rimatt ha scritto:
[...]è giusto rispondere da un punto di vista puramente narrativo.
Una svolta narrativa così forte – una decisa scivolata del protagonista nell'isteria prima, e nella paranoia e nell'ossessione poi – necessitava di una giustificazione narrativa altrettanto forte; giustificazione che, sempre a mio modo di vedere, qui non c'è.
In altre parole: quel che nella realtà funziona bene, non sempre funziona bene anche sulla carta. Questa storia ne è la prova.
Condivido la
condivisibile opinione
.
Non abbiamo qui bisogno di cartelle cliniche o percorsi sanitari individuali da ricostruire per probabile induzione.
Abbiamo bisogno di una storia, di un percorso narrativo prima che cripto-psicologico, delle sue premesse e delle sue conseguenze strettamente collegate alla sceneggiatura...non di una fetta di umanità che potrebbe reagire "anche così" di fronte a quello che non sappiamo, a livello di retroscena.
E poi questo è un fumetto (in teoria
) horror: Paola aveva tutte le possibilità di tratteggiare deliri ed incubi fino al nonsense come starter di questa storia, piuttosto che una psico-bozza claudicante alla nascita emersa da fatterelli di contorno, nell'impianto dello storyboard.
Le prime pagine sono gestite in modo tanto enfatico quanto scalcinato, nei suoi pretestuosi costrutti
.
Il trittico
malessere-sfratto-sospetti persecutori è stato rifrullato in modo poco consono nel giro di una dozzina di pagine, creando più sensazionalismo posticcio che uno sviluppo narrativo, comprese le reazioni paranoico-isteriche che ne dovrebbero scaturire per innescare il resto dell'albo.
Il primo, il malessere - e per piacere smettiamola di abusare del termine "depressione" che neanche la Barbato ha usato nelle 94pp o nelle presentazioni dell'albo - in quelle pagine d'apertura viene rinfacciato in modio irritante sotto chiara PMS senza un qualcosa di solido agli occhi del lettore. Più che vissuto, vagheggiato. Come vagheggiati sono gli spunti INSISTITI verso Carpenter e JG, buttati lì solo per auto-promozione, alludendo ad una oscura continuity tuttadaprogettare, quantomai scalcagnata negli intermezzi.
E di fatti, senza dover proferire il nome di quei due alla calcagna, il Dylan di Gualdoni se la cava in modo molto diverso davanti ad un avviso di sfratto, con Bloch a sostegno nel Maxi. E per me risulta molto più credibile, non tanto per il maggior sangue freddo...quanto per la necessità di non dover dipendere da fattori allusi per creare un setting narrativo accidentale che in realtà è meno che definibile, per ora.
Dylan laggiù fa IL Dylan. Non il succube di chi vorrebbe cambiarlo, che è l'apologo di quest'albo
.
ALOHA NON SONO IO...
... SONO LORO CHE MI DIS(D)EGNANO COSI'