En passant un giudizio generico... nun me vene
.
Leggendo quanto scritto prima dai forumisti entusiasti mi aspettavo di meglio, ed il
Color Fest n°2 per me questo lo vede solo col telescopio della NASA, ammesso che sappia usarlo.
Noto solo che la qualità della colorazione ha fatto dei
passi avanti notevoli, da far impallidire (o scolorire?) quegli impiastricciamenti che maculano di approssimazione l'onore dei numeri storici, sulla collana di
Repubblica.
A me la copertina è piaciuta parecchio, anche se come diceva qualcuno, oltre ad alternare gli altroquandici ruoli di Dylan si potevano anche alternare gli stili grafici del Nostro fattosi in 4x4.
Sul logo non me la prenderei più di tanto, più di quanto, più di quando...: nel poco spazio a disposizione, incastrare un'idea migliore non era semplice
.
Al volo qualche sparata (non) a casaccio sul bersaglio cartaceo. Mi soffermo solo sulle prime due storie per dilazionare la vostra agonia. Per le altre ci saranno altre-quantiche occasioni di afflizione
.
[ovviamente ci sono
pesanti SPOILER... non alleggeritevi la lettura
]
ADDIO GROUCHOTesti:
6 ½ Disegni:
9Partenza fulminante da restarci secchi. La tavola iniziale a inizio volumetto è uno starter davvero appetitoso ed
in (pulchras)
medias res come pochi osano di questi tempi. Chapeau
.
Ma poi mi sembra che una certa atmosfera freddina prenda il sopravvento e sono costretto a rimettermelo, il cappello. Colpa mia, forse, se mi aspettavo qualcosa sulle tonalità de
Il Pianeta dei Morti di cui questa storia è un
Satellite Poco Vivo. Che Bilotta soffra davvero di alter-egoismo o di possessione da
ghost-writing tra una storia e l'altra, e a noi spetti scovare l'
Impostore come sulla Settimana enigmistica
Essendo un prequel fa un mero lavoro di ricucitura e ricostruzionismo, illustrando i perché, per-quando, per-chi, ma non provando ad innalzarsi oltre o a raggiungere le vette del suo sequel&predecessore
.
Bypassa tutta l'atmosfera di incubo fantapolitico
creata magistralmente nel primo episodio, per accontentarsi di una funzione da apologo per l'orrore a venire, molto semplificato, se non imborghesito, nel carattere della scrittura.
Il problema del suo essere
prequel, per me, non è qui tanto nel sapere già cosa succederà, quanto nel suo tradire lo stile del precedente.
Ripesca dei contetini-smi non necessari per riecheggiare l'attaccamento ai personaggi chiave della "saga" - parlo di Hicks e dell'Uomo dai Due Volti, non di Madame Trelkowski. E Bloch ce l’ha il certificato medico per giustificare l’assenza? - o per cercare una sorta di
continuity aggrappandosi a personaggi privi di carisma - parlo del Dottor Dormandy, che sbuca dai sotterranei con un tempismo chirurgico poco credibile
.
Buona l'angoscia di Dylan che corre contro il tempo, il suo senso dell'amicizia dylaniante, la pioggia
hardboiled iniziale, l'abbruttimento sbronzo dell'Old boy sul finire, e la ferocia del non-più-amico (fu) Groucho.
Davvero sconfortante, invece, l'uso ridondante della
Morte ridotta a macchietta di sé, che insiste e stra-insiste sul suo stato di disoccupata afflitta dal precariato. Oggi è anche la
Festa del Lavoratore (?) e questa Mietitrice allo sbando dell'interinalità mi sembra il colpo di grazia sullo stato zombesco del mercato del lavoro, poco fumettistico, ma di molti fumi
Sui disegni/colorazione non aggiungo nulla: senza dubbio eccellenti; oltre che dalla pagina iniziale sono rimasto colpito particolarmente dal corridojo di Dylan a pag. 16 e dalla decomposizione di Hicks
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Forse una sola (giustificabile) forzatura per l'ultima vignetta: nel giro di un anno il “futuro” sembra aver aggredito improvvisamente l’architettura di Londra che si riscopre di botto fantascientifica come scenario, chioschetti “già visti” a parte (v. pp. 3; 7.i e 21.ii).
LA BANDA MACULATATesti:
5 +Disegni :
7 ½ Titolo penoso per la storia più penosa dell’intero (quaterno al) lotto
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Comincio a pensare seriamente che Serra abbia qualche problema nell’ideare storie negli ultimi tempi, cameo dylaniati a parte.
Già come gestione partiamo male: in una storia breve
la metà delle pagine è ingolfata in retrospettiva dal racconto didascalico della cliente di turno, e questo toglie molto ai ritmi ed all’economia complessiva della narrazione/sceneggiatura. Dubito che Doyle avrebbe scritto così un racconto breve
.
Questo Dylan
gentleman vittoriano è un po’ troppo scafato e sicuro di sé per risultare simpatico.
Meglio Groucho-Watson che una volta tanto fa davvero l’assistente. Elementare, no, cari autori della serie… cosa aspettate a farlo pure voi ?
Dell’originalità del racconto (nel racconto) non mi farei un problema, certe volte anche i maestri devono sgarrare a ripetizione prima di trovare la strada giusta, ed il nostro Doyle sbaglia affidandosi prima a Craven Road che a Baker Street.
Il modo in cui viene organizzato tutto l’alone di mistero è ciò che invece affossa ogni premessa, perché sa più di quei romanzetti per adolescenti che scopiazzavano Salgari, e meno di roba alla Doyle. Non si capisce neanche tanto bene perché il serpentone si metta a sibilare per
un tot notti di fila quando bastava che aggredisse al primo colpo una delle sorelle Stoner e ciao eredità
.
La colorazione è azzeccata per il contesto, ed i disegni molto belli, soprattutto nella parte iniziale con quella cura certosina per i dettagli degli interni e tutta la ninnoleria
british colonial dei non-sbiaditi ricordi indiani.
Molto attraente anche la posatissima lady Stoner, che ha un neo in meno della sua gemella. Davvero un ottimo partito da impalmare a porche nozze. E poi io sono un fan dello Stoner(-rock) a partire dai
KYUSS .
Un errore (storico) da evitare è quell’ultima parte
sul bisogno radicale di razionalità e realismo da parte di Doyle e di chi pubblicava i suoi scritti.
Il papà di Sherlock Holmes non fu noto soltanto per i gialli investigativi. Durante la sua carriera compose decine di storie brevi ambientate nel territorio dell’incubo, dell’occulto o della fantascienza mysteriosa, e persino un saggio esoterico sulla spiritualità.
Cito solo tra i romanzi
The Lost World – sì, proprio quello dei dinosauri –
The Parasite, e
The Maracot Deep. Tra i racconti del brivido, a parte un pajo di raccolte, ci sono piccole perle come
Lot n° 249,
The Horror of the Heights, e
The Brown Hand. Non credo sia difficile procurarseli in italiano
.
ALOHA NICK OLIVIERI