Piccatto ha scritto:
Kowalsky ha scritto:
Giuro che non riesco a trovare la parte in cui parli della radicalità della storia.
Poi trovo contraddittorio dire che il messaggio non è stato espresso in maniera abbastanza forte e dire che la citazione finale di Mandela è troppo esplicita.
Boh, a me sembra che, come già successo con Spazio Profondo, ci si sia molto lamentati degli spiegoni salvo poi lamentarsi che qua il messaggio è lasciato alla personale interpretazione del lettore.
Secondo me Simeoni ha osato. Osare non significa solo mettere scene splatter. Osare significa anche sfidare il lettore. Da che parte stareste se succedesse domani a Milano? Dalla parte di Carpenter? Da quella di Dylan? Da quella di Malloy? Da quella dello sbirro razzista?
E lo voglio ripetere perchè secondo me è veramente importante. Un conto è pubblicare una storia del genere nell'86, un conto nel 2014.
La sola possibilità che si possa stare con Malloy fa sbroccare la gente (blackblock! nogglobal! scioperanti! che orrore!), ai tempi degli Uccisori Dylan pianificava la morte in blocco della grande borghesia della city...
Mah, la mia idea è che se un messaggio sulla carta radicale non fa breccia, allora la storia non è radicale. E pure senza usare quella parolina mi pare che la cosa fosse tranquillamente intuibile. In ogni caso non ho mai detto che la citazione di Mandela sia "troppo esplicita" perché in realtà non ho fatto proprio commenti sulla citazione. Per chiarire, a me non sembra che il messaggio sia stato lasciato tra le righe, a me sembra che sia stato totalmente obliato dall'autore per lunghi tratti della storia. Altro è
Spazio Profondo che si configura come storia quasi completamente meta-interpretabile. Qui Simeoni non ha osato niente, ha fatto quello che ha potuto per tenere insieme tre trame distinte che insieme troppo bene comunque non stanno: ogni tanto il senso emerge poi si inabissa nuovamente. Ma forse quello che fa la differenza è che io non mi sono mai chiesto da che parte sarebbe stato Dylan o da che parte starei io. La posizione di Dylan era tra le righe (quella sì), mi pareva chiara (nonostante il suo ruolo nella storia sia... boh, il ruolo che Dylan Dog non dovrebbe avere in nessuna storia). Per quanto riguarda la mia, la storia non mi colpisce a tal punto da portarmi a chiedermelo. Come ho già avuto modo di dire, le uniche sequenze realmente impressionanti (ed immedesimanti) sono quelle di Keed in prigione (due pagine due). Ma la rivolta no, non mi fa interrogare su nulla, nella storia mancano le motivazioni profonde. E pure se le conosciamo tutti, pure se vi si accenna, l'idea che se ne ricava è che una rivolta sia giustificata a prescindere. E poi è inutilmente contorta. Quelli che protestavano per le loro condizioni di lavoro ispirandosi a un tizio che era morto secoli prima vengono improvvisamente posseduti da quel tizio: cosa mi rappresenta simbolicamente tutta sta storia? Cos'è, non lo stavano vendicando abbastanza bene? Non combattevano per gli stessi ideali? Senza il rancore maturato in quattrocento anni non si può vincere una rivolta? Ci vuole il passato per cambiare il presente? Ecco, malgrado sia indubbiamente incisiva, la mutazione dei manifestanti riesce solo ad incasinare le idee. E le cose radicali di solito sono molto semplici e chiare, non dovrebbe servire la citazione alla fine per fare il riassunto delle puntate precedenti.
Per concludere: ma quando mai ho detto che sarebbe impensabile stare con i manifestanti? Quando mai ho espresso supremo disgusto?
Scusa Picc, e scusa anche Wolkoff con cui spesso alzo troppo i toni. Ma per quanto sia polemico non vuol dire che se rispondendo a te dico che c'è stato chi ha sbroccato a vedere le rivolte, non voglia dire che lo sto rinfacciando a te. Di solito quando sono polemico con con una persona cerco di essere esplicito e diretto.
Ciò detto, dove sta l'elemento simbolico? "Un fantasma si aggira per l'Europa, lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una santa caccia alle streghe"
La radicalità dell'impostazione politica sta nell'essere andati a evitare una serie di trappole del racconto post moderno della rivolta (leggasi: dei film dei fratelli Wachowsky, V per primo)
- qua non si parla di una generica protesta per la libertà contro un generico potere oppressore, si parla di lavoratori, di condizioni di lavoro e dell'apparato repressivo che sta lì proprio per mantenere l'ordine sociale esistente.
- qua non si parla di santi non violenti che scendono in strada e con le belle parole convincono le forze dell'ordine a disarmarsi, si parla di gente che scende in strada per spaccare tutto.
- qua non si parla di simboli vuoti buoni per tutte le stagioni come la maschera di Fawkes, si parla dell'adozione consapevole di un simbolo con tutto il suo carico di storia.
Questi sono oggettivamente segni di un'impostazione politica molto radicale.
Non penso che la politica sia "dimenticata" nella storia, penso che i motivi per cui i New Slaves protestano siano espressi più volte, sia in forma di strizzata d'occhio come la metafora dello spettro che si aggira per l'Europa e del cameo di Rosa Luxemburg sia nella forma più esplicita del discorso "siamo come gli operai dell'800 senza diritti" e dei discorsi tra personaggi.
Poi condividere questa visione del mondo è un altro discorso, ovviamente.
In secundis, è notevole che Wolkoff giudichi il 339 un approfondimento ideologico d'appendice (tralasciando che la descrizione andrebbe bene per alcuni dei capolavori di Jack London!) senza storia mentre tu dici che di politica ce n'è troppo poca, soffocata dalla storia.
Io ci vedo un segno che Simeoni abbia osato fare una storia diversa da come ce la si aspetta.
Poi, anche qui, che vi piaccia o non vi piaccia sono questioni di gusti personali.