333,
le corna sono tre, diceva un adagio sui diavoletti (ed i fedifraghi).
E invece… diabolo se mi sono sentito tradito da questa storia
Un ottimo segnale di quello che dovrebbe essere Dylan nella media, e non per eccezione: ti invoglia a rileggerlo, si apre a più interpretazioni, ti disturba quanto basta, si getta a capofitto sull’orrore d’autore (anche grafico), e ripudia il concetto di ordine, per riconnettersi allo show rutilante & ributtante del caos non-fine-a-se-stesso
.
Fantasmagorie a parte, non l’ho trovata una storia poi così criptica – dopo la seconda lettura, a dire il vero
– anche se forse Celoni pur di soddisfare certi vezzi ha esagerato nello scombussolare le carte, spargendo alcuni motivetti quasi superflui.
I disegni superbi non sono la classica ciliegina sulla torta, ma un viale di ciliegi in fiore sotto il Monte Fuji: se volete prendere anche una fetta di torta fate pure, ma lo spettacolo di delizie è già garantito
.
Alla fine ho votato
ottimo_8 perché qualcosa non mi ha proprio convinto, e la trovo comunque un gradino inferiore ad
Una Nuova Vita.
Seguono spunti vari a scanso di recensione perché non ne ho il tempo… ultimamente:
SPOILER °°°°°°°°°° SPOILER
°°°°°°°°°° SPOILER °°°°°°°°°°Mi è piaciuto particolarmente il Dylan “dark” in quasi tutte le pagine
.
Incattivito, incazzatissimo, cupamente scostante e pieno di rabbia, sbatte il grugno, non porge l’altra guancia né vuole filosofeggiare – lo faranno altri al posto suo.
Parte con ironia tagliente, alla fine si perde in una spirale di stati semi-allucinati o racconti (o meglio, “numeri”) paralleli, ma tiene botta sempre abbastanza bene senza perdersi in discorsi di troppo, dando il primato alla (rivendic-)azione, anche se si tratta soltanto di scivolare per carrozzoni malandati o palcoscenici insanguinati
.
L’atmosfera malsana del circo degli orrori c’è tutta, come il suo ripiegare su una certa morbosità triste…. quegli stessi elementi che mettono a disagio Dylan-infante presso il nonsense feroce del circo ed il suo apparire inquietante.
Io sono faziosamente dalla sua parte perché
sin da bambino detesto con orrore i clown in generale, anche prima di aver visto
It.
E personalmente trovo molto più disturbanti i pagliacci
di questo film parodico – tra l’altro citati nei disegni a pag. 23 – rispetto a quel McDonaldico di Pennywise.
Nonostante alcune sparate di troppo sui “diversi/freak” – ma qui è tutto “diverso” nel senso di “sulle righe”, altrimenti nessuno pagherebbe il biglietto, e per l’albo-copione scritto da Crystal&co – alla fine la rincorsa al “messaggio” per dar nerbo alla storia non diviene una priorità assoluta.
Diciamo solo che il discorso della creatura degli specchi si prolunga un po’ troppo e l’aforisma sputacchiato/imbeccato dal gobbo era retoricamente evitabile (v. “
non guardare troppo a lungo i mostri/abisso… prima che loro guardino dentro di te", a p.47)
Altrove il direttore sforna parecchi spunti più interessanti, non tanto sul tema-freak, quanto sulla distinzione tra realtà e finzione, naturalezza e recitazione, nell’infinito gioco di maschere che va in scena sul palcoscenico della vita (pp.53-54)
Proprio per questa, bellissima, grazie ai disegni, è pag 58, col suo mantra sussurrato nell’incubo “…
lo spettacolo è di giorno. Di notte c’è la verità”
.
Nell’insieme è una storia che si sbilancia parecchio
verso uno stile barbatiano, anche se qui il pathos è più simbolico e non si rimugina più di tanto su ogni azione, a differenza dei conflitti e dei discorsoni di Paola.
Resta un lavoro molto sofisticato e barocco nell’anima... per questo difficilmente potrà emozionarmi ad una seconda lettura.
Non potendo allargarsi su ogni frangente, alla fine la vera storia dei retroscena e delle motivazioni dell’abbandono di Groucho sono di secondaria importanza, quasi un pretesto per innescare la vicenda.
Infatti il baffuto “vero” non compare quasi mai in carne ed ossa per i recitals ad personam della premiata compagnia, mentre basta il suo nome-ombra per adescare Dylan e farlo svalvolare di bruttubruttu
.
Ben strutturato il discorso della
meta-fiction nelle ultime due pagine, il copione nel copione scritto appositamente attorno a Dylan per arruolarlo nelle file dell’Horror Circus.
Ancora più stimolante perché, oltre ad essere una projezione dell’attività di Celoni stesso in veste di autore/attore di una sceneggiata, prefigura allegoricamente
l’arrivo di una nuova stagione con le prossime foglie d’autunno… parlando di un
oscuro regista al di sopra di Crystal e del direttore: che sia il
RRobe in vista della
fase.2 ?
[…]
Rimangono le cose che non mi sono piaciute
.
La ragazzetta da pizza è tanto inutile quanto stupidotta… ma almeno la sua medietà ajuta Dylan a capire in cosa consistano le risate (registrate?) del pubblico medio da sitcom
.
