Gigante sulla sufficienza, direi da 6,5, senza picchi ma anche senza tonfi (tranne la prima storia breve, secondo me).
S
P
O
I
L
E
R
Il parassitaCavaletto elabora una storia che si squaderna in parte come spaccato sociologico e in parte come semplice 'mistero da risolvere'.
Il primo tema funziona meglio del secondo.
Come mistero non è esattamente il massimo, un po' perchè il soggetto è abusatissimo (una variante della "casa infestata", roba già vista decine di volte su Dylan Dog), un po' proprio per come la materia è sceneggiata.
Qualche
red herring troppo insistito... (la ragazza compare così spesso come 'mostro' nei sogni che si capisce subito che la colpevole non può essere lei: sarebbe davvero troppo facile!!!)
Un finale che Macbeth definirebbe "pieno di fragore e strepito, ma tutto sommato con ben poca sostanza"...
Un inutile sottofinale in stile anni '80....
Un problema serio è che Dylan si comporta come quello di
Tra moglie e marito (che pure era un albo sceneggiato da un'altra persona). All'inizio sembra voler affrontare la situazione di petto, tant'è che si trasferisce armi e bagagli, ma poi oggettivamente non fa
NULLA!
In pratica chiacchiera del più e del meno, si gode una vacanzuola da inquilino abusivo e aspetta che la situazione si evolva da sola.
Non fa nemmeno il minimo che ci si aspetterebbe da un investigatore di quart'ordine! Quando il custode gli parla di Anisachis, cosa costava a Dylan contattare Bloch e chiedergli se a lui risultava l'esistenza di un simile serial-killer o perlomeno di omicidi in serie di prostitute?!??!?!
Niente... Lui si beve il racconto del custode. 'Sarà vero o sarà falso? Boh, tanto io sono qui solo per farmi una vacanza'
La parte da "spaccato sociologico" funziona molto meglio. Mi permetto di segnalare i 3 personaggi meglio caratterizzati, a mio parere:
- il custode - benchè dipinto come un menefreghista, dimostra in più in occasione di interessarsi a quanto avviene nello stabile; non perchè sia un 'buono' sotto mentite spoglie, ma perchè scrittore (notazione azzeccata e originale). Qualsiasi scrittore parla della vita, e quindi è abituato a osservarla e, volente o nolente, a provare interesse per essa. Purtroppo a metà storia il custode esce di scena e, per quanto mi riguarda, la storia da lì in avanti perde progressivamente benzina.
- il proprietario - ottima l'idea di farne il 'colpevole' e il responsabile delle muffe. Dopotutto funghi e muffe per loro natura crescono su cose morte. E lui era morto (nel senso di "morto dentro") fin dall'inizio. Peccato che come personaggio rimanga un po' troppo sullo sfondo. Forse Cavaletto temeva che, a puntargli i riflettori addosso, si capisse troppo facilmente che era lui il colpevole. Scelta legittima, ma un po' di rimpianto resta.
- il commercialista - benchè appartenga a una categoria odiosa (e infatti Dylan lo piglia a cazzotti nel finale, non tanto per quel che ha fatto quanto per quel che rappresenta) non è mai antipatico. Forse perchè è l'unico che si preoccupa sinceramente per un'altra persona all'interno della storia; purtroppo anche lui, come il proprietario, ha poco spazio.
Gli altri personaggi sono stereotipi funzionali. La ragazza è la tipica damsel-in-distress, i tossici sono "il buono, il tonto e il cattivo"
e così via. Assolvono adeguatamente il compito di fornire al lettore un campionario di varia umanità, tipico delle storie 'catastrofiche'.
Baggi è un po' normalizzato rispetto ai suoi lavori più personali, ma rende la muffa e il senso di marciume e decomposizione in maniera egregia.
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Morte apparenteLeggendo questa storia ho 'sperato' che Gualdoni volesse realizzare qualcosa di paradossale e/o surreale. Perchè in chiave realistica è impossibile da mandar giù. Un tizio farcito di liquido per imbalsamazione che si rattoppa da solo chiede davvero TROPPO alla mia sospensione di incredulità!
Però a rileggerla non ho percepito atmosfere surreali, ma solo un realismo più o meno 'malato.
Non so davvero quali fossero gli intenti di Gualdoni, so solo che questa storia così com'è per me non funziona.
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La voce negataMarzano realizza una simpatica storia con una (onesta) mancanza di ambizioni che punta solo a intrattenere mantenendo alto e spedito il ritmo, con dialoghi vivaci e senza tempi morti.
Un netto miglioramento rispetto a
La affezionata clientela che, al di là della debolezza del soggetto, era lenta, noiosa e piena di tempi agonizzanti.
Il soggetto è trito e ritrito (la solita "vendetta dello sfigato" già assaggiata in molte salse), i personaggi buoni o cattivi a tutto tondo, senza sfumature (a parte, giustamente, il serial-killer). Ma la storia funziona e si legge volentieri. Anche se per mantenere alto il ritmo Marzano inserisce episodi collaterali che si incastrano poco col tema principale (il lavoratore clandestino murato) e crea un alone di mistero abbastanza gratuito.
Dopotutto l'identità del sensitivo non è importante. Questo non è un giallo in cui vengono forniti indizi e c'è un assassino da scoprire seguendo una pista logica. Il sensitivo poteva essere chiunque, magari un cane randagio che dormiva in cantina
, e il prescelto non ha più motivo degli altri di esserlo.
Comunque, ripeto la storia funziona, e fornisce un intrattenimento non disprezzabile. Il suo unico limite è che fornisce SOLO quello.
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Qualcuno sul fondoGualdoni ci ha preso davvero gusto a ripescare personaggi e soggetti del passato dylaniano. Forse un po' ci marcia, ma in una storia breve come questa non ho nulla da rimproverargli. Bello l'omaggio, belle le atmosfere, accettabile la caratterizzazione del protagonista (anche se in fondo si tratta dell'ennesimo 'sfigato di turno').