#4 – Il fantasma di Anna Never (soggetto: Sclavi (4), sceneggiatura: Sclavi (4), disegni: Roi (1))
Altro albo delle prime volte questo #4. Innanzitutto è la prima volta per Anna Never, destinata a divenire personaggio ricorrente nella serie. Sclavi ce la presenta tanto bella quanto svampita, distratta e combina guai; un amore comunque “minore” per Dylan, nonostante i tentativi di renderlo più importante (vedi #77 e Speciale #19). La sua versione spettrale, in abito bianco, è apertamente ispirata ad Angelica del film di Bob Fosse “All that Jazz” di cui viene citata, non a caso, la colonna sonora con il brano “Bye Bye Life” (Dylan si dimostra dunque un ascoltatore di musica piuttosto onnivoro); così come Angelica per Joe, anche il fantasma di Anna rappresenta in qualche modo un angelo della morte per il co-protagonista di questo storia, l’attore in declino Guy Rogers. Debutta anche il Dottor Samuel Bronski, lo psichiatra specializzato in ipnosi che ritornerà ancora sporadicamente in alcune storie successive, prima di abbandonare la serie, in maniera piuttosto sorprendente, nel # 113. Altre prime volte riguardano ancora la caratterizzazione di Dylan: si professa apertamente astemio, ma non ancora ex-alcolista, nonostante i problemi di Guy con la bottiglia si prestassero a farne cenno; afferma che suo padre era un medium e avverte una strana sensazione, non soprannaturale ma quasi, che altro non è che la prima manifestazione di quello che verrà poi definito “quinto senso e mezzo”. E’ inoltre la prima occasione in cui si lagna della povertà causata dalla scarsezza di clientela; si professa anche non superstizioso, ignorando, a torto, per il secondo albo di fila (l’aveva già fatto nel #3) il risultato del lancio della moneta. E’ anche la prima volta in cui Sclavi affronta due temi a lui molto cari: quello dell’alcolismo e la teoria multidimensionale (qui solo abbozzata) degli universi paralleli che troverà la sua sublimazione in Storia di Nessuno. E’ soprattutto la prima volta per uno dei disegnatori più amati della serie: Corrado Roi. Esordio assolutamente convincente, grazie alla sua capacità di ammantare la storia, in tema con il titolo, di un’atmosfera spettrale (il fantasma dallo sguardo triste di Anna, Groucho mascherato da Morte) e sepolcrale (la finta resurrezione al cimitero, il funerale con il carro funebre a cavallo). Bravissimo anche a rendere somatica la follia di Guy. E’ evidente che la ghost story è nel suo DNA e, pur ancora acerbo, il livello è già alto. Suggestiva l’ambientazione gotica della copertina di Villa, in cui Dylan sembra sul punto di affrontare il fantasma del titolo, apparentemente (non sarà così infatti nell’albo) minaccioso. Il soggetto di Sclavi si rifà esplicitamente al romanzo di Richard Matheson “Io sono Helen Driscoll” (“A stir of echoes” del 1958, che ha goduto di una libera trasposizione cinematografica molti anni più tardi con “Echi Mortali” valido thriller con protagonista Kevin Bacon). Entrambe le storie narrano di un uomo che, dopo essere stato sottoposto a ipnosi, comincia ad avere visioni dello spettro di una sconosciuta. Il Tiz però va a parere da tutt’altra parte rispetto a Matheson, scegliendo la strada della follia per il malcapitato Guy che ad un certo punto non riuscirà a distinguere realtà e finzione con effetti decisamente più nefasti (per lui) di quelli che si verificheranno in Grand Guignol (altro albo che gioca, molto più ironicamente, sulla confusione tra i due piani). Il compito di stemperare i toni è ancora una volta affidato a un Groucho in splendida forma che già ne combina di tutti i colori agli Studios (dove afferma di aver lavorato in passato), per poi esibirsi in una lunga sequela di battute, verso cui aumenta l’avversione (non solo dyniata) in quanto vecchie e ripetitive (non a caso viene ripetuto lo sketch di “Pinco Pallino”, usato il mese prima nel #3). Notevoli sprazzi horror sono: l’ incubo di Guy con la testa di Anna mozzata, la prima scena del film gotic-horror e, soprattutto, l’attacco del pipistrello. D’effetto anche il twist finale con lo spettro di Guy back in action e la frase che mi ha sempre ricordato, in qualche modo, quella conclusiva di …E tu vivrai nel terrore! L’Aldilà di Lucio Fulci che recitava: “E ora affronterai il mare delle tenebre, e ciò che in esso vi è di esplorabile”. Le uniche cose che non mi convincono in pieno sono un Dylan un filo troppo brusco e cinico, quasi antipatico, nei confronti di un amico/conoscente ventennale e il super-pugno finale che scaraventa quest’ultimo fuori dalla finestra.
Curiosità: Dylan definisce veliero quello che da lì in poi sarà sempre “il galeone”; afferma inoltre di averci messo quattro mesi a costruirlo, quasi come avesse cominciato a costruirlo solo dal #1! Nessuna apparente o presunta parentela tra Anna e Nathan Never!
BODYCOUNT: 1
TIMBRATURA: Sì (1: Anna)
CITAZIONE: “Hai affrontato un lungo viaggio per arrivare fin qui.. Ma il cammino che hai ancora davanti è ben più lungo e tremendo.. Qui finisce la tua vita, e comincia.. L’orrore!”
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