Anche la creatura degli specchi forza certe chiavi di lettura, e straparlando adombra alcuni elementi di cui sinceramente si poteva fare a meno, come il potenziale “autunno” nel popolo delle quotidianità, che perdendo le proprie inibizioni può macchiarsi di qualsiasi pausa/intermittenza di coscienza e commettere nefandezze da “mostri”.
Per questo
pagina 86 mi sembra quella più debole/superflua del lotto, come il riferimento al tizio sull’auto che risparmia Dylan per nonsisaquali esigenze di copione o slanci di misericordia
.
Anche se probabilmente è solo un finto escamotage, le proprietà delle droga-sostanze mi sembrano un po’ eccessive nel quadro dei meccanismi della trama: e va bene suggestionare gli spettatori, o trasformare la percezione di sé che ha il performer, ma anche liberare il proprio io (p.83) ed operare purghe della memoria mi pare un po’ eccessivo come trip tuttofare.
Bastava spacciarla per qualcosa di meno…
Infine
i due colpi di pistola “sbloccanti” non mi sembrano molto coerenti tra loro, e confondono gli elementi innescati dalle premesse dello show, messo su ad arte dal direttore & co, con relative aspettative.
Un Dylan
in character,
per non parlare di quello di Paola, non avrebbe mai sparato al suo migliore amico, anche se farcito di tentacoli o sbrodolosamente ripugnante.
Qui invece preferisce la sua vita alla stretta (poco amichevole) dell’abominio senza baffi, e si trasforma pure lui in un mostro: non vedo questa vittoria-resistenza di cui altri hanno parlato… anzi, mi sembra che proprio qui Dylan faccia involontariamente il gioco dello spettacolo e porti avanti la sceneggiatura prescritta .
La sorpresa del direttore per me è finta, e il fatto che sia subito pronto ad additarlo come “mostro” lo conferma (p. 74.i) come anche il discorso sulla pubblicità aggratise guadagnata dal circo dopo questo episodio clamoroso
live (p.81.v)
Qualche pagina dopo. quando sta per soccombere alla creatura degli specchi/il suo fake doppio, il direttore lo salva “freddando” senza un motivo preciso l’alter ego imbestialito. Non mi sembra affatto una vittoria di Dylan, e neanche una dimostrazione della sua resistenza ai propri demoni interiori.
Qualcosa quindi non quadra nelle azioni del direttore e nelle sue motivazioni per mollare “il caso” Dylan dall’arruolamento nella sua compagnia di squilibrati
.
[…]
Sull’eccellenza dei disegni di Celoni avete già detto molto voi.
Oltre a Breccia mi sembra molto vicino ad un certo
Venturi – il luna park ricorda molto quello del
Gioco del Destino - ed un po’ ad
Ambrosini quando deve sgranare il tratto sottraendo rifiniture (p. 32-33, 47, 50)
Alla fine l’impatto visionario è perfettamente riuscito, anche se discontinuo.
Certe volte finisce per ringiovanire un po’ troppo Dylan (11.vi, 36.iv)
Sa rendere la notte di Londra, anche con semplicità… (pp. 26-7) ma il meglio lo dà tra l’espressionismo felliniano e la fantasmagoria grottesca senza freni
.
Tavole magistrali: pagine 9, 20; 34-35, 58, 73… ma non solo
.
Belle le onomatopee taglienti e lo sguardo deviato di Crystal-marionetta (38.i, 93.iv)
I due avanzi di galera di pagina 38 sono presi da qualche film horror che adesso non ricordo, roba di truculenze texane o sudiste, credo…
[…]
Discorso a parte per
la copertina: il
concept non è male, anche se non c’entra con la storia: dà l’idea della coralità della “compagnia” in una foto di gruppo e mette Dylan nei panni del clown
.
Quello che non va è che lo fa con uno stile naif e decorativamente light che
nun c’azzecca namazza con lo spessore oscuro dell’Horror Circus e con l’anima torbida trasposta dai disegni di Celoni.
E c’azzecca ancora meno con la corposità sporcamente tipica dello stesso Stano, che qui si traveste da pulito compilatore di locandine vintage, a metà tra art-nouveau ed illustrazioni per bambini (il grassone a sx ne è proprio l’esempio)
.
Sul tendone in pixel sorvolo, ma almeno i riquadri computerizzati attorno alle bandierine ce li potevano risparmiare, come sbadatezza
.
[…]
And to conclude (mandavero?) una
piccola curiosità extra aggratise.
Il titolo sulla copertina del libro che Crystal legge (p.96.i) è
Something wicked this way comes… che oltre ad essere una citazione dal
Macbeth di Shakespeare (IV.i.45) è anche il titolo originale del racconto di
Bradbury che ha ispirato in parte questo albo.
Come spesso succede nell’editoria italiota il titolo è stato modificato castrosamente nell’edizione italiana (1962, editoriale docet) in ‘
Il popolo dell’autunno’, da cui il richiamo nella storia di Celoni.
Che a me piace anche meno, perché sarebbe suonato meglio, a livello puramente suggestivo, ‘I Raminghi
d’autunno’, invece che “
dell’ ”.
Ma sono piccolezze per un circo di stralunati...
****Adesso vi lascio perché sta passando sotto casa un corteo colarato di gente festosamente atroce, con tanto di trombette, saltimbanchi, giullari, striscioni, e numeri da urlare. Sono tentato dall’aggregarmi, ma prima devo rispolverare la tessera del sindacato.
ALOHA C’HANNO ROTTO I COTILLON