Dopo aver saltato un mese – anch’io ogni tanto tento di farmi una nuova vita… ed altre nuove vite, fianchi, cosce, etc.
– provo a tornare in ritardo, con qualche bazzicaglia che mi passa per la testa sul numero del mese ancora in corsa.
Prendo fiato, dalla corsa.
Stranamente non ha ancora votato perché sono in bilico tra una discreta
accettabil-izzazione di un soggetto davvero piatto/scarnito fino all’ossobuco(nero) ed un
buon apprezzamento dei disegni controcorrente, contro la logica della fisica e contro la schizzinoseria di massa… nel loro essere così schizzati di sana china
.
Vabbè, me lo segno sulla pelle con un ferro bollente e poi decido.
Nel frattempo, per il gusto di raccontare sporcando tele, ri-incido la storia su questa webpagina ancora bianca, come la pelle di una fanciulla… anemica, o messa a macerare sotto una vasca di candeggina?
*****SPOILER
°°°°°°°°SPOILER
SPOILEROk, l’intro sull’arte del disegno è salvabile, ma le didascalie in fuori campo che accompagnano il finale (pp. 94-98) sono molto meglio, e meritano un plauso, secondo me, per come si snodano con profondità e rimandi tra le vignette.
Insomma, se il Punto di Partenza “
A” non è un granché… non è detto che il Punto d’Arrivo “
B” sia da buttare, anche perché di linee contorte per collegare due punti ne esistono infinite
.
Per i punti neri rivolgersi alla settimane enigmistica o ad un dermatologo, che davanti a storie come questa strabuzza gli occhi peggio delle vittime di Tehamaru.
Il siparietto della famiglia Shuster è carino fino ad un certo punto, cioè finché non ingrana troppo nella ricerca della battuta raggelante come in molte sit-com mmmericane di questi tempi (p. 8-9). In compenso, grazie a Dall’Agnol la trasformazione nel bujo di Craig fa davvero paura, come la violenza con cui si scaraventerà contro tutti, prima di essere abbattuto
.
Bloch, lui sì parecchio abbattuto, non ne vorrebbe sapere nulla dei dettagli – e lo ripete ! – ma gli viene comunque servita in
crudité senza antiemetici tutta la storiaccia delle strage, con un Dylan che calca la mano davanti ad un caffè diluito – al Plasil
Sembra anche avere dei pregiudizi senili contro i tatuaggi coi nomi delle fidanzate, i cuori infranti o le pantere ruggenti (dimenticando il mitico asso di bastoni)… ma poi dichiara che i tribali non sono più alla moda. E se uno ha un tribale della propria fidanzata panterona che gli infrange il cuore che si fa? Esenzione dalle cariche pubbliche a vita? Silvio, prepara l’acido…
Dylan non gli dà retta più tanto ed andrà lui stesso a documentarsi, non a-pelle però, in materia (pp. 21-23)… con la sgradevole sensazione acquisita che qualcuno potrebbe essersi tatuato chissadove la sua celebre faccia per chissaquali nobili propositi
.
Nel frattempo la cliente di turno è arrivata, ma a parte i (facili) giochi di parole sul fatto che sia una ragazza “
Easy”, non capisco cosa ci trovi di così allarmante quel buzzichettone di Bloch da preannunciarla come ‘
tutt’altro che la classica fanciulla innocente e spaurita’ (p. 17.v).
All’inizio sembra volergliela mostrare – la sua panzotta tatuata, eccheavevatecapito?
– a Groucho, ma poi si rivela una ragazza come le altre, forse un po’ più snobbamente altolocata, ma coi soliti problemi come una tenera amicizia in bilico ed una certa incapacità di allontanarsi dai legami residuali. Anche trovare una vera motivazione per le indagini le costa una cerca fatica, raffazzonata (p. 20.iv).
La sequenza successiva ci porta a conoscere direttamente Tehamaru dal vivo (pp. 24-27): fin qui mi sembrava abbastanza interessante come
villain, un po’ per i suoi modi asciutti un po’ per la mole in(dis)ponente, mentre armeggia con calma olimpica tra i ferri del suo mestiere – maligno
.
Non posso dire lo stesso dei due debosciati da operetta danny-boyliana che vanno a chiedergli un tatuaggio, soprattutto nei loro scambi a due, davvero scadenti, in cerca della macchietta a tutti i costi… sulla pagina.
Strampalato quanto basta il socio tatuatore del polinesiano, che giustamente s’insospettisce sul fatto che rimanga chiuso tutto solo e tutto il tempo in cameretta (p. 29), essendo passata da parecchio l’età per i giornaletti zozzi e non disponendo di un collegamento wi-fi in casa
La seconda aggressione, anche in questo caso, è mozzata nel bel mezzo delle riprese… ehhm, dei “ritratti”, mentre Gary si trasforma nell’omnitatuato e sbuca l’oramai braccio obbligatorio dal bujo di una porta (p. 35.v come p. 10.iii), ma evidentemente anche Enna avrà i suoi punti forti a cui puntellarsi, mentre scrive… a braccio.
