Uhmmm... Sono tentato di dare 6.
Ma ho il sospetto che il voto positivo dipenda soprattutto dal fatto che quest'albo pare oro se si è reduci dalla lettura dell'orrido
Blacky.
seguono
S
P
O
I
L
E
R
Bilotta ha messo da parte le velleità poetico/letterarie sfoggiate ne
Il cammino della vita, che a dispetto della pretenziosità era solo l'ennesima rilettura della "sindrome del Mostro di Frankenstein" (la creatura emarginata per il suo aspetto e destinata a una triste fine). Roba già trattata sulle pagine di Dyd dozzine di volte.
Qui tutto è più diretto e più semplice. Bilotta punta a intrattenere, senza la pretesa di fare della filosofia.
Ci riesce?
'Nsomma...
L'inizio è curioso, anche se il tema del "doppio" non è certo nuovo (strano che Bilotta citi
Riflessi di morte... Avrei trovato molto più appropriato
L'inquilino del terzo piano). Però è un incipit ingannevole, in pratica serve solo come pretesto per tirare in ballo Dylan, altrimenti al suo posto avrebbe potuto esserci un qualsiasi investigatore.
Infatti dopo una dozzina di pagine l'albo imbocca il tragitto della classicissima
detection. Un semplice giallo, insomma, anche se più riflessivo che d'azione. Tutto è finalizzato alla scoperta del colpevole da smascherare - alla lettera, dato che il tizio indossa una maschera stile Diabolik!
Come giallo, oggettivamente, non è il massimo.
Il colpevole -è già stato ampiamente rilevato- si indovina subito. Bilotta prova a confondere le acque inserendo qualche red herring che "fa il matto", ma è difficile che i lettori abbocchino. Nel complesso, la detection non suscita molta suspense e i personaggi sono poco interessanti, funzionali alla vicenda.
Un po' troppa verbosità nei dialoghi, ma ormai credo che sia la redazione a imporre un tot di balloon per tavola.
Divertente il finale, anche se poco credibile.
Mari è sempre più normalizzato. Anche in questo credo che ci siano direttive dall'alto. Peccato, perchè il suo tratto, comunque incisivo, dà veramente il massimo quando può sbizzarrirsi in chiave espressionista.