Sono tra i pochi che vanno controcorrente.
Quest'albo NON è un capolavoro.
Il perchè è presto detto : è un centone.
QUALSIASI sequenza e addirittura la maggior parte dei dialoghi rimanda a vecchie storie di Dylan. E' realizzato con un copia/incolla pressochè totale.
Vabbè che la citazione è sempre stata di casa negli albi dylaniati, ma quando si arriva a citare sistematicamente se stessi si arriva all'auto-cannibalismo!
Per me quest'albo è una dichiarazione di resa da parte della gestione gualdoniana.
"Resa" nel senso che si ammette, più o meno indirettamente, l'incapacità di tirar fuori storie, non dico con una parvenza di originalità (suppongo sarebbe pretendere troppo), ma anche capaci di rielaborare in maniera personale spunti provenienti da altrove.
Non resta che citare se stessi, in un gioco di rimandi assolutamente non necessari e buoni solo per i nostalgici.
seguono
S
P
O
I
L
E
R
A parte i rimandi più ovvi
(Ti Ho visto morire & Caccia alle streghe) si ritrovano citazioni da Necropolis (l'ospedale-prigione), Mater Morbi (il medico che sostiene che non bisogna "curare" i pazienti ma fare quel che meglio per loro), L'ultimo uomo sulla Terra (il paesaggio desolato), I vampiri (i mostri con testa da da pipistrello)... e cento e cento altre citazioni da albi dilaniati.
Tutta roba che ovviamente manda in brodo di giuggiole i lettori di vecchia data, che rammentano le emozioni provate ALLORA e quindi promuovono l'albo che ha il "merito" di ricordare loro le emozioni in questione.
Ma di "Ti ho visto morire" manca il senso di catastrofe ineluttabile, mentre di "Caccia alle streghe" manca il senso del grottesco.
Quest'albo si limita a
campare di rendita "centonando" pezzi riciclati di emozioni passate.
L'unico argomento che poteva dare alla storia un senso ulteriore, ovvero il dubbio se sia giusto o meno fermare PREVENTIVAMENTE un criminale non ancora tale (tema non certo nuovo -basta pensare a La zona morta o a Minority Report- ma pur sempre affascinante) è appena sfiorato e in pratica emerge solo nelle ultime pagine.
Questo anche perchè Gualdoni, come spesso gli capita, stiracchia in maniera intollerabile un soggetto buono tutt'al più per 94 pagine. Basti pensare alla lunghissima prima parte ambientata nella prigione-ospedale, che in fin della fiera occupa davvero troppo spazio rispetto all'economia narrativa della storia e non fa emergere assolutamente le caratteristiche "hitleriane" del regime di Cherryll.
Per quanto mi riguarda, questo resta un albo fin troppo compiaciuto della sua natura di centone e un sequel assolutamente superfluo di due classici.
Voto 6 perchè perlomeno non ha tonfi clamorosi di sceneggiatura come invece aveva roba tipo Blacky.