ORFANI 1 – PICCOLI SPAVENTATI GUERRIERI RECENSIONE
Dunque, io sono un estimatore dell’opera di Roberto Recchioni (un autore spesso recepito in modo dubbio, tanto che prima di scrivere di lui sembra obbligatorio dover puntualizzare da che parte si sta, tanto per rendere chiaro ai followers e agli haters – neologismi delle nostre derive moderne – da che parte pende la propria imparzialità sull’autore romano, che è data per scontata, ormai). Ho apprezzato i suoi numeri di Dylan Dog e ho piena fiducia nella sua gestione futura, ho adorato il romanzo ASSO, “capito” John Doe (capito perché funzionava) e leggo assiduamente i suoi articoli su blog e riviste. Ma il primo numero di ORFANI mi ha deluso, e molto, poiché pensavo che Recchioni (soggettista e sceneggiatore del pilot in questione) una materia del genere l’avrebbe saputa gestire al meglio. E invece no, gli è impazzito il mascarpone o, meglio, nemmeno ha provato a farlo, gli ingredienti stanno ancora là sul tavolo, pronti a un bello scatto per un header di GIALLOZAFFERANO.
Mettiamo subito in chiaro che non è stato il genere ad infastidirmi (si può dire qualsiasi cosa utilizzando qualsiasi genere, cambia solo il modo, e a volte nemmeno quello) né, come dite qua sul forum, il target (concetto che mi ha sempre dato ai nervi, e che comunque, se proprio vogliamo parlarne, mi sembra assolutamente nel range standard Bonelli). Ciò che mi ha deluso è il modo in cui nessun ingrediente narrativo e potenzialmente convincente sia stato sfruttato anche solo minimamente.
Partiamo dalla prima parte, quella della prova di iniziazione: i ragazzi incontrano un mostro (quell’orso da un tera-byte splendidamente disegnato da Mammucari), lo affrontano e lo uccidono. Ok, quel mostro avrebbe dovuto rappresentare molto di più di un semplice ostacolo, sarebbe dovuto assurgere a simbolo dell’atto di rottura tra la vita precedente e quella, cazzuta, futura. E invece niente, nessuna tensione, l’orso non viene MAI fatto “subodorare” al lettore prima della sua apparizione, non viene creato un clima di minaccia, di paura e tensione, la bestia appare all’improvviso e genera sorpresa, ma l’epica del diario di formazione non richiede sorpresa, ma suspance. Bisognava farlo vedere prima, o almeno farne cenno con una frese, uno stacco ambiguo, qualcosa.
Poi ci sono i personaggi: non disdegno la sintesi narrativa, ma qui non si tratta di sintesi, la sintesi deve dire tutto nel minor numero di segni possibili. Qui si dice poco, non vengono imbastite dinamiche nel gruppo, la paura dei ragazzi, che sarebbe dovuta essere gigante e palpabile, rimane imprigionata nel vizio delle vignette cool (“siamo orfani”). I caratteri non sono sottolineati minimamente (e lo so che siamo all’inizio, ma qui si esagera), tanto che a pagina 50 ricordiamo 2 cose: che Ringo è stronzo e che le didascalie le ha scritte Leonida di 300. Per il resto il nulla, pochi e confusi nomi, nessun guizzo emotivo che non sia didascalico o semplicemente inutile. E poi c’è l’idea di “diario di formazione”: qui la faccenda è resa in modo semplicistico, sembra un bignami. E’ “Il signore delle mosche” nella riduzione per il catalogo IKEA. Quello che Recchioni sbaglia è dare per buono che il lettore tipo abbia nel suo bagaglio culturale letture che invece non ha: in ogni piccola frase l’autore vede il proprio mondo, il proprio background, ma il lettore non viene stimolato. E’ reso tutto troppo semplice e retorico (un film di Bay senza il dolby a riempirci i vuoti), è troppo “punta dell’iceberg di quello che si voleva dire”. E non ci sarebbe stato bisogno di parole, solo di ambiguità, non detto, problematicità (e anche di un minimo di sensibilità nel raccontare l’infanzia). E potrebbe anche andare bene se dopo questa passeggiata nei boschi non ci fosse presentata una splash che urla: “Guardate i ragazzi, sono adulti fatti e finiti, guarda come sono sudati, ce l’hanno fatta e spezzeranno il culo a tutti!”. Fine del problema, fatto, ora sono soldati, un orso mostrato in qualche tavola, nessuna paura vera (nel senso, fatta recepire in modo perturbante a chi legge), nessun rischio disidratazione, un tizio sacrificato (ma che personaggio è? Un bambino??? Davvero un bambino fa così? Bay almeno lo fa fare agli adulti!) e via, dateci le fottute armature! Cioè, Recchioni chiude proprio l’arco narrativo! E’ sconvolgente, anche solo a livello di trucchi base da utilizzare sull’attenzione e la curiosità di chi legge!
