Tornando alla discussione sui temi dell’albo, non avrei molta voglia di rivangare il tarlo delle questioni politiche perché ci hanno già pensato Nikolaj, Dear, e V.M. ad esprimere – con le dovute distanze
– il mio pensiero accumunante…e poi ritengo sia meglio espandere considerazioni più generali su questo tipo di topic…
viewtopic.php?f=2&t=9350&start=105…ma c’erano un pajo di cosette che mi ronzavano in questo pomeriggio libero, a margine.
Una in risposta all’altra.
Myskin ha scritto:
Prendiamo un altro famoso lavoro "politico": […] secondo me L'invasione degli Ultracorpi non è datato, ed è invecchiato bene. Perché sì, c'è il "messaggio politico", ma è così ben amalgamato con tematiche universali (la paura del conformismo, per esempio) che non diventerà mai obsoleto. Gli albi storici di Dylan Dog, invece, sì. Ma ripeto, non tanto per l'elemento ideologico in sé (non credo esistano lavori artistici del tutto apolitici, e anche se ci fossero non credo sarebbero così interessanti) quanto per il modo in cui quell'elemento è espresso: didattico, spesso populista, urlato e soprattutto inestricabilmente legato sia al periodo storico in cui gli albi di Dylan erano pubblicati, sia alla personale formazione di Sclavi.
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Nikolaj Stavrogin ha scritto:
Quando parlo di origini e futuro/passato, mi riferisco proprio al fatto che il primo Dylan Dog era tutt'altro che politically correct.
Anni fa, la sensazione era quella di avere fra mani l'incarnazione del male.
Si pensi a Gli Uccisori, e alla sua spirale di violenza che alimenta se stessa non risparmiando nessuno. O a Il male, e alla sua conclusione ciclica e fatalista.
Il problema è che gran parte di quella caustica irriverenza oggi è diventata la norma, anche ad alti livelli. Si pensi al progresso della ricerca scientifica sullo sfruttamento degli animali [Goblin] o allo sdoganamento ormai pressoché totale del fumetto, e del fumetto "violento" [Caccia alle streghe].
In realtà l'ordine di esecuzione è invertito, ma la risposta di Nikolaj serve per ricacciare le precedenti argomentazioni
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Non credo che i primi albi soffrano di questa supposta obsolescenza nei contenuti, profumando ancora di attualità e vigo(orro)re se maneggiati con cura e con le dovute pinze della riconsiderazione a-storica. Erano in parte figli del loro tempo e della formazione dei loro autori, ovvio, ma non tutti soffrono di quelle velleità usa&getta tipiche di ogni prodotto strettamente legato al contesto da cui deriva, osservabile da altre distanze solo come un ingenuo feticcio nostalgico, evaporato nei contenuti, e smentito dalle nuove formule.
Il problema è che l
'anticonformismo di allora è perbenismo attuale. E' talmente sdoganato in tutte le sue tesi e corallari, da essere divenuto verbo comune che non suscita più emozioni, né ostili né entusiaste...cosa di cui un fumetto basato sugli incubi dovrebbe nutrirsi, invece che svoltare, come in questo albo, sulla discettazione pura imboccata da vademecum citazionisti o indottrinamenti ideologici già scontati in partenza, che non hanno bisogno di un supporto a vignette per vedersi illustrati
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Il primo Dylan sapeva far fronte a questo rischio andando "contro", schierandosi dalla parte dei perdenti/peggiori non perché fosse di moda, ma perché sentiva il bisogno di opporsi per non rinnegare la propria natura di outsider tormentato.
Purtroppo però, a distanza di oltre vent'anni, nel mondo circostante quella "natura" si è così talmente consolidata da non diventare più eccezione, ma effetto scontato di sedimentazione già mandato giù a menadito dal lungo tempo. E se riproponi quei solfeggi in chiave politicizzata
a degli ultra-trentenni - perché inutile nascondersi, la fascia under 20 di lettori dylaniati è davvero risicata - è normale che molti (quelli immuni all'inzuccheramento vintage) di questi considerino tale operazione un inutile rimestare di stampo para-ideologico nonché dis-cronistico, di un orrore che non è più tale, talmente popolarizzato dai salotti di Del Debbio e Floris.
Ed il vero orrore rimarrebbe nel capire come mai nessuno li sopprima
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OTNikolaj Stavrogin ha scritto:
Vi viene in mente il nome di un grande cantautore di destra, tranne - forse - Battisti? E Battisti, forse proprio per questo, è stato uno dei pochi che ha potuto permettersi di cantare di qualunque cosa, fossero anche semplici emozioni, senza lasciarsi contagiare prima o dopo dal morbo della politicizzazione coatta
Infatti. Battisti ci giocava parecchio su questo fatto, alimentando rumors e leggende pregiudiziali, e irrideva quelli che gli chiedevano del suo orientamento politico dicendo semplicemente che lui si occupava soltanto di canzoni...dichiarazione che alla fine degli '60s equivaleva a dissociarsi dall' "impegno cantautoriale" di sinistra e quindi esser un nostalgico del Ventennio.
Parlare d'amore senza metterci di mezzo un tafferuglio operajo o impaninarsi alla festa dell'Unità significava schierarsi con i raddrizzatori della razza
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ALOHA NERO ALOHA NERO ALOHA NE'
TU ERI CHIARO E TRASPARENTE COME ME