La strada verso il primo scontro con l’Old Boy si profila inevitabile, ma prima che gli animi si riscaldino, pare che un brusco calo di temperatura costringa Easy – quella testa "calda" di cui parlava Bloch – ad incappucciarsi come una sherpa nepalese per fare quei tre metri scarsi dalla macchina di Dylan al cancello del villone radical chic (pp. 37-39).
La sequenza della colluttazione tra Dylan ed il bestione imbufalito è tirata forse un po’ troppo per le lunghe (pp. 41-46), anche se devo ammettere che veder sballottato in quel modo assurdo –
quasi Escheriano – il Nostro mi ha divertito parecchio; e qui il cappello con tanto di ponpon (invernale, pure quello) va al
Maestro Piero Dall’Agnolesca.
Se il padre di Easy è sparito per un po’ da tutto questo parapiglia non ci vedo nulla di male: non sempre si trova in tempo una controfigura-stunt per le scene d’azione, figuriamoci in fase di montaggio, vignette
.
Dove non arrivò la piccozza arrivò il projettile, ma Tehamaru non pare prenderla molto bene, mentre si fuma tutto l’incenso del mondo e pare concentrarsi in modalità
Jamais Nonplus come pochi – anzi, le prime tre vignette di p. 48 sembrano direttamente prese da
Messer Tacconi, l’animaccia (sublime)
.
Il sadismo flemmatico che segue, mentre il Maori si appresta a sezionare Mr. Kritcher, non mi dice nulla di ché, come non traspare nulla dallo svolazzo poetizzante dei fuoricampo che lo accompagnano (pp. 50-51).
La scena che segue poco dopo (pp. 54-57), e che fa da spartiacque alle indagini,
è quella peggiore di tutto il lotto: Dylan va dalla tattoo-ologa per farsi indottrinare da un sacco di similpanzane sull’esistenza dei terribili tatuaggi proibiti –
brrrrrrr, ‘rabbrividiamo’, detto con la stessa voce di
Marina Massironi per i tre Maghi Bulgari – degli adoratori di demoni che nessun tatuatore sano/serio oserebbe riprodurre – brrrrrrrrr, mi sa che dobbiamo rabbrividire di nuovo.
Qui un cappuccio da sherpa tornerebbe utile, però
.
Cominciano le indagini vere e proprie, con una Easy forse troppo sedata che prende con una semplicità disarmante – nome/omen – la morte dei genitori mentre racconta sul letto d’ospedale i retroscena esotici dei disegni, e con un saggio (
) Maori che giustamente, piuttosto che dare in pasto agli squali un tomo pregno di sangue, preferisce consegnarlo innocuamente dopo (breve&scalcagnato) ripensamento a dei turisti chiacchieroni che non vedono l’ora di pubblicarlo in diciotto lingue… con in omaggio le istruzioni per tatuarsi il codice a barre per evocare il nipotino democristiano di Cthulhu negli anni delle elezioni
.
A parte queste due semi-scempiaggini, l’architettura logica della storia tiene. Anzi, direi
il disegno complessivo, visto che stiamo in tema, quello “disegno più grande” a cui mira Tehamaru stesso – parole sue, p. 72 v-vi.
A dirla tutta ce ne sarebbe una terza di semi-scempiaggine, sul fatto di come, dopo notevoli preghiere polinesiane, Tehamaru trovi casualmente proprio Craig in quel di Londra; ma lì bastava soltanto far sì che i tipi del villaggio turistico spifferassero una pista più sostanziosa e diretta (p. 87) per render più plausibile nella sceneggiatura quell’incontro. Bah…
Nella tipografia non se la passano molto bene (pp. 67-68) tra un’inchiostratura di sangue e l’altra (senza toner), ma se non altro si liberano nuovi posti di lavoro, visto che Tehamaru ha pensato bene di recarsi lì per finire il suo, di lavoro
.
Stavolta, anche per la fretta, è costretto ad agire di persona senza involucri-marionette, e sotto la sua rigida spavalderia si nota un pochino di nervosismo infastidito per l’imprevisto=Dylan… ma sembra gestirlo bene, forse puntualizzando ciarle più del necessario, prima di tagliare la corda, e la gola, del povero signor Brighton.
Dylan non sembra portato per gli inseguimenti scimmieschi nel traffico, ed infatti si lascia sfuggire l’aspirante indemoniato… ma poi s’incacchia – e bene – pure lui, come un demonio, per la rabbia ed il senso di impotenza davanti ai crimini del maori e dei suoi prossimi piani (p. 76)
.
