Anche se non circolano le tessere e non credo supereremo la soglia di sbarramento (di critiche), mi sa che dovrò associarmi al partito di
Cyber, Bo, Rkc, Nyarla, Lebbra, Bertuccia, Skel ed
Ezek .
Quindi
ho votato “accettabile” e lascio al topic omonimo il senso di questa mia “sufficienza”… data con molta sufficienza tra l’altro
.
Insomma, un albo dignitoso in alcuni punti, ma che non mi ha colpito laddove voleva colpire.
Pochi sfizi, tante pressioni, ma nulla di memorabile che possa smuovere con fertilità certe (mie?)acque, come invece era successo nei due numeri precedenti, specialmente per
Spazio Profondo .
Ho apprezzato parecchio le spiegazioni dell’autore, per i loro dettagli e lo slancio nel descrivere tutto il retroterra personal-culturale che c’è dietro il
making of dei testi.
In certi spunti però trovo si sia sforato nel didascalismo apologetico da volumetto allegato, per cose che non era necessario motivare e sarebbe stato più “delicato” mantenere nell’anonimato dell’ombra compositiva o con un sincero “nuncerompete”. Anche perché poi ci finisce in uno
showcase di tutto il rifrullaggio d’idee che ha preceduto – e seguito? – il progetto su carta, motivando alcune prese di posizione/forzature in modalità arrampicata sugli specchi, convessi e roteanti, come ogni criceto auto-esegeta che insegue il traguardo dell’onnicompresione altrui, a senso unico.
E anche la transustanziazione, lasciamola ai fenomeni sacri
:
Donc, cominciamo dall’inizio:
SPOILER ®®®® SPOILER ®®®® SPOILER ®®®®Copertina da sicuro effetto in edicola
.
Ma l’anarchia finisce qui…con buona pace dei
Sex Pistols e delle loro problematiche punkeggianti.
Caro
Casertano, non m’imbamboli con un pajo di belle chiappe in prima pagina!!
Anche lui come altri è in quella fase tra tramonto naturale e svogliatezza indotta, ormai.
Il nuovo stile non è né carne né pesce, solo filetti di soja. Scordiamoci gli incubi deliranti del periodo tra
La Casa degli Uomini Perduti e
Totentanz! o le grottescherie del
Progetto o
Apocalisse.
Questa è una tiepida via di mezzo, con personaggi tozzi, tarchiati o semicartooneschi. Molti vuoti nel gestire il background, ma ancora parecchia sana grana di china per ritrarre la corposità dei corpi/neri
.
Dylan statuario e tartarugato nunzepovvedé. Inguardabile il mascellone marmoreo da Bruce Willis di p.18.vi… ma ce ne sono anche altri.
Ancora più singolare quell’alieno alter-ego che compare in 30.i e 56.i, deformato con uno stile non suo...davvero al bacio
.
Anche
sulle prospettive ci sarebbe qualcosa da rivedere: vedi miniatura londinese da plastico di Vespa
made in Cossu (p.13) per quando Dylan esce di casa, o l’ammucchiata selvaggia tra autoblinde/ruspe (p.37) che aggira molte leggi della fisica.
Molto bene nei cunicoli e nel salto nel bujo (p.68-69) dove torna allo stile della
Seconda Occasione, ultimo sua albo di mio gradimento.
Inquietante il giusto anche il vignettone di pagina 87 sui fantasmi dei ribelli, anche se non ricordo a quale quadro sia ispirato, e riprende un tantino le tonalità di
Memoria dal Sottosuolo.
Più passa il tempo più penso sia consono a dimensioni come
Le Storie.
****Passiamo ai testi.
Me gustano:
La trasformazione di Malloy, con la sua cattura che permette di creare un transfer meta-storico ed evocare a suon di mazze risonanti lo spirito di Keed, canticchiando
Mai Più con buona pace del trio
LigaJovaPelù, che invece spingeva contro lo scontro
.
Molto bene (quasi tutti) i dialoghi, asciutti, telefiction-ati ma non troppo forzati, nell’ironia che si fa largo con garbo sfronzuto e toni sinceramente arcigni.
L’introduzione dei nuovi personaggi non era semplice, ma mi ha convinto, per quanto abbia oscurato 2/3 della trama vera e propria. Esigenze di format…
Carpenter sarà anche una stra-sintesi del già visto, ma funziona bene e fa tenerezza in fondo. Azzeccato
.
Anche
Rania ha un caratterino niente male ma credo sia evidente nasconda qualcosa come l’appetizer-spoiler da lei pronunciato sul fatto che “
nessuno è innocente fino in fondo” (18.v)
Molto buono l’intermezzo/side dish della famiglia comune coinvolta nella rivolta (p.57-60), come il volto stranito della madre davanti all’irruenze dei media
.
E dopo l'indigestione del mese scorso, almeno qui il citazionsimo è gestito in modo più scaltro, passando fra le righe e non risuonando con le campane su nove colonne.
