Col fumo negli occhi dovrei ribattezzarlo questo albo
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Perché, personale fuliggine da cisposi a parte, in un certo senso mi aveva illuso nei prolegomèni della battaglia, quella per tenermi avvinto alla pagina e convinto da quanto trovatoci. Invece,
da pagina 61 in poi, il
bathos dei nodi mal pettinati, pattinando verso la trincea di una conclusione deludente ed affrettata, mi ha fatto ricollocare a mezz’asta la bandiera della resa, sgonfia dei postumi di una scaramuccia abbastanza affettata e mal gestita
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Perlomeno in ottica
DD perché, come già detto, con qualche ritocco questa storia
poteva ben figurare su altre testate.
Non è una brutta storia in sé, ma mescola troppi elementi senza quagliarne uno con credibilità – o uno che sia horror - e tutti pajono strumentali a specchiarla sulla falsariga sensazionalistica del “quanto-sono-toccantementebella-ed-epica”, insalatando un pietanza elaborata solo negli ingredienti/additivi ma non nella resa, giù per il palato o ancora più giù.
Ho votato
5 ½ per onestà di stima nei confronti di altre storie recenti che ho criticato, mantenendole però entro una meritata sufficienza. Parlo della Barbato (+Brindisi
) di
Mai più, o dello stesso Simeoni in
Anarchia, dove nonostante tutte le pecche della catechesi pro-antagonista, si crea comunque una storia di passaggi semplici e sbocchi azzeccati.
Se voleva puntare a commuovermi direi che non c’è riuscita, non tanto per carenze cardiache, quanto perché la situazione è stata vista migliaja di volte in salse più sapide o accoramenti più ficcanti. Restando in tempi recenti, parlando di rapporti genitori <-> figli, se ripenso al lutto del
Calvario o all’amore sviscerato di padre Norman del
numero scorso, allora il livello della mia empatia sale. E’ una questione soggettiva, ovvio, come tutti i personali tasti da ac
cordare per la propria
session emotiva
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Seguono considerazioni, a cuor leggero, quasi volatile… come il fumo, ma per la pace
SPOILER ◌◌◌◌◌ SPOILER ◌◌◌◌◌
◌◌◌◌◌ SPOILER ◌◌◌◌◌ SPOLERIl prologo è senza dubbio il pezzo migliore
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Crea suspense, frange i tempi – il passato dell’incidente, quello del lutto, il presente non detto – e si schiaccia a mani aperte contro un display da chiudere con orrore, come la pagina di un (faccia)libro che ti ir-rompe anche dall’aldilà, o come le mani stesse di tuo figlio che ci stanno per andare, volando poco angelicamente verso il basso (p.10 ii-iii).
Non è altrettanto gestito bene, pur essendo in grado di “catturare”, il racconto di Susy a Dylan, che spesso gira a vuoto pause d’intermezzo o interludi da debriefing . A pagina 26 sono ancora inchiodati in chiacchierare e per sloggiarla da Craven Road 7 ci vuole una scelta decisa di Dylan (pag 51) prima che gli mandi in tilt tutto il corredo elettrodomestico
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Groucho funziona molto bene, non solo come elettronico-domestico, ma anche come fresco innescatore di scambi e motivi sulla trama. Il problema è che per quasi la totalità delle sue interazioni col capo,
sembra che Dylan sia la spalla di Groucho, e non viceversa, con un acidulo NewBoy inutilmente impegnato in dozzine di imbeccate adolescenziali o compagnonismi da naja.
Suona anche abbastanza pretestuoso a livello di
timelapse l’escamotage di far uscire di scena Groucho in valigia a pagina 14, e farci credere già a pagina 19 che sia quasi arrivato a destinazione – in piena campagna, su un treno alta velocità
– mentre Dylan e la tipa stanno ancora discutendo in poltrona… e tutto questo solo per creare un’interlocutoria pausa d’attesa (p.22) o la scenetta del suo ritorno (p.23). Forse si tratta di licenze non-poetiche, ma alla fine non mi sembra che il fine intero giustifichi tanti (inter)mezzi.
