rimatt ha scritto:
Ammetto che Marzano mi è simpatico: perché si vede che ci prova sempre, ci mette passione e mestiere, si dà da fare. Poi non sempre i risultati sono eclatanti, ma ribadisco che si tratta di un autore che ho sempre tollerato e che non mi ha mai fatto patire come i vari Di Gregorio e Gualdoni; un autore, quindi, che è quantomeno riuscito nell'impresa di essere al peggio mediocre e mai dannoso (il che non è molto, va da sé: ma in questi tempi magri è già qualcosa).
Questa è una storia "alla Marzano", di quelle cioè che costituiscono la maggior parte della sua produzione: da sufficienza abbondante, scritta con mestiere e abbastanza gradevole alla lettura ma non memorabile. C'è un passabile spunto iniziale, c'è uno sviluppo dignitoso e corretto della trama, c'è una discreta caratterizzazione dei personaggi (fermo restando che Groucho continua a essere sottoutilizzato) e c'è un minimo di brillantezza che rende complessivamente scorrevole la sceneggiatura. Siamo in piena medietà (che non è mediocrità, lo specifico) "marzaniana", quindi: il che vuol dire che la storia si lascia leggere, non fa danni e, se anche non si incide nella memoria, si ricorda con un minimo di piacere. Per dire che - nonostante i bauli delle meraviglie e le affezionate clientele - non è certo Marzano l'autore che ha affossato la testata, anzi, con le sue storie ha fatto quel che ha potuto per tenerla a galla: trovo ingiusto paragonarlo a D(G)&G, che invece di disastri ne han fatto più d'uno. Buoni i disegni: Rinaldi non mi piace molto, ma non ho grossi appunti da fare al suo lavoro. Giusto qualche postura un po' rigida, forse, ma niente di troppo rilevante.
Peraltro, che in Dylan Dog ci sia qualche problemino redazionale che non semplifica a vita agli autori è stato impietosamente confermato dalla storia di due mesi fa, L'impostore: lo stesso Bilotta che per Le storie ha realizzato - con Il lato oscuro della luna - un autentico capolavoro si è esibito per Dylan in una prova scialba e incolore, arrivando alla sufficienza di puro mestiere. Non voglio certo dare tutte le colpe al curatore di testata, ma a leggere - lo stesso mese, oltretutto! - due albi così diversi e a rendersi conto che sono opera dello stesso sceneggiatore qualche sospetto viene.
Commento come sempre perfetto, nulla da dire. Disquisisco solo sulla considerazione finale:
certo, leggendo "Il Lato Oscuro della Luna" e "L'impostare" pare davvero di trovarsi di fronte a due autori diversi.
Ma credo che un poco questo sia anche "colpa" di Dylan Dog. Ormai ha una serie di paletti narrativi fissi, degli schemi che devi rispettare e che ti costringono ad impostare la storia in un certo modo. Penso che le cose più interessanti arriveranno dal prossimo Fest, tnt per dire, ove pare che tutti questi schemi salteranno definitivamente per dar sfogo ad una narrazione più libera.