Nun me gustano:
Premetto che non entro sulle questioni così tanto dibattute della Bodeo, di Google, della claustrofobia da condotto, o sulla tanica esplosiva, perché qualche incongruenza ci può sempre stare, qualche forzatura anche, e Dylan in fondo si è già dimostrato uomo d’azione in più occasioni, vincendo certe sue paturnie stucchevolmente ataviche. E se non sbaglio l'ho visto smanettare più di una volta il pc su qualche catalogo da biblioteca.
L’unica cosa è soltanto non approfittare troppo della nostra suspension of disbelief…altrimenti si incorre nelle stesse imputazioni additate a Dylan: (tentata) circonvenzione di (presunti) incapaci, alla lettura
.
[…]
Soggetto scarno fino all’osso…pure lui risicato per la crisi d’impiego? Si poteva fare di meglio, ma se non altro è meno pretestuoso di quello del mese precedente, ancora in fila presso l’ufficio di collocamento
.
La sceneggiatura ingrana discretamente
ma si perde troppo nel clima poliziesco, retroscena da caserma, lavate di capo e strategie d’azione comprese. Troppo peso a queste cose durante l’assedio (v. autoblindi, lacrimogeni, gommaprojettili, mirande, bobbies della City) e poco al genuino taglio “da incubo” della rivolta, anche come impostazione/inquadratura delle vignette, che privilegia smitragliate standard e cariche Realtv
Nick Raider ha fatto il suo tempo ormai…per ritrovarselo qui coi sui problemi da caserma Diaz
Ci rimette molto l’atmosfera di destabilizzazione occulta, ridotta qui ad una serie molto ripetitiva di zuffe sincopate o avanzamenti simil-zombeschi, alquanto ottusi
.
Dylan troppo sicuro di sé…e dritto a bersaglio, come un Eurostar su un binario prefissato .
Non ha esitazioni, s’illumina d’immenso per una sola melodia, sa cosa/dove cercare, sa come fuggire e come rifuggire… da una situazione difficile dietro l’altra.
Esagerato scomodare 18 uominarmati contabili + una donna (p.7) per sequestrare un documento. Vabbene l’azione dimostrativa contro la tremenda piaga dei ciarlatani – e qui dovrebbero tremare molti, nei palazzi che contano, non solo
O’ magu do Nascimiento – ma in quel momento c’era giusto un emergenza un po’ più grave per le strade di Londra, e lo dice lo stesso Carpenter poco dopo che sono con gli uomini contati, meno di una cinquantina (p.27)
.
Sconsolante il qualunqusimo della sociologia manichea sputacchiata tramite l’esimio luminare Woodard (p.48). Ma forse l’effetto era voluto, come il suo abbigliamento da sapientone da Commedia dell’Arte.
Il ritornello del lavoro cciovanile straziato dalla precarietà ricattatoria ricorda poi molto alcuni albi di
Di Gregorio ed i suoi tormentoni tematici (v. #270; #283; #288; #329; #334, etc)
Abbastanza sconfortante la reprimenda sindacalista di Dylan contro Miller (p.54.ii) segno che la piaga della bacchettonaggine non è stata del tutto debellata, ancora
.
Fuori luogo anche il baloon intriso di pietismo auto-colpevolista di Dylan, davanti lo scalmanato rivoltoso appena investito (p.73.ii): dopo una sventagliata di piombo scampata per un pelo di bruco, ha anche il coraggio di dirgli “
Amico, non volevo, anche se tu…”. Che fine ha fatto l’action-man sicuro di sé di qualche pagina prima, e che poco dopo si scaglierà a kamikazzo contro le auto della polizia, pagate dai contribuenti di Sua Maestà (p.76)
Troppo facile il crescendo finale per sbaraccare l’inghippo, col solito passaggio segreto+crollo/incendio risolutorio+smagnetizzazione delle memoria. Tre colpi di mano agevolanti, nell’auto-e(ro)scamotaggio di comodo. Non lascia dubbi, non graffia, e sbollisce nell’aria
.
Tant’è vero che per recuperare un tono interessante Carpenter deve tirare in ballo la psicosi collettiva (p.96) e chiudere giustamente con un NO COMMENT.
No comment sulla retorica finto-fatalista sbandierata da Bloch, che da buon padre di (mancata)famiglia tenta d’indottrinare il (mancato figlio/)discepolo Dylan sull’onda del nonno-pensiero di 5vignette5 che più didascaliche non si può
E infatti per suggellare il tutto arriva di straforo anche il ghirigoro di una citazione semigratuita - più che scontata, ai saldi…- di
Nelson Mandela, che diventò fuorilegge non per protestare (per pretesto) assieme alla Camusso in sciopero e degli scioperati blackblock sfangando i cavilli del “sistema” lavorativo o cercando lo scontro fisico contro le forze dell’ordine (quale? vedi p.60.iv), in quanto nemici
.
Ma solo per opporsi a quella legge che impediva la dignità della vita,
7 distretti in meno rispetto al
[Distretto 13 di quest’albo, tra District
Six e Robben Island.
Una legge chiamata apartheid.
MADIBALOHA, fratelli