Secondo me la verità(s) sta nel mezzo...
Nel senso che molti autori o una volta bonellizzati, o per retaggio secolare implicitamente abitudinario, si accomodano a quello che è lo stile "ufficiale" della tavola 2x3 o SBE, con poche varianti sul tema.
Una vola assunti assumono implicitamente la cifra/marchio stilistico che contraddistingue il prodotto dell'editrice, senza imposizioni coatte di sorta o palistica assortita nel recintarsi da contaminazioni esternanti.
Adesso alcune cose stanno cambiando, e ai novelli che si affacciano in SBE non viene inculcato più di tanto questo elemento di distinzione, ma viene "suggerita" una maggiore libertà di visione, senza allargarsi troppo per paura di innovarsi confondendo il lettore.
Quindi Recchioni arruola un suo beniamoide come Ratigher dicendo che sono ben-venute - fuori coitus? - le sue variazioni personalizzate sul tema, anche per svernare i cliché d'impostazione, ma senza che queste prendano il sopravvento perché alla fine sempre di SBE si tratta, e che non si può fare vignettistica caotico-acrobatica. Si può apprezzare come no, per quanto non veda poi tanti autori cimentarsi in questa decostruzione della tavola, almeno su DD
.
Da questo punto di vista, per me qui Ratigher fa un buon lavoro in alcune tavole, ma si notano TROPPO gli
scompensi di scrittura nella sceneggiatura, che chiaramente proviene da un autore non avvezzo a sviluppare dalla cabina di regia una storia entro le tempistiche/ritmi narrativi delle 94pp. Non perché non scorra bene, anzi... si lascia leggere in un'oretta... ma perché molti passaggi funzionano singhiozzosamente per scatti talvolta goffi e palinfranscanti.
Da vignettista, appunto.
IN ALOHA VERITAS