Essì che sono rimasto sorpreso quando il tamburino ha rullato il nome di Angelone in grancassa da sceneggiatore…ma considerati i bonghetti in pelle d’asino che si accaparrano di questi tempi la scrittura dei testi su Dylan, uno come lui gode (istintivamente, per me) di una sorta di fiducia ad occhi bendati, vuoi per l’esperienza ultra-ventennale, per il feeling innegabile col personaggio, o per tutto il sudore dedicatogli con fedele passione
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E infatti questo è stato uno dei rari casi in cui l’istinto non ha ciccato sgommando, ma è stato corrisposto dai risultati: davvero una bella storia, accortamente semplice e complessa allo stesso tempo, (di-)segnata da uno spirito molto più genuinamente dylaniesco di quanto visto per zampa altrui.
Uno che ne capisce e lascia capire di essere a capo dei capisaldi della testata
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Poi, si sa, non si può pretendere da subito un capolavoro..ma per essere un semi-esordio si presenta confezionato in modo convincente&godibile, anche se molte cose potevano essere migliorate qua e là, certe zone d’ombra non sfociano nelle tenebre come meriterebbero, e le manomissioni da parte della redazione disturbante/masturbante (v.
etimo) cercano in tutti i modi di appiattirla verso il mediocrismo di routine attuale
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Una sferruzzatina al bisturi, per quanto in uno scheletro ci sia poca carne da incidere…ma qui la storia è tutt’altro che scheletrica e su qualche livello incide:
**** **** **** ****SPOILER SPOILER SPOILER Per dimostrare che tira più una mostra fiamminga che un carro di peli pubici, all’inizio della storia Dylan si lascia anche stavolta trascinare (da una donna, appunto) in un’iniziativa culturale che lo vede gongolare a pelle – e palle, scese – dall’entusiasmo. Insomma, pensa che sia una pizza, e per corto circuito mentale la pizza si materializza nei suoi desideri più urgenti, assieme al cinemino d’
essai di prassi
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Si può obiettare che questa scenetta sia fatua e scioccherella, però le va riconosciuto il merito di non barbosarsi come Gualdo ha fatto in altro museo solo pochi mesi fa, e di rintuzzare la vena da sit-com con un certo brio che non guasta.
La pittura fiamminga fa il resto, ma io sono di parte in quanto estimatore, ed andrei ad una mostra anche se mi toccasse di accompagnarci la Minetti, che di fiam-minkiate se ne intende
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Moheena ha la sua crisi da Sindrome di Balzac davanti a cotanta arte – infatti ci vomita su
– e Dylan si incuriosisce come solito al “caso-umano” visto che la tipa parla anche di mostri ed apparizioni: uno strappo a casa non glielo toglie nessuno, in pratica.
Davvero molto belle le vignette di p.13 sotto la pioggia in cui naufraga Londra, molto meno bello il pezzo sui giovinastri e le loro accuse contro “la diversa-menagrama-stregaccia”. A conti fatti sono loro lo zoccolo più debole di tutta la sceneggiatura quanto a cadute di logica e stile, ma ne parlerò più avanti… - a ricordaselo
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Tra l’altro Stano deve aver sviluppato una sorta di avversione personale per il capellone in giubbotto di pelle (p. 16.iii, a sinistra) visto che lo tratteggia come farebbe il Dall’Agnol attuale sotto effetto barbiturici.
Rabbia e terrore si dipingono bene nel volto di Moheena in questa parte, specialmente quando dipinge lei, col sangue agli occhi, il sangue di chi vuole vedere accoppato.
Nel solajo cova l’orrore, ed io la posso capire bene perché ho vissuto un pajo di settimane in un posto del genere, con la schiena ricurva, le infiltrazioni (o il solleone), e vi assicuro che anch’io avrei voluto che qualcuno finisse sulla tela nera dei morituri. L’affittacamere
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Ancora gran qualità nelle tavole di Stano che ritraggono la pioggia raggrumarsi sulla finestra fino a farsi pittura di sangue, o lo scheletro mietitore che da questa prende forma (pp. 19-21).
Meno accurate le tavole dell’incidente del modello bullo-centauro, che evidentemente si merita una testa in meno sulle spalle…dato che non ne aveva già dimostrata molta lasciando senza casco la sua squinzia a zonzo su due ruote.
