Cyber Dylan ha scritto:
La crisi del fumetto è più o meno globale. Vuoi per motivi economici, vuoi per effettiva carenza d'idee, siamo lontani dai fasti degli anni '80.
Scusa Cyber, prendo spunto da questo tuo intervento per allargare un po' il discorso.
Restando dalle nostre parti, negli anni '80, si parlava già di crisi del fumetto. Ovviamente, i numeri erano ben diversi da quelli attuali, ma le testate avevano perso migliaia di unità rispetto ai fasti degli anni '70, cioè quando Tex raggiunse l'apice delle vendite (secondo i dati diffusi all'epoca, si dice che si aggirasse intorno alle 6/700.000 copie al netto delle varie ristampe); e diversi esperimenti editoriali erano falliti (vedi Bella&Bronco). Fu proprio il successo inaspettato della creatura sclaviana a rilanciare il medium di Casa Bonelli. Come sappiamo, Dylan Dog sbarcò nelle edicole a settembre del 1986 e il suo successo non fu certo immediato, anche se la testata fu caratterizzata da una crescita costante che culminò, nella prima metà degli anni '90, nelle straordinarie cifre che conosciamo: 5/600.000 copie al netto delle ristampe. E Tex era praticamente il secondo in classifica (300.000/350.000 copie?). Dunque, nella prima metà degli anni '90, quando il fumetto aveva concorrenti del tutto ragguardevoli, come la televisione e i videogiochi, la sua diffusione fu tra le più alte di sempre: si ritornò, insomma, alle cifre del Tex di Bonelli padre.
Per ovvie ragioni, il mio discorso è un po' semplificato; ma per chi volesse conoscere più approfonditamente la situazione di quegli anni, questo articolo mi sembra molto valido:
http://www.ubcfumetti.com/mag/inizio80.htmCita:
Mi sa proprio di no... sebbene si è stato un grosso successo in termini di profitti... ma numeri cosi esplosivi non credo proprio...
Più che altro è stato il venduto complessivo ad essere molto alto.
@N.6: Mi permetto di risponderti su alcuni punti:
Cita:
Il calo di vendite per me è dovuto a tre fattori concomitanti: il fatto che in generale si venda meno,
Negli anni '80, prima dell'avvento di DD, si vendeva meno degli anni passati. Le cifre erano certamente superiori a quelle attuali, ma la crisi era conclamata. Oggi si vende meno perché nel corso delle decadi, la Bonelli ha perso un'enormità di lettori. Le motivazioni? Strategie fallimentari, pubblicazioni senza successo con conseguenti perdite economiche, gestione delle singole testate spesso all'acqua di rose, qualità narrativa dei vari prodotti spesso ingiustificatamente ridimensionata, e via discorrendo. È ovvio che, a questo punto, oltre a doversi accontentare di un venduto molto più ridotto, anche i media concorrenti diventano un serio problema, perché quando hai perso lettori, difficilmente questi torneranno a cercarti e, con molta probabilità, cercheranno lo svago altrove. Ma non è tutto. Nella civiltà dell'immagine e dell'informazione, la Bonelli continua a promuovere scarsamente i propri prodotti al di là del parco lettori già a sua disposizione. Spesso, la gente non compra semplicemente perché non è stata informata. Un esempio? Vedi il lancio di Saguaro. Nonostante la riproposizione dei vecchi moduli narrativi che risulta quantomeno anacronistica agli occhi di un lettore moderno, Saguaro non ha goduto di un buon tam-tam pubblicitario. Alla fine, siamo sempre noi della cerchia a comprarlo. Nel Terzo Millennio, per un'azienda, non è più pensabile vivere senza aprirsi al mondo esterno e sfruttarne i canali. Anche il ritardo nella pubblicazione in digitale è sintomo di questa chiusura eccessiva.
Cita:
l'abbandono di Sclavi (se fosse rimasto, anche solo come curatore, forse la perdita sarebbe stata minore, in quanto Dylan Dog era una serie profondamente legata alla personalità del suo creatore e più difficilmente gestibile da altri)
L'abbandono dello Sclavi scrittore ha certamente pesato. E molto di più la sua crisi creativa, che ha avuto effetti negativi sulla testata. Riguardo al legame con il personaggio, potrei dirti la stessa cosa delle altre testate storiche Bonelli. Non è affatto vero che *solo* Sclavi fosse legato alla sua creatura o che lo fosse in maniera più profonda di tanti altri. G.L. Bonelli era legatissimo a Tex e vi ha riversato tutto sé stesso, così come Castelli su Martin Mystère, Nolitta su Mister No ecc.