Molto divertente l’iper-seccato barista marzulliano che si fa domande e risposte da solo (p. 78.i), un po’ meno il lancio della sedia da saloon per acchiappare lo spiantato Gary (p. 81), anche se credo che in certi punti SNAI succeda facilmente di peggio, senza neanche molestare le cassiere per un aperitivo dopo una(ipotetica) vincita
.
Ta-daaan: senza neanche troppi strombazzamenti – ed infatti qui Dylan va clamorosamente in bianco con una giovane Easy appena orfana – eccoci lisci lisci allo scontro finale, abbastanza compassato e squadrato nei suoi tratti, con Dylan che si ritrova un supplemento di mini-spieghino colma-lacune sui retroscena (pp. 86-87), e Tehamaru che non la prende molto bene quando Dylan dà un calcio a tutto, incartamenti compresi… al flambé
.
Tutto in fumo quindi per il piano/disegni di possessione sovraumana di Tehamaru, che comunque ha ancora il sangue caldo per trasformarsi in un semidio furente, e sballottare Dylan per la seconda volta contro la mobilia, prima di tentare di scoperchiargli lo scalpo per capire cosa gli gira per la testa.
Ma un bel viaggio d’acido (scolorente) manda sul fil di lana tutto in malora
.
Tutto il piano tratteggiato sulla/con la propria carne da Tehamaru viene cancellato per un gesto improvviso, che stinge e sbava fuori posto alcune linee guida, segnate da tanto sangue intriso a pelle.
Tehamaru non sarà più l’artista di sé stesso ed esce di scena guardando dall’alto il quadretto illustrativo della propria morte sugli spuntoni di un cancello, la fine del proprio percorso, il punto B … davanti agli occhi di B-ritanny (p. 96.ii), che passava di lì per caso – molto
chiaverotticamente , p. 95.iii – appena uscita dall’ospedale, e sbircia con curiosità quest’immagine per farla propria e poi ritrarla… dai propri incubi (p. 97.i).
Oppure per confrontarla con quelle che trova su un libro illustrato, assieme alla parole che alludono (p.98) a nuovi progetti, vecchie idee di rimuginare, e possibilità che non hanno mai preso forma tra le linee/righe… senza dimenticare che stiamo parlando sempre e soltanto di un (nuvolettato) disegno.
Dall’alto?
E di cosa?
*******Soggetto:
5 ½C’è poco da dire… e detto da me…
Anzi c’è poco da scrivere, ed infatti Enna non si spella più di tanto con la sua penna per tracciare un qualche spunticino che incida o si scosti del (pallido) modello in posa giabelleppronto.
In pratica abbiamo un tizio deviato che cerca un oggetto maledetto per diventare onnipotente. Le complicazioni sono piatte ed incolori, il contenuto della sua ricerca meno che deludente, ed il mito di contorno banalmente di ripiego
.
Da un autore come lui mi aspetto molto di più. Persino i tatuaggi del
Vivajo sull’Almanacco, per quanto marginali ai fini della storia, avevano qualcosa di più interessante da dire.
Qualcuno glielo scriva a pelle al caro…
Sceneggiatura:
7 - Qui le cose funzionano abbastanza bene
.
Dylan è
in character, indaga, le prende e s’incazza; Groucho&Bloch compajono poco ma fanno la loro giusta parte; il
villain sadico con distacco ha un suo perché; mentre il resto dei comprimari finiscono nell’anonimato ma senza far danni.
Molto buono il ritmo nonostante la ripetività sincopata delle sequenze (scontro/effetti dello scontro/ari-scontro), ed i dialoghi sono di qualità… anche per il loro non dire
.
Un esempio di granclasse vecchi-tempi dylanieschi, per atmosfera di taglio thriller e per l'orchetrazione della camera/sceneggiatura:
tutta pagina 40, il modo in cui Dylan si avvicina alla casa, la porta socchiusa, il piede che avanza, il sangue sul pavimento . Ed il merito va anche a Dall’Agnol, se non c’è bisogno di aggiungere un parola o un mumbleggio di gualdoniana memoria
.
Ho già parlato bene della voce narrante meta-autoriale in fuoricampo e delle le ultime cinque pagine, con i loro paralleli incidentali tra vita/parole/disegno, e le relative metafore da sviluppare, che rappresentano davvero un punto di forza per l’albo, riabilitando in parte un finale un po’ telefonato.
Se c’è qualcuno in linea, risponda
.
Disegni:
7 +Ne abbiamo ciarlato così tanto che non dovrei aggiungere altro…
Ma siccome non so resistere a certe tentazioni, mi rifaccio ad una frase-chiave che sembra Enna abbia scritto apposta per il tratto di Dall’Agnol.