Ma forse proprio lui dovrebbe prendere la ghigliottina col sorriso, perché Moheena, in quella galeotta sessione di posa, poteva distrattamente amputargli ben altro che la testa, essendo il caro John mediamente nudo e lei mediamente magnetizzata
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Due strane chicche made in Stano nel frattempo: nella pagina giornale con la notizia della morte di Tory appare uno strano articolo sulla conservazione di manoscritti/illustrazioni antiche tra British Library e Bodleian (p. 23.iii)…mentre la poltrona di Dylan, dopo la fuga di Moheena, pare posseduta da una manciata di “EFFE” in trapunta abusiva (p. 30.v). Uno sfregio artistico da parte della ragazzetta, forse? E chi la paga la poi la tappezzeria
Dopo le perplessità di norma è quindi arrivato il momento di calarsi nelle indagini.
Bloch risponde al telefono e poi all’appello nel college, ma in questa fase (pp. 29-41) il ritmo si impantana un po’ troppo nel “rilento” per ricostruire il background da cui proviene Moheena ed il setting con cui interagisce ultimamente.
Vagamente brendoniana la storiella (fasulla) del lanciatore di coltelli, svagatamente incompetente e boccalonica l’assistente sociale che se le beve tutta d’un fiato da kissàquantanni, ubriacando anche gli altri con questa versione strampalata in aria dall’inconscio della ragazza
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Anche Dylan ha la sua crisi di nausea emicranica davanti ad un disegno ammorbante, mentre non si capisce bene a che gioco giochi la cara Ellen che prima fa di tutto per nascondere Moheena da Dylan (p. 37.v e 41.i), quando poi gliela consegna dopo la campanella per delucidazioni (p. 44). Una cosa è chiara: ha degli stranissimi boccoli da elfo che le si arrotolano attorno alle orecchie neanche fossero degli auricolari auto-avvolgibili (v. pp. 35-37 e tutte le altre con lei, direi)
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Media scena di sopruso adolescenziale subìto da Moheena in aula, e siamo così alla terza sfuriata a suon di pennellate. Questa volta lo scheletraccio finisce per perder la testa mentre fa fuori Oprofessò (oppressò-re), visto che si intromettono Dylan ed il Giullare funambolico. Dare a quest’ultimo un’arma meno dozzinale di una mazza da baseball non sarebbe stato male, visto il goticismo di spade, ossa e losanghe in serie
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Lo spaesamento di Dylan lo porta a smarrire il filo dei propri pensieri sotto la pioggia, mentre guida, e questo vorrebbe dire almeno quattro punti in meno sulla patentina se non ci fosse mammina a svegliarlo sul più brutto, davanti ad un tir in piena zona urbana.
Non trovo quindi qui tanto gratuito/decorativo l’inserimento di Morgana, un po’ perché il suo creatore Stano la maneggia sempre con una certa cura&rispetto trasognato, un po’ perché scopriremo dopo l’analogia tra le due guide “pericolose” di Dylan e del padre di Moheena, mentre gli scheletri nel passato di Morgana riempirebbero una cabina armadio tipo padiglione-fiera, e non compajono soltanto per omaggiare il titolo dell’albo. Con un marito così poi…
Da pag 55 la storia prosegue a doppio-frame con un certo dinamismo, ma senza grossi scossoni tematici. Dylan che indaga in giro (e poi accorre) mentre Moheena si caccia nelle mani di chi le dà la caccia (alla strega). Sulla fase Dylan nulla da ridire: buono che si porti brillantemente Groucho a rimorchio per spalleggiarlo, come buona la meschineria di zia Trudie, delicata come un trudino di Cesare Previti. A Stano basta un sola vignetta polaroidica per ritrarne lo squallore colante (p. 57.i)
Forse le manca solo un po’ di bon-tonneria nipponica per spiegare ai suoi ospiti che, va bene togliersi le scarpe per non insudiciare i pavimenti (appena lavati?), ma anche i calzini per rimanere con le fetecchie a piede libero (
lett.) mi sembra un po’ troppo ! (v. p.69).
Posso capire però se ci trovavamo in piena estate, o se per le entrate $ scarse Dylan&Groucho fossero rimasti così in mutande da averci rimesso pure i calzini.
