Ambrosini fa un fumetto d'autore che però è anche seriale. Per quanto bimestrale è diverso dover produrre qualcosa con una certa cadenza piuttosto che aspettare l'ispirazione, dedicare il massimo del tempo ai dettagli, ecc. Per forza di cose tende a ripetersi un po'. Degli ultimi numeri di Napoleone io preferisco quelli di Bacilieri a quelli ambrosiniani, che pure sono di un buon livello, ma innegabilmente hanno un senso di déjà vu. E' però vero che molti autori tendono a ripercorrere e riproporre le loro ossessioni. A quanto ho letto in questi giorni anche l'ultimo premio Nobel, Patrick Modiano, ambienta quasi tutti i suoi scritti nel periodo dell'occupazione nazista, tocca gli stessi problemi (e ho letto anche che in passato fu criticato per questo con l'espressione "letto un suo libro, letti tutti"), ma l'autore di un certo livello sa distinguersi con la capacità di variazione. C'è un altro fattore che mi è spesso venuto in mente rileggendo alcuni numeri (comunque buoni, ci tengo a ribadirlo): che forse, sapendo dell'approssimarsi della chiusura della serie fosse subentrata una certa disillusione, quasi un velo di apatia (percepibile persino nelle copertine, meno belle e direi quasi meno curate delle precedenti). E c'è un'eccezione che potrebbe confermare questa ipotesi; la sua ultima gran bella storia (da 9) è, a parer mio,
La donna del dipinto, che tratta già tematiche (si vede dal titolo stesso) dixiane, di quella serie che avrebbe dovuto chiamarsi Pollok, e addirittura vi compare come personaggio un critico d'arte olandese che di fatto è un pre-Dix. La serie di Napoleone non spicca per questo o quel capolavoro che si eleva sopra gli altri come una montagna tra colline (come spesso abbiamo visto in tante annate di Dylan Dog, dove, guarda caso, alcune vette sono del Conte), ma è più come una catena montuosa, è la serie stessa, presa nella sua totalità (anche con le cime più basse) ad essere un capolavoro ed un'ardua scommessa editoriale, già solo per i motivi di serialità che dicevo sopra (e un grazie per la realizzazione va al grande Sergio Bonelli, che la sostenne con passione).
Personalmente non trovo che Napoleone manchi di empatia, anzi ci si affeziona a lui, al suo mondo (a Ginevra e a quello dell'Elevazione), ai vari personaggi; io poi spesso mi sono riconosciuto in lui (mentre in Dylan per quanto non mi sarebbe dispiaciuto, mi è successo più raramente), forse perché anch'io do molto spazio all'immaginazione, come ho appena detto ad Eva Green mentre eravamo a letto insieme
Jan Dix invece, aggettivo già usato da Wolkoff, è più freddo, più distante. Obiettivamente è una bella serie, la leggevo con piacere (magari ci fosse uno speciale di Napoleone o di Jan Dix * all'anno o magari Ambrosini scrivesse un po' di più su Dylan), ma mi teneva più a distanza, mi dava meno emotivamente e forse anche per questo avrò riletto al massimo un paio di numeri.
Comunque per non essere troppo OT e non farmi spostare sul topic di Napoleone do i miei tre preferiti di Dix (è vero come dice Rimatt che è andata in crescendo) che sono, in ordine cronologico:
- 10 La casa dell'impiccato (Ambrosini/Bacilieri)
- 13 Nero profondo (Ambrosini/Ornigotti)
- 14 Lo sguardo cieco (Ambrosini/Ambrosini)
Dico anche alcuni Dampyr che mi sono piaciuti molto, benché conosca quasi solo quelli dei primi 100 numeri e pochi successivi (già non so quanto durerà il mio ritorno di fiamma recente, dovuto allo speciale di Boselli/Bacilieri):
Oltre i primi:
- Lamiah
- Il conte Magnus
- Incubo fiammingo
- La casa sull'orlo del mondo
- Il villaggio incantato
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* ripensandoci forse uno speciale con Dix o una ripresa in generale del personaggio obbligherebbe a troppe forzature e forse risulterebbe un po' posticcio per quanto visto nell'ultimo - magnifico - albo.