Discorso un po’ diverso, in quanto bonariamente veniale, per la discontinuità linguistica, dove il bimbo colleziona ritagli di
magazines in inglese ma comunica in italiano sul computer… ma forse a Roseville i logopedisti non avevano scoperto questo suo talento per gli idiomi stranieri. Ed anche sua madre deve aver avuto trascorsi italici, se digita su un notebook con tastiera nostrana (p. 6.vi) mentre quella albionica dovrebbe essere così:
Malaccio il fatto che Dylan debba rifugiarsi in cucina per
rimuginare l’ovvio di quello che già sappiamo lui pensa, per la gloria di una frase straspinta & strafatta (p. 14: “
Di dolore ne ho visto tanto, ma quello che filtra dagli occhi di Susy è uno sguardo quasi insostenibile // Perdere un figlio… basta questo a trasformarti in un non-morto.) [
tra l’altro contradetta da Susy stessa a pagina 8]
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Senza entrare nel merito, la questione sull’Asperger, prima spacciata come borderline, poi come semi-autistica, infine come imprinting edipico mi sembra un po’ arruffata per creare inutile sensazionalismo pseudo-scientifico, quando bastavano le sole questioni di cuore per renderci vicini anche alla più clinica delle disfunzioni, con o senza un’etichetta di comodo/auge
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La dimensione “dall’altra parte” parte con un certo appeal (v. giostrine dell’incubo, e candela nel bujo, pp. 20-21) ma poi si perde quando l’intimità si confronta con la grancassa delle scenografie fantasy-epiche, o si tenta qualche rimando di (affaticato) respiro misticheggiante. Ed il “Confine” (p.42) doveva essere un non-luogo esplorato in modo più suggestivo, rispetto ad una semplice ammucchiata di cadaveri pennuti&zannuti, se proprio di chiavi mistiche bisognava intascarsi
E se insistitamene si parla di un bimbo che parla attraverso metafore (pp. 50.v e 55.iii), mi sembra quantomeno strano
che non ne venga snocciolata per bocca sua neanche una, o che si debba aspettare l’angelico barbone panzuto illuminato d'immenso per inculcarci quella del titolo prima a parole (p.63) a poi figurativamente con tanto di
smoking gun (p.88)
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Non so voi, ma messa in questi termini, mi sembra (sgraziatamente) quasi che sia nata prima l’idea del titolo e dopo l’escamotage per ficcarlo nelle vignette, in un qualsiasi modo, coatto o meno.
Abbastanza stropicciata fino al semi-pasticcio anche la questione sul fatto che Joy voglia tornare, del cancello da varcare, della mamma che non sa se attirarlo o scoraggiarlo, dei demoni che lo inseguono per impedirlo, ma in realtà vogliono traghettarsi pure loro quaggiù, quando in realtà uno - lo pseudoHarp – risiede già tranquillamente qui da mesi, a spese della sanità di Sua Maestà la tentacoluta, etc…etc…
Tanta blablabla di enfasi sparsa per creare suggestioni lanciate nel vuoto o disperse ancor prima di prendere la rincorsa, mentre – giusto per non farsi mancar nulla, eh
– la Trelko la butta sull’alchimia da nonnette devote (p.57), mischiando le carte di un mazzo già truccato, per farsi bello, dalla partenza
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Susy non è male come personaggio, per quanto viva un’esperienza stereotipata nelle forme e non vengano esplorate le sue ambiguità/oscillazioni più interessanti, come il ricredersi sullo scetticismo e sul bisogno di contatto col figlio. Sopra le righe, per efficacia, soltanto l’imposizione (scura in volto) di preparare il letto pro-trombata per Dylan, ed il conseguente staccare la corrente prima del ritorno del Nostro (pp. 53.vi e 60.v)
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Tranquillamente
perdibile nella sua mediocrità tutto quello che succede da pagina 61 in poi, su cui non mi dilungo anche perché l'amico
Cyber (
) ha già detto quasi tutto in materia. Se si imparasse qualcosa de storie silenziose e stringentissime come
La Bambina si potrebbe chiudere la trama in punti come questo, senza straparlarci/risolversi sopra. Invece si prosegue, con i seguenti risultati
Insopportabile quanto basta il solito (divin)disgraziato in vena di perle di saggezza clochardica (p.63), e la lezione paracarra dello pseudoHarp che tenta d’intortare Dylan con la questione – eccone nantra…
- edipica dell’amore ossessivo e delle letali conseguenze per chi se ne sente tradito (pp. 69-70).
