rimatt ha scritto:
Qualche SPOILER qua e là.
Il ventisettesimo Speciale è una gualdonata; tirata a lustro, ma pur sempre una gualdonata. Cosa intendo con questo termine? Essenzialmente, una storia che parte da uno spunto buono ma esile e lo gonfia a dismisura (come nello scorso Speciale o in un paio di albi mensili), ma anche una storia che pesca dal passato di Dylan e cerca nella gloria di ieri la strada per la gloria di oggi (come nell'ultimo Gigante ma anche in molte altre storie del Gualdo). I problemi sono sempre gli stessi: è difficile costruire una sceneggiatura da 160 pagine quando l'idea che la sorregge basterebbe sì e no per 100; e non so quanto sia saggio, per una testata che dovrebbe essere sempre rivolta al futuro o quantomento essere sempre al passo con i tempi - fino a poco fa DyD era la serie Bonelli in cui si osava di più -, autocannibalizzarsi e autocelebrarsi, ponendo se stessa come proprio principale punto di riferimento.
Il risultato di questa politica editoriale, perseguita con convinzione e insistenza dall'ex-curatore, è questo Speciale gonfio e derivativo, che provoca nel lettore un'infinita serie di déjà vu e che manco ci prova, a raccontare qualcosa di nuovo. I tempi narrativi sono dilatati all'eccesso, le azioni si concludono in trenta pagine quando ne sarebbero bastate dieci, le scene si susseguono con prevedibilità... e però le pagine scorrono. Dirò di più: le pagine scorrono piacevolmente, soprattutto per merito di una sceneggiatura fluida che mischia suggestioni potenti - già viste, ma potenti - e che indovina un paio di personaggi che, tra le pagine dell'albo, prendono quasi vita. Apro una parentesi per elogiare il lavoro di Brindisi, più spoglio e meno rifinito che in passato ma anche più espressivo, capace di raggiungere qui un efficacissimo "realismo fotografico" (ho l'impressione che molti primi piani siano ricavati dalle fotografie di conoscenti e amici dell'autore, tanto sono tratteggiati in maniera verosimile) e, per farla breve, perfetto per questo genere di storia: è anche merito suo se certe scene rendono al meglio. Come dicevo all'inizio, questa gualdonata è tirata a lustro: non mi interessa troppo se il merito sia del lavoro di revisione della Barbato o del Gualdo stesso; quel che conta è che i dialoghi siano buoni se non addirittura ottimi, che Dylan sia in parte, che a Groucho sia riservato solo un cameo ma che le due paginette in cui compare lascino comunque il segno.
E poi, cosa importante, durante la lettura ho avuto davvero la sensazione di trovarmi di fronte a una storia speciale, che per tematica e realizzazione meritava di essere ospitata in un albo Speciale. Questo non accadeva da un bel po', probabilmente dai tempi di Reality Show. Insomma, posso criticare la filosofia che sta dietro alla realizzazione di una simile storie (per me Dylan dovrebbe guardare sempre in avanti, mai all'indietro), ma non critico - non più di tanto - il risultato finale: La bomba! è un albo che mi ha divertito e che, in un paio di sequenze, è andato vicino a emozionarmi, e per ora tanto basta.
Poco da aggiungere a questo commento.
Una storia corretta, ben condotta, scorrevole, furba il giusto, ma non così "speciale", perché anche inamidata, stiracchiata, "classica" in maniera un po' scolastica.
Si vedano le molte citazioni di Terry Gilliam, puntali e ben inserite, ma devitalizzate, prive come sono del clima caotico e grottesco tipico dell'opera del regista. Alla fine tutto è un po' piatto, con diverse scene potenzialmente emozionanti secondo me mai sfruttate fino in fondo, ad esempio l'interrogatorio dei due poliziotti o l'elettroshock, entrambre "freddine" rispetto a ciò che mostrano.
Il prosciugamento e aggiustamento dei dialoghi gualdoniani per me è decisamente intuibile, con diversi frasi e interi dialoghi dove il tocco della Barbato mi pare evidente. Fermo restando che già di per sé la storia di base proponeva elementi barbatiani. L'influenza della revisione sul risultato finale non può comunque essere stata trascurabile, trattandosi di una storia in cui come minimo un 70% delle tavole è fatta di primi piani di gente che parla, parla e parla, come da triste consuetudine della serie da troppi anni.
Nonostante tutto ciò voto buono anch'io, perché comunque è una lettura che soddisfa e intriga.
Ottimi i disegni di Brindisi, più densi e atmosferici del solito.
Bizzarra e "coraggiosa" la copertina di Stano.
N.6 ha scritto:
Leggendo questo speciale, nonostante l'abbia apprezzato, sono rimasto un po' stupito perché, esclusa la parte iniziale nel manicomio, è quasi identico ad una storia che avevo pensato anch'io (non di quelle di cui avevo scritto il soggetto, comunque).
Per carità, niente di particolarmente strano... è un esperienza che mi era già capitata con altro e in fondo le suggestioni sono derivative (da Brazil a La Zona Morta, ecc.)... però in questo caso è stata un'esperienza davvero particolare, perché le differenze con la storia che avevo progettato io sono davvero minime e quindi ho avuto praticamente subito la certezza di dove andava a parare.
In realtà, quello per cui ci sono rimasto male è che amavo parecchio questa idea e ogni tanto mi capitava di pensare "prima o poi magari mi ripropongo, metto giù il soggetto a modo e mando 'sta storia" e invece ormai è già stata fatta
Quando avevo 18 anni, ispirato da "Manoscritto trovato in una bottiglia" di Poe e dai boschi attorno a casa, avevo fantasticato di fare con gli amici un film horror. Doveva essere basato sul falso ritrovamento di una registrazione video, in cui si vedeva un gruppo di ragazzi che si filmavano durante una gita in un bosco. Durante la gita un mostro invisibile li attaccava e uccideva tutti. Nella mia immaginazione il film doveva essere in bianco e nero e interamente giocato sull'atmosfera sinistra dei boschi di notte.
18 anni li ho avuti nel 1992, "Blair Witch Project" è del 1999.