Concludo la mia personale chiaverottiade, per uno di quegli arabeschi del destino che tanto gli piacciono, proprio nel giorno del suo compleanno (auguri, Claudio!
).
Che a monte vi siano state delle direttive aziendali o una naturale maturazione/evoluzione stilistica, è un fatto che quasi tutto il Chiaverotti dylaniano post-100 (quindi dal 1995 in poi) sia meno arrembante e anarchico e visionario di quello precedente, con una predilezione per storie dall'ambientazione realistica e una maggiore attenzione all'aspetto psicologico. Mutazione che ci ha regalato qualche buona storia ("L'antro della belva", "L'uomo che vende il tempo", "Anima nera" -tutte, peraltro, attraversate da suggestioni fiabesche/favolistiche), ma che nel complesso ha tolto alle sue sceneggiature la vivacità e l'inventiva dei primi anni: e "Il compagno di scuola", sua ultima (per ora...) fatica dylaniana per la serie regolare, non fa eccezione -e i disegni piuttosto vintage di Rinaldi non fanno molto per risollevarne le sorti.
A differenza del precedente "La strega di Brentford", qui almeno c'è un ritmo discreto; ma, come in quell'albo, anche qui Dylan non corre in pratica alcun rischio -e di fatto, oltre a trovare l'indirizzo di Boris, non combina nemmeno granché, in termini di indagine. Quanto ai personaggi, Boris è ovviamente odioso, ma il suo ruolo nella storia lo richiede, e la sua implacabilità persecutoria (non troppo distante dal Brett Pierce di "La sfida") è resa in maniera abbastanza convincente. John e Gale, invece, sono decisamente anonimi -anzi, John è talmente suscettibile e nevrotico da smorzare l'empatia che si dovrebbe provare per lui.
Più che il libro trovato nella custodia (ha senso che Dylan si soffermi su un titolo che non conosce), non mi convince affatto la circostanza che una spilla rinvenuta sul luogo di un delitto sia una prova sufficiente per comminare un ergastolo -e anche qui, come in "Paura di vivere", Bloch si lascia prendere la mano dalla sua evidente antipatia personale per il sospettato, con effetti sgradevoli e conseguenze illogiche ("Uno di questi coltelli potrebbe essere stato usato per il delitto, ma essendo stato lavato non presentava alcuna traccia di sangue" -come se l'
assenza di sangue potesse essere un indizio...
).
Piuttosto inutile la parentesi conclusiva sul preside, che avrebbe avuto un senso nell'ottica di un discorso più ampio sulla crudeltà e il classismo del sistema educativo -discorso al quale si accenna nell'incipit, ma che poi deve lasciare il posto alle esigenze della storia.