Cravenroad7

1) Ci viene detto il motivo per cui Dylan accetta il caso: conoscere la bellissima attrice. Benissimo. Il problema è: perchè noi lettori dovremmo "accettare" il caso?
Manca secondo me un'introduzione che stimoli il lettore. Molte serie drammatiche cominciano con una scena che catturi l'audience e DD, essendo una serie drammatica, più volte ha cominciato con un omicidio o una situazione misteriosa (così come, sul versante "mysterioso", fa una serie come quella di Martin Mystere).
Qui abbiamo un comico che si impappina e un direttore di produzione che s'incazza. Un pò pochino.
Quando poi si introduce la componente onirica, essa sa troppo di già visto per interessare minimamente, oltre che riguardare un personaggio non ancora presentato al lettore (problema veniale) e che quando ritorna ci viene mostrato senza che la sua "prigionia" abbia avuto alcuna conseguenza (a parte che è un pò più triste.. cosa che il contesto non inquadra come un gran dramma).

2) Manca una "posta in gioco". Se uno dei tizi si fosse suicidato alla fine del primo atto (circa pagina 32, 33 negli albi bonelliani). Questo avrebbe secondo me portato il lettore ad avvertire almeno un brivido di suspense sulla sorte degli altri. così si assiste alla loro discesa nella depressione, concentrando tutte le uscite di scena nel finale. Il che ci porta a:

3) Tutti gli avvenimenti si concentrano nel finale. Tutti i suicidi, la scoperta dell'identità del "carceriere", il colpo di scena dell'apparizione del maligno. In venti pagine è concentrato tutto. Per reggere una struttura così (se fosse un film horror sarebbe uno "slow burn"), ci vogliono un primo ed un secondo atto con i controcosi: aggiungere mistero, approfondire i personaggi, magari approfittando della loro caduta in depressione per qualche scena un minimo horror. Qui l'attrice va a letto col tenore e il comico viene legnato al baretto. La parabola dei personaggi ha sviluppi veramente troppo banali perchè poi la loro fine (anche questa non proprio memorabile) colpisca come dovrebbe.
Non capisco poi perchè Digregorio abbia optato per un puro "whodunnit". Legittimo per carità, ma se avesse introdotto il fotografo come antagonista alla fine del primo o del secondo atto, avrebbe poi potuto lavorare creando un pò di suspance e tenendosi per il finale la rivelazione del patto con il diavolo, assicurandosi comunque il "twist". Così è veramente tutto troppo premuto in coda alla storia.

4) Manca l'horror. Ci sono film horror orrendi che hanno dalla loro almeno una scena o due memorabili. Qui non ne percepisco: la controrealtà alla Frank Miller, come gìà detto, sa troppo di già visto, oltre a non comunicare alcun senso di pericolo o di mistero. Certo poi si scopre che quello è una specie di "paradiso" in cui i rinchiusi rimarranno sempre belli e giovani. Bene, questo mi spiega perchè non vi succedeva niente di horror. Ma quindi dove devo andarmelo a cercare? Nel diavolo che compare nel finale? Nei suicidi (non ho la storia sotto mano, ma non ne ricordo alcuno nemmeno particolarmente memorabile)? Boh.

E dire che a me "Leggende urbane" era piaciuto. Era scombiccherata, ma tirava fuori un antagonista come "l'uomo che gli si è aperta la testa" (senza alcuna velleità whodunnit: si sapeva già chi era. la sorpresa era nei posti improbabili dove appariva): un personaggio magari non spaventoso, ma bizzarro (lui sì trash, altro che "Trash Island") e "psichedelico".

Disegni: devo dire che contrariamente a molti, le scene alla Frank Miller non mi hanno colpito più di tanto, mentre ho molto apprezzato alcune tavole "normali" di Freghieri. Certe tavole sono un pò tirate via, ma in altre i retini e i chiaroscuri tirano nella tavola una bella atmosfera).

Tutte le cose dette sopra sono ovviamente un parere, e sono opinabili: se la storia fosse stata interessante (leggi: non assolutamente anonima come è) i suoi difetti si sarebbero percepiti molto meno, qualunque modo Digregorio avesse scelto di svilupparla. così, salvo giusto un paio di scene con Groucho