fuori di ciò a cui i lettori sono abituati e il social network più utilizzato, i risultati sono questi. Su facebook l'esagerazione è la norma.

P.s. non sono sicuro, ma mi sembra che Bilotta non sia su facebook.

Molto incerto sul voto.

I temi trattati sono sicuramente già stati ripresi più volte in questi tent'anni, ma credo che qui Bilotta sia andato molto più a fondo all'argomento alienazione di quanto si sia fatto finora su Dylan (così a memoria).
Sono anche convinto che se questo albo fosse uscito prima del numero cento sarebbe stato considerato uno dei capisaldi della serie. La denuncia sociale è in pieno stile Dylan, quello che dice e quello che fa è Dylan al 100%.
Il suo 'difetto' è quello di essere uscito nel 2016, e a una lettura poco approfondita rischia di essere bollato come 'già visto', ma secondo me è riduttivo.

Il soggetto è interessante, anche perchè

e la sceneggiatura è senza sbavature, incalzante.
Disegni molto belli, apprezzo il tratto 'squadrato' di De Tommaso, lo trovo abbastanza adatto a questa storia.

ANCHE ALOHA E' INTERESSANTE?

Perché considerare carenza di sceneggiatura quella che è evidentemente una cosa voluta? Come il finale tronco di Caccia alle streghe, o la costante implausibilità onirica del Lungo addio (li paragono da un punto di vista "tecnico", non di valore).

Mi tocca concordare in parte con Dear. La motivazione della presenza di Dylan in quell'azienda non mi convince. Nulla di male ma sarebbe bastato, forse, non mostrare nessuna foto di Dylan con i suoi colleghi lasciando così passare l'idea che lui fosse stato assunto da poco. Oppure lasciare tutto come un sogno. Anche se avrei preferito la prima come escamotage narrativo. Probabilmente Bilotta aveva qualcosa in mente, che io non riesco a capire, poichè lo considero una "disattenzione" talmente evidente per un autore del suo calibro.

Sono d'accordo con te Brennivin. Chi giudica questo albo banale secondo me esagera. Non si tratta indubbiamente di un concentrato di tesi nuove o originali (ma d'altronde ben pochi oggi riuscirebbero a farlo) ma mette diverse idee l'uno contro l'altra e stimola dei ragionamenti. Diversamente da uno come Sclavi che invece era molto più idealista, Bilotta è molto più aderente alla realtà. Non è semplicemente dalla parte dei lavoratori (come sarebbe stato più facile) in quanto vittime(come sarebbe stato più facile e forse più retorico) ma le mette sullo stesso piano dei grandi capi per il loro lassismo. Nello stesso tempo fa ragionare sul fatto che forse la società in cui viviamo non è certamente la migliore possibile ma è sicuramente migliore di una società fondata solo sull'istinto animale (senza quindi alcuna organizzazione sociale). Fa ragionare sul bisogno dell'individuo di comprare, comprare solo per essere considerato importante nella società e su quanto il consumatore per consumare di più deve lavorare di più senza godersi per questo al meglio i beni che compra. PEr un fumetto di 98 pagine (per con tutte le sue criticità) direi che non c'è male !

@Don
(poi leggerò quello che ha scritto Alemans)

E' una carenza nell'impostazione, non nella quantità delle info da rilasciare

Caccia alla streghe prende la via della metafore senza tempo ed estranea le coordinate narrative con la scelta del finale "aperto-simbolico" (come lo era il prologo), in quanto al di là della trama vera e propria e degli eventi concreti che hanno avuto luogo a Londra.
Qui invece per tutta la storia si creano le premesse per un incubo - non essendoci basi serie per credere a ciò che dice Dylan della sua nuova vita o di questa vita gli altri ..."15 anni" - ma poi non sapendo come uscirsene si fa credere che tutto sia stato vissuto realmente dai personaggi, non disponendo di un impianto simbolico su cui far ruotare tutte le vicende legate agli esposti.