Di questo passo tra un po’ li troveremo a frugare nei bidoni degli abiti usati. O qualche forumista provvederà a spedire gli avanzi del suo repertorio di scarti. Fetenza del feticismo…
Molto a segno i disegni urlati sulla parete di Moheena (p. 65), che inquietano come ogni incubo rimasto a galleggiare dall’infanzia
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Tornando a quello che non mi è piaciuto, la parte del leone (sdentato) la fanno i giovinastri del college, unico anello debilitante della storia.
Conciati come neanche nei telefilm degli anni ’80, studenti d’arte eppure dalla mentalità ottusa e reazionaria come dei Gesuiti del ‘600, tarati come bulletti teppistanti delle medie, ed in posa come per un servizio su Victoria’s Secret (p. 63.v), non depongono bene nell’economia del clou finale.
Per essere degli imbecilli fuori-dal-tempo riescono bene nella loro parte, come tutti quelli che si danno ai nazi-roghi di disegni, libri e spartiti. Ma tanta imbecillità sfocia nel gratuito quando il branco pensa di avvalersi di un tribunale autogestito per far fumare di rabbia Moheena ed impalarla alle sue colpe
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Che fossero tutti segretamente discepoli della zia Trudie? Da come parlano…almeno un seminario da due crediti l’hanno seguito con lei – ed il parallelo suona chiaro tra pp. 73 e 74.
Quando nella palestra sottoscala si scatena la furia schiumante di Moheena, anche Stano scatena quel po’ di caos tra fiamme e sangue che non guasta. E noi gradiamo.
Il sacrifico della strega si trasforma in un ecatombe da college-horror nel panico generale, anche se Ellen se la cava soltanto con un pajo di stivaloni in meno (p. 81), per la gioja dello scheletro feticista.
Instradato dal giullare/giocoliere Dylan arriva giusto in tempo per mettere in pericolo davvero la vita di Moheena (in combutta con Groucho per la bodeo che finirà tra le grinfie di Ciuffetto-Torquemada), che invece è salvata dallo stesso buffoncello in atto di sacrificio terminale. Una trave in testa e Moheena allenta la presa medianica del suo ESP, garantendoci il terzo crollo azzeratore dopo i numeri 313 e 314
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Senza dubbio molto evocative le vignette con gli scheletri alla riscossa (specie 76.i) o che si dissolvono (p. 90-iii), e molto Bruegheliana -
pace Enna, che in
Nel Segno del dolore, molto provincialescamente, sdoganava la mietitrice a cavallo come chicca esclusiva di una chiesa sicula – la cavalcata folle del mietitore verso le teste poco pensanti (pp. 86-87)
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Dopo tutto il marasma Dylan tenta di abbozzare una spiegazione ma fortunatamente non ci consegna nessuna ricostruzione pedantesca e lascia ancora molto cose nel dubbio del misterioso/occulto.
Forse Moheena è davvero maledetta dalla nascita, forse ha dei poteri speciali quando si tratta di esprimersi in modo artistico, forse il trauma cranico post-incidente ha amplificato oltre ai suoi dolori anche le sue doti, forse il tumore come ogni malattia le ha dischiuso altri orizzonti oscuri, forse…forse…forse…
Senza dubbio a tutto questo va aggiunto l’impatto strisciante del dipinto di Brueghel sul suo immaginario, anche se credo che i collegamenti alla tela siano da rinvenire soltanto dal secondo omicidio in poi (quello di Tory per inciso, perché il primo, quello di centuaro-John, precede la visita al museo, ed esclude lo scheletrame). Un cerchio arcano destinato a chiudersi col riemergere dei ricordi dell’infanzia pupazzesca davanti al
fool del quadro? Poesse
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Resta il fatto che per me il buffone rimane un’entità malvagia soltanto per chi è ostile a Moheena: in realtà si comporta come suo nume tutelare, la soccorre nel momento della zuffa, mette Dylan in allarme, si piglia una pallottola per salvarla e nel
controfinale chiaverottiano (
) si vendica per chiudere il conto con gli “aguzzini” di lei.
Normale quindi che Moheena lo associ per assimilazione inconscia alla figura paterna, anche per i connotati, nonostante la semi-complicità con la ragazza per l’episodio dell’incidente.
