Anch'io, come Karen, avevo preferito dimenticare.
Ed ero riuscito a proseguire nella rilettura senza grossi traumi, godendomi i disegni di Freghieri in una delle sue prove più mature (molto belle e leggermente inquietanti le sue rocce antropomorfe), ritrovando più di un'eco di "La Regina delle Tenebre" nella figura di Sarah, adolescente inquieta, sognatrice, attratta dall'oscurità, e in generale apprezzando il lavoro di scavo psicologico dei personaggi (e, ora che ho letto il romanzo, la citazione da "La nube purpurea" di Shiel, una delle opere letterarie più visionarie, allucinate e allucinanti del Novecento).
Certo, le cadute di tono non mancavano: dall'agnello con il fiuto da cane-poliziotto
alla presentazione grottesca di Bernie, che ovviamente in quanto macellaio è un sadomasochista che gode a infliggere dolore a creature indifese, e che si rivela un mezzo necrofilo destinato a essere condannato anche nell'aldilà -sadomasochista, necrofilo, e pure tonto, perché non si capisce cosa lo spinga a confessarsi a Ingrid.
E la colpevolezza di Karen sarebbe stata una soluzione forse non originalissima, ma almeno onesta e comprensibile.
E poi sono arrivato a pagina 93, e con incredulità e orrore ho ricordato tutto -soprattutto il motivo per cui avevo preferito dimenticare. Viene da chiedersi se esista una qualche maledizione, se non sia Freghieri per qualche ragione a tirare fuori il peggio in Chiaverotti... fortunatamente nei paraggi non c'è Sherlock (Holmes, non Bloch -ugualmente assente), perché dopo quelli di "Delirium" e "Frankenstein!" questo finale (ancor più terribile e sconclusionato) sarebbe il famoso terzo indizio.