Ratigher, con tutte le riserve, era riuscito a decidere nella seconda parte dell'albo da che parte stare.
Bilotta rattoppa e sbava malamente questo non-dovuto equilibrio, che dà di brodo di pollo... né carne né pesce .

ALOHA IL DADO E' TRATTO...IN PENTOLA

Non sono tanto convinto. A me l'impostazione scelta da Bilotta pare chiarissima: è un incubo. Non un incubo vero e proprio, come quello che si chiude a pagina 59, un incubo 'alla Dylan Dog'. Il protagonista è risucchiato dall'alienazione in questa specie di allegoria ad alta densità. Non c'è un solo momento davvero realistico in tutto l'albo, dalle scimmie che si prendono a caccate in faccia al creativo debosciato che pare preso da una distopia tipo Fahrenheit 451; è tutto al servizio della tesi dell'autore: il lavoro ci rende schiavi, Dylan Dog nel suo essere un outsider è paradossalmente un privilegiato.

Dylan Dog DEVE essere imbelle e passivo in quest'albo, perché la tesi di Bilotta lo richiede. Anzi, io il cliente manco lo avrei inserito: avrei lasciato tutto all'interpretazione del lettore. Dopotutto s'era detto di osare...

Si mi riferivo a lui, ma con mistero intendevo che non ci è stato presentato e non si sa quando/come tutto sia iniziato.

Devo dire poi che anch'io pensavo


Sicuramente la sceneggiatura ha qualche pecca, ma la trovo comunque ben fatta come ritmo, invoglia a girare la pagina e questo è un ottimo punto a favore.

Per tutti questi motivi sono ancora incerto sul voto

Infine, alemans123, hai pienamente ragione sull'analisi delle pagine incentrate sul consumismo sfrenato: mentre leggevo mi veniva in mente, pur non essendo un fan dei CCCP, "produci consuma crepa", frase che deve aver sicuramente influenzato Bilotta almeno per quest'albo

Forse pensiamo la stessa cosa, ma da punti d'osservazione differenti.
Non sono convinto che Bilotta ricalchi tutto sulla falsariga dell'incubo surreale, cosa che secondo me doveva accentuare, invece. Discorsi e pistolotti prendono spunto da impatti pseudo-realistici con la realtà lavorativa. E poi ci appioppa pure il discorso di Griffiths, che rilascia coordinate imperniate su un asse spazio-temporale realistico rispetto a quello che succede attorno a Dylan [ti ho assunto tempo fa il giorno X per mandarti nel luogo Y a verificare cosa sia Z]. Questo crea una frattura rispetto all'incubo vero e proprio da autosuggestione lancinante/alienante, sino a sminuirlo nell'episodico .

Come se Dylan non si trovasse calato nell'incubo già da pagina 8, in medias res e senza darci spiegazioni... cosa che avrei preferito in una storia-parabola ad alto tasso simbolico per dimostrare le sue tesi....ma che bisognasse ricucire tutto attorno ad una pseudo-indagine starter. Che crolla miseramente però, nella logica del presupposto stesso, quando Bilotta comincia a sparare dati, date, foto alla Jack Torrance, etc. Vabbene credere che lui si convinca di lavorare lì da 15 anni e che i capi rappresentino la scimpanscienza dirigenziale, ma pensare che tutti attorno a lui condividano queste cose è fuorviante.
Come Groucho che accetta passivamente tutta questa nuova vita soltanto perché adesso Dylan ha uno stipendio fisso per potersi permettere elettrodomestici all'ultimo grido

ALOHA TRONYLAN

Diciamo che su questo aspetto in particolare c'è stata una gestione degli spazi narrativi non impeccabile. La parte del cliente poteva essere molto inquietante... immagina di essere avvicinato nel pieno della notte da un tipo che afferma che sei un investigatore privato, che lui ti ha assunto per indagare, e che hai perso la coscienza di te stesso!

Groucho... ormai Groucho è fuori dalla realtà. Si procede su questa strada, che pare piacere molto.