Cravenroad7

la spoilerizzo tutta, così se non vi va quello che dirò ( e sarò certa che sarà così...ammazz che italiano schifoso...Sorry ) la salterete a piè pari.
Mi soffermo su "La Nera" poichè, a mio parere, è il sunto di tutto questo fest, imbarazzante e disastroso ( non a livello tecnico, quanto a livello narrativo..).
Ora il soggetto non è male, sinceramente sebbene sia fotocopiato da Christine e dal finale di It, il che cmq non toglie niente, anzi aggiunge perché il Tiz su queste cose ci ha marciato alla grande per anni e la storia editoriale stessa di DyD è una citazione, un omaggio, un cogliere da altri....
Il problema è un altro. E' che da uno bravo come RRobe certe cose non le accetto. Da pagina 99 a pagina 105 abbiamo un dialogo imbarazzante, per assurdità e per la troppa voglia di prendersi sul serio ( Sclavi su ste cose ci scherzava su e anche Chiaverotti, eh...) e non conta che, come scopriremo in avanti, queste confidenze Dylan le reputi veritiere perché rammenta un episodio della sua vita passata.
Conta che uno sguardo colto da un'auto in corsa, in mezzo al traffico, sia ritenuto provante di una possessione, che da pagina 107 a pagina 109 ci si trovi di fronte ad un discorso assolutamente forzato, inverosimile, che cozza con l'immagine poetica della torre, che scava nelle banalità di una possessione cui basta allontanarsi dal ciclo per uscirne.
Lo stesso racconto del passato drammatico di Dylan resta sullo sfondo di una forzatura troppo marcata, con il sunto Dylan-pensiero di pagina 108/109 al limite del ridicolo involontario che pare paragonare la libertà di una bicicletta a quella di una droga o di una sbornia.
Ma tutto l'avrei potuto perdonare perché Roberto sa scrivere, sa farlo bene e le sue falle magari sono solo mie idee malsane.
Ma davvero, vedere Dylan Dog che pedala su una bici da corsa, gironzolando per Londra per trovare un ragazzino ( in una città enorme e senza manco sapere come...) e che quando lo trova inizia ad inseguirlo manco fosse Coppi alla Milano-Sanremo, senza allenamento, senza una idea che ci dica come, che si trova nel deserto del nulla manco Londra fosse in mezzo al Sahara ( ma qui mi si dirà che c'è di mezzo il viaggio dell'anima, ok, allora cosa vuole dire la vignetta di pagina 127, quando i due sembrano veramente in mezzo ad una foresta o una landa desolata ? ) e che per sconfiggere la possessione sperona Kevin come in Fandango, senza che la sua bici si scalfisca, e la lascia lì, quella demoniaca, abbandonata nel nulla, senza manco tentare di capire lui che cosa sia, di distruggerla, di fare alcunché...bhè....Io mi arrendo.
Non manca il finale chiaverottiano, che induce ad un minimo di ripresa, ma questa bici ha i cambi scassi, per me.