Quello che chiedo a Julia, le poche volte che lo compro, è un intrattenimento giallo, da leggersi tutto di filato la sera prima di andare a dormire (come ho fatto con l'ultimo numero), tanto che lì per lì il particolare delle scale l'ho quasi sorvolato, sembrandomi solo molto forzato che un degente come lo scrittore riuscisse a farsi tutte quelle scale e arrivare dov'è arrivato. Ma Bertuccia non ha tutti i torti, a parte che, come dice Solomon, l'accesso alle scale antincendio è situato nei corridoi, questa soluzione sembra davvero poco verosimile, si poteva escogitare un altro espediente. Non toglie che l'albo rimanga buono, ma certe incongruenze è sempre meglio sottolinearle (per me lettore è interessante).
Da lettore occasionale (ma a quanto leggo penso sia così anche per molti abituali) preferirei che ogni riferimento alla vita della protagonista fosse ridotto all'essenziale e occupi il minor spazio possibile, essendo la cosa che meno m'interessa di ogni albo. Ma ormai è così con moltissime serie gialle, dove lo spazio dedicato al quotidiano dei personaggi (spesso con menate inverosimili o stancanti, come ad es. con Montalbano, le telefonate con Livia, ecc. o vicende sentimentali) ha molto rilievo, a volte un po' a scapito della storia stessa.
Che io ricordi non ho mai acquistato due albi di fila di questo fumetto e non lo farò col prossimo, mi tenta il viaggio a Genova, ma metà passerà tra baci e abbracci con Ettore e visita guidata, il resto per una storia che non mi ispira troppo (certo se magari qui si grida al capolavoro un pensierino ce lo faccio), con Julia rapita (da chi? dal temibile racket del pesto? Da Ferrero che la vuole come colf?
). Per il 200 però in edicola ci corro.