Ancora peggio, il non dovuto intermezzo buonistoide di Dylan coi pargoli “diversamente picchiatelli” (pp. 80-83), per intrufolarlo presso Roseville Mansion con qualche spifferata aggiuntiva. Alla fine preferisco cose come i quattro allegri regazzetti quasimorti di
La Festa dei Mostri, piuttosto che questi contributi da compitinismo per accattivarsi nonsicapiscequale pubblico (
).
Spetterebbe a Dylan salvarli, se non fosse che con le finestre a sbarre non sembra cavarsela molto bene, e per cavarlo dagli impicci, spetta ad un angelo panzuto con tanto di pistola fornire l’ajuto risolutorio, in mancanza di Grouchi per il lancio. E quindi dopo tutte le elevate blasonature mistico-epico-clinico-filosofiche scopriamo che il
demone è soltanto un tamarreggiante ba(u)baupocomicio per cattivi bambini deviati, e che per sconfiggerlo basta berci su una fiammeggiante tanica di benzina, con lo stesso trucco patito da
Thom Yorke in questo video.
Ma qui la
KarmaPolice non interviene e rinvia lo scontro ultraterreno tra forze ancestrali su altri piani, con l’angelo ed il demone che continuano a darsele di santa ragione sul campo di battaglia nei loro veri panni(sporchi, di fumo), “
in eterno sospesi” (p.93.iii) prima che qualcuno passi a dargli una mazzata di ferro, da stiro.
Simpatica l’idea di far passare una Bodeo sotto un porta, ma più che sospendere l'incredulità, dobbiamo sospendere fino al ritorno accompagnato dai genitori l’architetto della villa (non per nulla in ristrutturazione), se ambiva originariamente a porte simili:
Non entro sulla questione cosmologica tutta dylaniata se debba esserci, come monopolio pantheonico, un Inferno tutto alla
Ambrosini, un angelo tutto alla
Barbato, un Dio tutta alla
Xanador, etc.
Dico solo, a favore della varietà e dell’incoerenza, cha alcuni passaggi di questo angelo ipermanicheo mi sono piaciuti, non per altro per come allude al suo Superiore. Come vorrei credere – ma non è così
– che l’invito a ricongiungersi con la luce (p.95-96) è suggerito da un’entità celeste fattasi materna, e non da una madre terrena che ha bisogno di azzerare le sue esperienze (p.97)
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E voglio vedere adesso chi le chiederà una confezione promo di (S)Ciok&Milk per merenda…
*****Discorso disegni: Simeoni è un buon autore ma (come per i testi) fino ad ora non mi sembra molto in sintonia con la dimensione dylaniata
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Ho l’impressione che scelga sempre la soluzione più semplice, come inquadratura/prospettiva della vignetta, e non ricrei quell’atmosfera di incubo che certe tavole necessitano come il pane, pathos ed ombre comprese. Esempio? La pia sequenza del poltergeist amorevole (p.30-31), senz’infamia e senza lode (grafica) come per una scenetta di
Julia in vena di eventi medianici .
Ha dei problemi nel definire la mascella di Dylan, sempre più pongo-dinamica, come la sua capigliatura, a prova di ciuffo. Dovrebbe trovare un taglio complessivo più horror, e meno da cronachista di circostanza semi-caricaturale, come per i pupazzetti schiacciati che prendono il posto di Susy e del NewBoy a pagina 22.
Molto belle le sequenze del campo battaglia (p.40), il bujo del parco, ed in generale la tensione eroica dell’angelo in vena di squartarsi per sacrificio, o di rimetterci un duodeno stringendo i denti
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Carucci i bimbi neurofreak – specialmente la bimba snodata alla Bacilieri (p.80) – lo stesso non posso dire dello pseudoHarp in costume da banale demoncello, un incrocio tra Luciano Onder a dieta e costui:
Su copertina+titolo già detto abbastanza. Credo che la porterò alla scientifica per ricostruire le impronte nel caso la gggente stufa dei miei sproloqui digitali mi abbia asportato le dita. Come premio una frittura mista ricavata dall’unto ancora fresco delle ditate.
*****Adesso vi lascio perché mia madre ha detto che non devo farmi sentire neanche telepaticamente per scroccare il pranzone di Pasqua, e sto provando a mandarle delle scosse tramite facebook per intenerirla sul mio caso.
ALOHA NATALE CON I TUOI, PASQUA CON CHI VUOI…
...MA A PASQUETTA TE NE VAI