Votato certamente mediocre.
Le motivazioni cercherò di spiegarle qui, anticipando innanzi tutto di essere sostanzialmente d’accordo con Rimatt e Altair, nonché con Joe Montero, in vari punti. E’ un’analisi che ho ponderato per qlc giorno, cercando inutilmente, di riprendere la lettura dopo una prima volta, e trovandola assolutamente impossibile. Visti i sublimi disegni di Cestaro Bros, dividerò l’analisi in 3 parti, che non coincidono fra loro nel giudizio finale.
Copertina: Brutta e molto. Non tanto per la resa grafica, accattivante e ben riuscita, quanto per la conferma alla mia analisi personale. Cioè si tratta di una copertina da disco o da maglietta, piuttosto che da fumetto, che fra l’altro ci mostra un viso di Dylan Dog diverso dalla norma per Stano, il che potrebbe anche essere un pregio, ma che nel caso specifico non mi attira per nulla. Forse se la si vendesse in qualche fumetteria come T-Shirt su Dylan Dog, avrebbe un ottima resa, ma per me le copertine sono altra roba. Naturalmente evito di postare cosa, visto che sarei presa probabilmente per una malata di mente, ma certo se vedo una copertina come quella di Kirby ne: FQ Sub Mariner Contro la Razza Umana, o per stare in tema, Dylan Dog Storia di Nessuno, direi che esistono delle sostanziali differenze di comunicazione.
Disegni: Inutile aggiungere altro ai commenti positivi espressi prima. Si tratta di disegni molti espressivi, curati e che catturano molto bene i vari personaggi, quantunque la Morte finale la trovi troppo similare a quella di Totentanz o come si scrive ( vado a memoria, quindi anche se non lo perdonerete e non mi frega niente, può essere che sbagli a scriverlo, ma cmq tengo a precisare di aver letto quello speciale e di possederlo, così tnt per esser chiara ), si tratta di dettagli che nulla tolgono al lavoro ottimo della coppia, come del resto si era visto anche nel Color Fest.
Storia: I problemi, se così li vogliamo chiamare, si concentrano qui e sono, ormai, una triste e rituale consuetudine. Questa storia di GdG mi riporta a certe considerazioni che si facevano a scuola, quando nell’ottocento una scema ignorante come la Strega le frequentava… Cioè la differenza fra una serie di pensierini e un tema. Ora questa raccolta di scene di Di Gregorio, sono soltanto una serie di pensierini ( alcuni ben costruiti, altri per nulla ) che legati insieme non si amalgamano. Prendete tutte le morti, esclusa quella della sventolona di turno ( su cui poi tornerò più avanti ), e invertitele, posticipatele, scambiatele come nel gioco del tris, e vedrete che a livello di storia non cambierà assolutamente nulla. Ora so che, così magari per averlo sentito dire, che pure la sopracitata Totentanz era costruita su questo tipo di narrazione, come ad esempio in un film come I Mostri di Dino Risi, ad episodi, ma qui si vuole volutamente raccontare avvenimenti fini a se stessi legati da un filo conduttore comune, una serie di delitti che avrebbero una sola matrice riconducibile, e che invece paiono messi con il copia ed incolla nella storia, costruendone l’ossatura. Ed oltretutto qui c’è anche un ma bello e grosso. Come è stato più intelligentemente osservato prima, se però alla fine di tutti questi siparietti ( alcuni come il ritorno del maritino innamorato e della vedova allegra superbamente sorretti da dialoghi perfetti, altri come la morte della pupazzola del mese, banali e insipidi ) la soluzione finale è quella proposta, tutto cade come un castello di carte. Ora non so se Di Gregorio avesse intenzione di gettare del ridicolo volontario alle pretese “alte” di Dylan Dog nel suo indagare, o se semplicemente quella fosse la sola idea che ha partorito per concludere la storia, ma in entrambi i casi pecca e non di poco. Nel primo perché porta un elemento drammatico ( che non mi prende per nulla, ma vi tornerò in seguito ) al centro dell’attenzione e lo svacca con la solita, francamente noiosa, predicata contro i lavori precari che tanto fa sinistra chic e che con la storia c’entra assolutamente niente, e lo fa soprattutto con eccessivi, esagerati, irrealistici espedienti narrativi che cozzano contro una sia pur minima logica di fondo. Il ritorno dei defunti per adempiere al noioso tran-tran della Morte, è infatti a livello di macchietta, costellato di scene inverosimili che raggiungono il ridicolo a pagina 52, quando il tipo schiatta, o ricrepa a dir meglio, giusto dopo aver parlottato con Bloch e Dylan e non immediatamente dopo aver ucciso, come invece accade a tutti gli altri ritornanti o quasi. Se invece Di Gregorio ha chiuso la storia con l'intento di darci una Morte molto presa dal lato burocratico del suo lavoro, ha pienamente ragione Joe Montero, che qui essa assomiglia pericolosamente al direttore degli Inferni, con tutto il retro gusto che esso si porta dietro ( e che, a parte il suo esordio, ho sempre mal sopportato...). L’apporto di Dylan in tutta la vicenda è assolutamente nullo, se non il pretesto iniziale, e sinceramente, pur mettendoci tutta la buona volontà cui sono dotata, non vi ho colto tutto sto enfatico ritorno alle vetuste atmosfere, sia per il problema pensierino-tema cui sopra, sia per il solito elemento che dovrebbe coinvolgere Dylan nella storia. Ormai, e qui si analizza l’apporto della biondina di turno, ogni numero di Dylan è tappezzato da pupe che faranno una brutta fine e che il nostro, innamorato cotto, finirà con somatizzare con dolore e struggente malinconia. Peccato che la cosa si verifichi incessantemente praticamente in ogni numero, e che questo renda la cosa ripetitiva, anestetizzando l’interesse che ciò comporterebbe se, che ne so, la pupa durasse almeno qualche mese, 3 o 4 mica tanti per carità.. La spiegazio di Bloch a pagina 81, è deprimente e cozza contro un minimo di logica applicata alla scienza e perché no, pure alla curiosità galoppante. Se davvero dei morti tornassero in vita per uccidere, ma anche per prendersi una Coca Cola o guardare una partita di calcio, certo la comunità scientifica li studierebbe sin al DNA, altro che archiviare il tutto come un mero errore di medici che certifichino la morte con eccessiva superficialità !
Come riportato precedentemente, è un continuo trascinarsi di cose ormai senza anima, almeno per la sottoscritta, che al solo apparire di Dylan Dog, è colta da una sorta di fastidio viscerale. Posso dire prima le battute, le situazioni, l’agire di Dylan Dog nella vicenda, senza che questo possa lasciarmi nulla di più che un ennesimo numero messo insieme agli altri. L’incapacità di Dylan Dog di dire qualcosa, non dico di nuovo ma qualcosa in se, è più che preoccupante. E’ mera realtà mensile, che si trascina stancamente da anni ormai. Questo numero non fa eccezione alcuna a questa regola, anzi vi si adegua senza remore. Ho colto un velo di tristezza nel viso di Jenkis alla battuta di Bloch, come anticipo della pensione futura dell’ispettore, ed è stata la sola scena che mi abbia coinvolta.
La Strega.
_________________ " Il locale è triste e sta sempre qua ! "
" Dylan Dog è arrivato allo scontrino fiscale "
Oriana Fallaci ti amo.
|