Un albo piatto, che già dal titolo impedisce la sospensione dell'incredulità. "La legione degli scheletri". Che paura! Diciamo la verità, se oggi mandassero al cinema un film con un titolo del genere, quanti di noi lo andrebbero a vedere? E lasciamo stare "L'armata delle tenebre": allora erano gli anni '90. Altri tempi. La copertina. Oltre ad essere quasi identica a quella de "Il progetto", si limita a suggerire che nella storia ci sarà un esercito di scheletri. Curiosità a mille. Un vero invito all'acquisto.
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La sorpresa è che quei quattro scheletri non sono affatto i protagonisti della storia, fanno solo una breve comparsa nel finale. Anzi, se dovessimo riassumere il plot di quest'albo in qualche rigo, gli scheletri neppure li menzioneremmo. In ogni caso, nonostante titolo e copertina, ho cercato di farmi coinvolgere dalla storia, se non altro per fiducia nei confronti di Stano [non avete idea: la prima cosa che ho fatto dopo l'acquisto dell'albo è stata fissare per qualche minuto il tamburino in seconda di copertina con il nome di Stano sotto la voce "Soggetto, sceneggiatura, disegni e copertina". Comprendetemi, sono manie da collezionisti]. Ma, ahimé, non c'è stato niente da fare. Sono stufo di leggere albi di Dylan Dog in cui: 1) ci sono ragazze che con i loro poteri paranormali prevedono e/o causano la morte di altre persone; 2) ci sono dipinti o disegni che prendono vita e ammazzano gente; 2) le situazioni di cui ai punti 1) e 2) sono evidenti già a pagina 15; 3) ci sono teppisti con la cresta e con un look che non andava di moda manco 20 anni fa; 4) compaiono a sproposito personaggi storici della serie (questa volta tocca a Morgana), giusto a mo' di marchetta; 5) ci sono protagonisti con un'infanzia difficile (magari resa ancora più difficile da zii/matrigne/patrigni) e quell'infanzia difficile è il motivo delle loro malefatte; 6) si annuncia l'apocalisse e arrivano orde di mostri parlanti che seminano morte e vengono bloccate dal pronto intervento di Dylan; 7) si cerca di nobilitare una storia anonima con un debole colpo di scena, magari comprensivo di citazione colta (già Di Gregorio, ne "Il vampiro dei colori", concludeva l'episodio svelando che la protagonista era in realtà il personaggio di un film muto).
Questa volta, poi, non c'è neppure lo "spiegone" finale (o per lo meno è più corto del solito). Non ce n'è bisogno, tanto è già tutto chiaro fin dalle prime pagine... In compenso (ma qui forse la responsabilità è di Gualdoni), le vignette prive di dialoghi si contano sulle dita di una mano e i balloon con i pensieri di Dylan dicono a parole ciò che le immagini già mostrano chiaramente (si veda, ad es., pagina 84). E meno male che testi e disegni sono dello stesso autore.
FINE SPOILER
Peccato. Da Stano (chi, a parte Sclavi, conosce Dylan Dog meglio di lui?) era lecito aspettarsi di più. Sì, è vero, c'è Gualdoni, c'è la censura, noi lettori non siamo più quelli di una volta, eccetera eccetera. Però, nonostante tutto, anche nell'ultimo anno abbiamo letto ottime storie come "Effetti collaterali" di Ambrosini, "L'assassino della porta accanto" di Accatino (un capolavoro) o "Il giudizio del corvo" di RRobe. L'albo del mese, invece, non si differenzia dalle tante (troppe) recenti gualdonate e marzanate, infatti, a dirla tutta, se nel tamburino, sotto la voce "Soggetto e sceneggiatura", avessi letto il nome di Gualdoni o quello di Marzano, non mi sarei neppure preso il fastidio di scrivere questa recensione.
Un saluto a tutti!
V.M. (vietato ai minori)
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