(Cit. p. 96.iv-v) : ‘
… quello che dobbiamo domandarci, osservando la nostra opera, è se esprime ciò che volevamo esprimere. Evitando al contempo di chiederci se abbia un senso, un significato’.
Più in generale io direi che un disegnatore come questo andrebbe sfruttato per altro rispetto a stì thriller del risaputo – e per questo per niente thrillerosi – con tanto di possessioni o mutazionismi, che gli vengono puntualmente rifilati (v.
Programma di Rieducazione,
Tutti gli amori di Sally…).
Vabbene che ha lavorato per
Julia, ma è ora che si dedichi più al delirio dell’incubo e delle sue visioni allucinate, spaziando ancor di più col suo tratto coraggioso
.
Un punto a sfavore, per questo albo, sono paradossalmente proprio i tatuaggi: ok, sono solo dei tribali geometroidi e non pretendevo cose tipo
I racconti del cuscino, ma la maggior parte nun ze capiscono proprio, pastrocchiando e cambiando da una vignetta e l’altra. Proprio perché si trattava di Dall’Agnol ed era il punto cardine dell’albo… si poteva fare di meglio.
Non è il mio Dall’Agnol preferito, cioè quello a cavallo (al galoppo) tra
Lontano dalla Luce ed
Il Confine, ma si difende bene ed acquisisce più certezze verso un punto d’arrivo – che non ci sarà? – della sua sbrigliata personalizzazione/sperimentazione grafica
.
Mi sono piaciute particolarmente :
# le espressioni del baffone babbo-Shuster, come il terrore dipinto sulla sua faccia (p. 10.iv)
# la furia spacca-occhi e sventra-uomini di Craig oscuramente tatuato (pp. 12-13)… anche se le interiora del primo poliziotto sventrato non si vedono/intuiscono, ed il secondo-doccia di sangue fa poche concessioni allo splatter “evidente” ;
# [già detto] tutta pagina 40, per l’impostazione;
# la testa di ceramica in frantumi (p.56.iv);
# la scenetta del villaggio (p. 63.v) che rende con pochi tratti la desolazione dei turisti, il nunnevojosapè del maestro, e la curiosità dei nativi;
# la profondità dello stesso maestro caricata di nero (p. 65.iv), com’è nerissima la cattiveria di Tehamaru in modalità demonica (p. 92.iii);
# … ed altre cose.
Non mi sono piaciute invece cose come :
la mamma di Craig che cambia fisionomia da John Lennon all’ispettore Callaghan nel giro di poche pagine, Easy che passa da ragazza avvenente ad orsetto di pezza nel giro di ancor meno (p. 20.i » .ii), i cani defunti di cartapesta (p. 39.v), un certo bianco totale ammazza-sostanza in molte vignette (pp. 49.iii; 60.v; 82.iii; 95.i), una certa approssimazione eccessiva per la scena nel centro scommesse, le scene di pioggia polinesiane, e quel Bloch tristemente smunto, in anticipo sulla magra pensione (p. 52.i)
Poi
una curiosità… subliminale
Avete fatto caso al ricorrere del
numero 12 in alcune vignette?
Io ne ho trovati per ora circa un pajo, di esempi (p. 28.iii sulla finestra, e tra 76-77 sulle buste di Groucho).
Cabala a parte, forse Dall’Agnol ci sta mandando qualche messaggio/enigma occulto, forse c’è la Benetton di mezzo (+0) … o forse li ha messi perché – eqquivevolevo
– questa
è la dodicesima storia lunga di Piero per l’Old Boy?
Spero diventi maggiorenne in tempi non troppo lunghi, così potrà tatuarsi 18 titoli-candeline sul (prezioso) braccio all’opera per questa testata .
Copertina:
6 ½Preferisco la quarta, di copertina
.
(
ed anche come misure...)
Per la prima direi che come
concept ci siamo: accattivante, alternativo ed efficacie nel cascare all’occhio.
I retini non mi disturbano, come l’idea di fondo. Ecco, il fondo però: le rozzissime sfumature effetto-chiaroscuro sulla carnazza della tipa proprio nun ze possono vedè,sembrano fatte col
Paint di un 4.86… ed anche il fondale a tinta unita lascia un senso di risparmio evitabile.
Comunque sempre meglio di roba tipo questa
:
Adesso vi lascio perché devo scoprire se davvero i peli superflui in ricrescita possono ostacolare la buona riuscita di un tatuaggio. C’è chi la pensa diversamente:
E se avete qualcosa da aggiungere alla mia pseudo-recensione scrivete pure su questa personale bacheca (ed aggiungete anche una "
m" in più, visto che ci siete):
ALOHA I LOVE A MAMMA'