Cravenroad7

Non so se siam tutti S.O.B, cmq concordo: la ricerca esagerata di logica spiegazionista tarpa spesso le ali a prodotti buoni e alla loro lettura. Esempio sommo il doppio del ventennale. Qui il finale pare incoerente, ma credo sia una cosa voluta da Bilotta,
che si presta quindi a molte variazioni soggettive.

In realtà, proprio il controfinale Chiaverofilo ( ) è una delle - poche - cose salvabili di questa storia.
Proprio per la capacità auto-ironica di resettare la serie di spiegazionismi (neanche tanto, come ho detto sopra) logici esibiti in precedenza, ed aprire così il varco a decine di "incubi" possibili quanto non-spiegabili.
Bilotta, come molti traghettatori pro-Derrick, Nick Raider, o Dylan Julio, fa male a serbare questa spruzzata di "incubo" soltanto per il finale ad effetto, accomodandosi nell'insipido giallismo durante il resto delle pagine.
Così può sembrare un contentino.
Ma ogni tanto è bene accontentarsi della caramellina, quando il veleno è divertente.
Succiamo ?


[...]

DLIN DLON: Angolo del perditempismo
o illuminazione improvvisa dal reparto memoria a brandelli .

Mi ronzava nella testa da quando ho letto albo, ma non riuscivo a ricordare dove avessi già letto quella cosa spersonalizzante dell'attore dimentico di se stesso sfarfrugliata da Robinson in uno dei suoi monologhi aziendali per la causa (persa). (p. 61.v - 62.i)

Sembra che Bilotta abbia preso la cosa pari pari (o per eco derivativo) da un pezzo detto "De vita humana ", nelle Discoveries (1640) di Ben Jonson, miglior amico-nemico-rivale di Shakespeare.

Quote:

I have considered our whole life is like a play: wherein every man, forgetful of himself, is in travail with the expression of another.
Nay, we so insist in imitating others as we cannot, when it is necessary, return to ourselves.

Ho riflettuto su come la nostra vita intera sia come un dramma teatrale, in cui ognuno, dimentico di se stesso, si dia pena ad imitare le espressioni/movenze altrui.
Ebbene, noi insistiamo a tal punto nell'imitare gli altri da non essere in grado, quando è necessario, di tornare in noi stessi.


ALOHA TO THE CLAQUE

il problema è che hanno abusato del controfinale, soprattutto nelle storie in cui non c'entrava niente e in quelle brutte e insipide, utilizzando questo espediente per stupire, creare il supermistero che in reltà non c'è.
è diventato talmente di routine da essere insopportabile.

Storia paragonabile al cibo di un fast food: Piacevole, lo consumi volentieri ma non ti lascia nulla!
Bilotta svolge il compitino del mese e si merita anche un 6 pieno. Poca originalita' e scarse emozioni ma tutto sommato non mi ha annoiato.
Capitolo a parte i disegni di Mari,non li posso soffrire e rovinano decisamente la mia lettura. De gustibus....

votato accettabile, buon storia ma niente di che, i disegni di Mari non mi sono piaciuti, mi è parso svogliato

Sulla storia poco da dire dacchè tutto e il suo contrario è già stato detto. Ho votato accettabile, forse perchè viziato da alcuni precedenti vicini all'insopportabile. Questo quantomeno ha evitato di farci la predica. Apprezzabile la chiusura finale, meno la ridondanza e il didascalismo dello spiegone che un po' me li immagino questi, mentre si mettono tutti comodi e seduti per poi partire col pippone del flashback di turno. Francamente eccessivo anche per un lettore ottuagenario; sarebbe interessante sapere se a tal riguardo Bilotta ha ricevuto "consigli" o "suggerimenti" da parte della gestione Gualdoni.

Quoto in toto questo pezzo di post di Altair! Avete già detto tutto, finale fin troppo prevedibile ma tutto sommato il personaggio si muove bene e la storia (nonostante l'evidente pecca riportata prima) ti prende.

scritto da un ghostwriter ma attribuito a Bilotta ( opinione personale)

aridatece Nick Raider e Napoleone
voto 5, si salva l'architettura giallo italica anni '70

Votato accettabile, si salvano disegni e soggetto, sceneggiatura e copertina pessime.

Rispetto agli abominevoli "Crolli barbatiani" stiamo un bel pò di spanne sopra...un Bilotta più che dignitoso

Un buon giallo, godibile nel complesso e molto scorrevole. voto 7

pur non essendo malaccio come soggetto lo sviluppo della storia non mi ha entusiasmato.
Ho apprezzato i disegni di Mari che contribuiscono a valorizzare l'albo.
Per me complessivamente il 6 lo merita.

Il punto forte de "L'impostore" è il tratto di Nicola Mari. Le vignette con l'omicidio di Foster sono davvero ben fatte. Idem per il flashback finale.
La storia latita un po'. Nel parlare di Doppelganger, strano che Dylan citi solo "Riflessi di morte" e non "L'inquilino del terzo piano", capolavoro del secondo Gigante.
Bilotta ha fatto lavori decisamente migliori. Questo è un thriller psicologico nemmeno tanto innovativo. Nel numero 97 "Dietro il sipario" Ambrosini aveva scritto di un gemello che si sostituisce all'altro deceduto; La Barbato con il numero 169 "Lo specchio dell'anima" inserì il sosia che gode del successo altrui in un ritratto psicologico decisamente migliore. Nel volersi sostituire a Dylan Dog, ci aveva già pensato il serial killer del Gigante 8 ne "L'altro". Insomma, Bilotta mischia molti episodi di Dylan citandone solo uno (quello che c'entra meno).
Bello vedere Dylan usato come un oggetto da una donna. Ciononostante continua ad innamorarsi! Ma in fin dei conti il nostro eroe è così.
Il finale è un po' ridicolo: da diversi anni esistono i test del DNA.

Storia accettabile, niente di terribile o superlativo. Purtroppo l'identità dell'assassino mi è stata chiara fin dal momento in cui si è presentato...

Tornato a leggere dyd dopo tantissimi mesi.
Le aspettative con Bilotta ai testi erano alte, e mai avevo letto un suo dylan.
La storia però è risultata fiacca e scialba, in perfetto stile con la qualità degli albi che mi hanno costretto a lasciare la serie: soliti cliche, solito cliente, solito assassino, solite battute di Bloch sugli antiemetici e sul 56.... Ma che due palle....ha senso sparare le stesse battute per 25 anni? -_-'

Bocciato.