Passiamo alla parte 2. Abbiamo i nostri eroi anni dopo. Sono incazzati, forti, indistruttibili. Davvero, non c’è una mezza vignetta o un mezzo dialogo che ce li ritraggano in difficoltà. Anzi, si scambiano battute (pessime invero) mentre distruggono gli alieni. Se ne scambiano di continuo!!! Questa descrizione troppo pompata tende a creare mancanza di suspance, si arriva alla noia senza passare dal via, si capisce ben presto che si assisterà a una parata di vignette di presentazione dei characters (e poi anche questa cosa non avverrà con i dovuti crismi) e se tutto andrà per il meglio le ultime tavole saranno dei fantastici poster per la cameretta. E, ovviamente, si chiudono tutti i possibili appigli di interesse per il secondo numero, sappiamo che i mostri sono distrutti, l’esercito è molto meno figo dei nostri, insomma, tutto potrebbe chiudersi qua. Diventa uno spottone, un omaggio freddo e vuoto all’immaginario dei creatori della serie. Certo non voglio sputare su una mini che è solo al primo numero, ma è proprio perché è un pilot che questa lacune sono gravi. Non abbiamo Villain, non abbiamo psicologie, non abbiamo linee narrative aperte (se non quella gossippara del “chi c’è sotto i vari caschi dei bambini, a parte Ringo, ovviamente?” e quelle generica “gli alieni sono ancora in giro”).
Recchioni non sfrutta trucchi del mestiere che mi paiono essere pienamente nelle sue corde. E lo so, sono scelte, ma, per esempio, in una serie tanto manichea, che pesca attitudini narrative a destra e manca, mi chiedo: ma perché i due piani temporali non sono stati mescolati? Si sarebbe potuto dire molto di più, tramite il solo montaggio, problematizzare, fare rime discorsive, dare ritmo, curiosità al lettore! Sarebbe stato un trick abusato, certo, ma certamente il più utile tra i trick abusati che vengono utilizzati nell’albo (e non ce l’ho coi trick abusati, li adoro). Abbiamo invece due parti che non pungono: la prima è una scaletta drammatica per un romanzo di formazione che poi non viene scritto ma lasciato scaletta, la seconda degli studi di grafica per la realizzazione di una scena d’azione su un pianeta X. Ecco, sembra materiale secondario, come si dice quando si parla di ciò che sta dietro alla narrazione ma non rientra nel prodotto finito e proposto al fruitore. Materiale secondario splendido da vedere, ma povero di racconto. Molto povero.
Recchioni e Mammucari non riescono dunque a scovare la statua all’interno del proprio blocco di marmo, ne liberano qualche drappeggio qua e là, molto bello da vedere ma, allo stesso tempo, infinitamente noioso.
Ovviamente continuerò a comprarlo (mi sembra logico ) NON FACCIAMO ARTE, FACCIAMO CACARE (per adesso)
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Ultima modifica di joe montero il gio ott 17, 2013 6:37 pm, modificato 2 volte in totale.
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