Cravenroad7

curato con il curaro....in pratica un prete avvelenato.

Devo dire che questa nuova collana mi sta piacendo parecchio. Per ora tutte e tre le storie mi hanno divertito e appassionato molto.
Ecco forse quest'ultima delle tre era quella più scarsa però un buono glielo darei comunque. Ho amato più di tutti il boia "barbatiano" , forse perché mi è caro il tema del patibolo, forse per la giusta dose di macabro, forse perché i disegni di Casertano si sposano alla perfezione col tema, chi lo sa. Fatto sta che l'ho adorata!

O forse perché era scritta molto meglio delle altre?

Beh anche ... devo dire che sul discorso scrittura anche "La redenzione del samurai" è stata una piacevolissima lettura!
Forse un po' retorica ma l'argomento spingeva molto in quella direzione. E poi la retorica da samurai è sempre gradita

Non direi, Triss, "La redenzione" è probabilmente migliore a livello TECNICO. E grazie al mio Time Runner ho verificato che ci sono sceneggiature ancora più strabilianti con l'andare della serie!

A livello di intreccio, preferisco la prima e la terza. Sarà che, a livello concettuale, non amo molto le saghe samurai ( a parte Kill Bill, ma quella era estremizzazione pura...) ma non mi parso nulla di trascendentale, disegni a parte che erano magnifici.

il secondo numero vanta un unità spazio-tempo granitica, non si serve di didascalie e malgrado ciò racconta con tratti essenziali ma incisivi l'anima dei personaggi, rispetta lo spirito del tempo che racconta e dà tanto bene la voce ai tre interpreti principali del racconto che esso è guardabile da tre ottiche differenti e parimenti valide: racconto di formazione e crescita (il giovane), storia di rivalsa e morte con onore (il maestro), romanzo di resistenza (Ichi).

Sì è vero riesce a raccontare con uno stile minimale un intero mondo e un intera filosofia di vita. E la forza sta nel fatto riesce a farti entrare perfettamente in quel tipo di mentalità e atmosfera. Però la prima mi è piaciuta di più, sarà, come ho detto prima, per gusto personale. In ogni caso mi sembrava comunque scritta bene. Per riassumere direi che la prima mi ha toccato per il tema e la storia. La seconda più per la messa in scena.

Le didascalie presenti nel terzo racconto de "Le Storie" possono risultare noiose, ma immergono l'albo in una concezione classica stile racconti di Salgari. E sono anche necessarie, visto che il tipo di ambientazione è certamente meno popolare di quella del medioevo nipponico.
Detto ciò, non nego che anche la storia di Recchioni sia buona. Secondo il mio parere personale, riesuma i soliti cliché, ma è inevitabile vista l'ambientazione.
Vi sono però delle incongruenze che sono state già fatte notare, e che non la elevano a capolavoro ( IMO ).

Arrivo con un po' di ritardo, anzi con molto ritardo visto che fra poco esce già il quarto (e non vedo l'ora... Ambrosini! ), a commentare La rivolta dei Sepoy.

Beh, mi unisco ai complimenti. La serie continua a mantenere una qualità notevole. De Nardo è riuscito a farmi appassionare a una storia che, sulla carta, mi diceva poco. Visto che ho letto ne parlavate qualche pagina fa, io personalmente ho trovato ottima la scelta delle didascalie, non appesantiscono la lettura, ma al contrario sono un comodo e azzeccato volta pagina, perfetto per questo tipo di storia. Notevole anche il modo in cui si racconta prima del ragazzo e poi del padre, usando l'agguato violento come spartiacque, per poi nel finale, chiudere il cerchio. Fra l'altro nota di merito all'ultima pagina, spietata.

Brindisi impeccabile.

Dei tre usciti, al momento, questo si prende il terzo posto, ma solo perché la Barbato e Recchioni hanno scritto due storie incredibilmente belle, oltre che più nelle mie corde.

La retorica del samurai è il suo bushido.
E a me il bushido del RRobe in questo caso è piaciuto parecchio, a livello di sceneggiatura e pregnanza sul personaggio. Un codice d'onore niente male...quanto a scrittura.

Le didascalie di De Nardo non sono così eccessive se si pensa che l'intera storia è modulata a pieno titolo sulla linea romanzata di un historical novel ottocentesco . Ed anche in questo consiste il suo fascino "storico"...senza farsi documentario

ALOHA MONPRACEM

Sono due storie molto diverse tra loro. La prima ha uno spessore simbolico e un carico di significati metaforici (questo tanto per ribadire quanto inutile sia la ricerca di verosimiglianza storica in un racconto del genere) che ne fanno un piccolo capolavoro; la seconda, invece, grazie al suo stile asciutto (meno male, non se ne poteva più di dialoghi cool e tamarri ad ogni piè sospinto) e diretto, racconta con rapidità ed efficacia personaggi, situazioni e azione. Tanto più riflessiva e profonda è la prima, quanto più rapida e diretta è la seconda. E vi sono anche punti di contatto: nessuna delle due racconta la Storia in quanto tale e neppure persone vere: ognuna mette in scena figure, maschere e icone. Là dove però la prima opta per la riflessione, la seconda sceglie l'immediatezza.
I risultati sono entrambi validi. Ma "Il boia" ha il valore aggiunto di non esaurirsi alla prima lettura offrendo spunti polisemici.

In questo caso, mi fido sulla parola!

La collana merita ogni successo che potrà raccogliere, se continuerà a confermare l'eccellenza finora mostrata. Dei sepoy mi è piaciuto il tentativo di attingere da una pagina storica in occidente poco conosciuta o approfondita (come del resto gran parte della storia indiana), anche se per quanto mi riguarda rimane un passo sotto al boia e uno sopra ai samurai. Richard Donovan fatica a bucare la pagina, cosa in cui - senza arrivare alla sopraffina caratterizzazione di Sanson nel primo - gli era superiore anche Jubei nel secondo. Il personaggio del figlio viene coinvolto in una romance che figura come banale espediente, superficiale innesco degli eventi. Ottimi invece i climax nel crescendo finale e la chiusura è praticamente perfetta (essenziali a tal proposito le didascalie). Ancora una volta stupisce la ricercatezza per il dettaglio; è evidente il grande lavoro di ricerca operato dagli autori. Nel prossimo ci sarà l'incognita Ruju, anche se l'ambientazione cubana potrebbe contribuire a soprassedere su eventuali mancanze di scrittura. Piuttosto aspetto al varco, con un po' di timore, la storia di Gualdoni a tema zombi.

Se la storia di Gualdoni sui morti viventi si rivelerà essere molto horror (e molto splatter?) avremo conferma di quanto agli autori sia richiesto di "stare abbottonati" in altre sedi...

servono altre conferme?. spero che gli zombi non siano ancora evoluti in pensanti altrimenti siamo rovinati.