Non so voi, ma in questo ritorno del babbo-custode sovrannaturalizzato io ci ho visto qualche richiamo (involontario) a
L’uomo nero…ma per fortuna Stano non si mignacchizza e ci lascia una traccia molto più intrigante ed evoluta nelle suggestioni suggerite a margine.
Ed è davvero tanta grazia. Per cui ringrazio
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**** **** **** ****Largo ai numeri…abbastanza larghi, anche se per merito loro, e non per una manica scucitissma:
Soggetto:
6 ½ Non è che si distingua per qualcosa in particolare da altre storie con la solita ragazzina emarginata in preda a poteri incontrollabili, ma se non altro non scade nel tamarrismo da calco sfacciato occhieggiante agli aficionados
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Si poteva fare molto di più comunque, specialmente attorno al personaggio di Moheena ed al suo squilibrio vitalmente legato all’arte ed alle rappresentazioni visive in particolare…con quel sottofondo apocalittico/carnevalesco alla Brueghel lasciato un po’ in sordina solo per l’effetto-sorpresa finale.
Insomma, non dico una roba tipo
Jan Dix, ma insistere sul quel tipo di morbosità estetica che supera i secoli non sarebbe stato male.
E poi, proprio lui, Stano ne sa più di qualcosa quanto a vita per/nell’arte, in tutte le sue inquietudini
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L’atmosfera c’è, e le angosce (come i poteri) di Moheena sono resi in modo molto più semplice e convincente del melodrammarsi barocco/astratto di altre simil-eroine del genere – non ultima, la protagonista di
Io, il mostro.
Sceneggiatura:
7 ½Funziona, eccome, con una disinvoltura che denota tutt’altro che inesperienza
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Dialoghi fluidi senza appendici superflue od autistiche, personaggi
in character senza forzature per adeguarsi al qualunquismo di massima, e un Dylan asciutto senza fronzoli che non combina molto, ma quel poco lo fa credibilmente, come portarsi Groucho dietro dalla zia o nel college per lo scontro finale
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Il ritmo si avverte chiaramente, ed anche se dalla metà in poi compajono solo due sequenze (alternate: Dylan in giro, ragazzi in palestra) si districa con molta scioltezza mantenendo la tensione viva.
Unica nota negativa, come detto, la masnada di cciovinastri poco credibili e fatti col cartoncino, ma non è un difetto del solo Stano. Propongo a tutti gli autori di DD un buono volo tassativo per un tour a scopo documentativo tra licei e scuole britanniche per rifarsi un’idea della realtà da fumettare a stampa
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Le battute di Groucho sono abbastanza scarse, ma quella crudelissima sul frigo/letto dei single/sposati è davvero spassosa. Non vedo l’ora di giocarmela per beccarmi un ceffone
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Disegni:
8+Quello che mi è piaciuto in particolare l’ho già detto
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Parecchio azzeccata, tra le altre cose, la veste grafica di Moheena, a metà tra una Dolores O’ Riordan ringiovanita (p. 17.iv) e la svedesaccia di
Uomini che odiano le donne (p. 54).
Stano è un maestro ed io non lo discuto perché all’evidenza c’è poco da aggiungere.
Non raggiunge il suo Olimpo perché
L’Assassino è tra noi o anche
Anima Prigioniera sono mezzo gradino più su. Ma la scalata non finirà qui, credo
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Copertina:
7Partiamo dal titolo che la penalizza non poco
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Ma come sappiamo dietro il titolo così vagamente da “
Armata delle Tenebre” c’è tutta una politica redazionale volta ad adescare il lettore beota di turno (ma esisterà poi costui, o è solo un loro fantasma mentale?) semplificando ogni pretesa d’autore.
Tanto meglio poi se non c’era ancora nelle serie horror un titolo con la parola “scheletri”, ed il gioco è fatto. Accettato. A quando i “pipistrelli”
Per il resto ricorda molto
Il progetto per impostazione ed
Il Grande Sonno per le carcasse armate tra le fiamme.
Nel complesso buona, però il quadro-cardine di Brueghel Il Vecchio meritava quantomeno un cameo. C’era persino la sua torre nella copertina del n° 136…
**** **** ****Adesso vi lascio perché ho molta gente in casa per cena e sembrano tutti di buona forchetta/boccale.
Non mi ricordavo però di avere tanti amici tra Belgio ed Olanda…ed in costume d’epoca:
ALOHA FLANDERS