E poi, sei davvero convinto che lo Sclavi curatore sia stato tanto impeccabile? Ti ricordo che i numeri celebrativi vengono sempre scritti sotto la sua supervisione e, a quanto si sa, è lui a dare la traccia. Per esempio, tanto per dirne una: nel Ventennale, la dipartita di Xabaras è stata una sua idea. Un po' come se su Tex si eliminasse Mefisto o su Diabolik si scavasse la fossa a Ginko. Ovviamente, con i dovuti distinguo. Xabaras appariva di rado, ma la sua presenza aleggiava sempre sul personaggio ed era intrinsecamente legato alla testata. È stata una scelta felice? Perché, oggi, alcuni sceneggiatori sentono la mancanza di un cattivo fisso sulla testata? E potrei aggiungere anche il fatto che per anni la Barbato ha massacrato le coordinate psicologiche del personaggio senza che lui, sotto la veste di direttore generale, si sia mai opposto. Lui, che è il creatore del personaggio e che dovrebbe conoscerlo alla perfezione.
E sempre lui, appunto, ha permesso che venisse scritto un Ventennale totalmente snaturante per la testata. A mio avviso, in questi anni, Sclavi ha pesato eccome come "curatore" e "ideatore" della testata, ma in senso negativo!
Cita:
e la decisione della Bonelli di annacquare i toni horror della serie (che comunque ha delle motivazioni, anche se Sergio Bonelli in realtà li giudicava eccessivi fin dall'inizio e quindi non stupisce sia arrivato a farlo).
Esistono motivazioni per ogni cosa che è avvenuta in Bonelli, ciò non toglie che, insieme alla scelta di cancellare i "siparietti erotici" delle origini, è stata una scelta molto discutibile e senz'altro dannosa.
Cita:
Semplicemente, trovo assurde certe considerazioni di chi è convinto che con una gestione diversa Dylan sarebbe comunque ai fasti di vendite del passato e che le colpe siano solo ed esclusivamente gestionali. Pensarlo vuol dire essere slegati dalla realtà, basta guardarsi attorno un po' meglio per capirlo.
Nessuno, mi pare, abbia detto che con una gestione diversa Dylan avrebbe continuato a vendere le stesse cifre del suo glorioso passato. Esse dipendevano anche dalla moda, e molti, si sa, avrebbero abbandonato con il tempo- come di fatto è avvenuto. Ma questo non avrebbe certo costituito un problema tale da parlare di tracollo delle vendite.
Un curatela serie, inoltre, tiene conto che un personaggio seriale deve anche aggiornarsi con i tempi, proporre esperimenti e mai adagiarsi su sé stesso. Cose che vanno fatte, naturalmente, nel rispetto della tradizione. Non è che lanci un prodotto che ha uno straordinario riscontro di pubblico e poi lo rinnovi per 'sottrazione', come è stato fatto in quasi un quindicennio di vita editoriale, definendo questi interventi come naturale evoluzione della testata; oppure dormendo sugli allori perché tanto il personaggio è codificato e non c'è altro da fare.
Cita:
Poi, ultimamente ho l'impressione che come curatore Gualdoni stia facendo delle mosse giuste, nel senso che pur non essendoci un ritorno in pompa magna dello splatter, almeno le storie sembra che stiano tornando sui temi horror, dopo un lungo periodo in cui sembrava aver prima affiancato e poi sostituito Nick Raider come serie gialla in casa Bonelli, e se all'epoca in cui impazzava Ruju trovavo tante storie noiose e illeggibili, oggi al limite alcune sono un po' vuote di contenuti, ma comunque di maggiore leggibilità.
Quindi, non fucilatemi, ma a me attualmente Dylan sembra in fase di miglioramento rispetto a qualche anno fa, pur essendo ancora lontano dai fasti passati.
Per carità, niente fucilazione, ma solo argomenti, informazioni e sana persuasione dialettica.
Come facilmente intuirai, sono del tutto in disaccordo sulle tue valutazioni sull'attuale gestione gualdoniana. Un esempio: l'ultimo suo numero, "I segni della fine", è imbarazzante persino da un punto di vista meramente tecnico; solo il peggio Nizzi su Tex era riuscito a toccare un tale punto basso. E poi, il ritorno al passato gualdoniano assomiglia ad un ripiegamento: si guarda agli anni '80 nel tentativo di ricalcare tutti i cliché, richiamando personaggi "dimenticati", al solo scopo di strizzar l'occhio ai fan di vecchia data. Non c'è, in sostanza, la volontà di guardare al passato per riappropriarsi delle coordinate narrative della testata aggiornarndola al 2012. Prova ne sia, ad esempio, l'accenno anacronistico e "fuori tempo massimo" del poliziotto nell'incipit de "I segni della fine" ai fumetti horror che traviano i giovani e le loro menti. Ripeto: Gualdoni guarda agli '80. Si aggiunga a questo lo scarso spessore delle storie in cui viene messo in atto questo 'recupero' e il gioco è fatto.
E, no, neppure come curatore è il massimo: il livello di bassezza toccato ne "La testa del killer" è ancora vivido nella mia mente, errori grammaticali inclusi; per non parlare poi dell'infelice scelta di 'allontanare' Medda, Barbato e Recchiono e lasciare al timone se stesso, Di Gregorio e Marzano, che, quantunque siano artigiani che possono piazzarti ogni tanto la buona storia, non possono reggerti, a lungo termine, una testata dal passato glorioso qual è DD.