Ahi ahi ahi...
Non ci siamo.
Su 4 storie ce n'è una ottima (
Il bottone di madreperla) e tre trascurabili, quando non proprio brutte.
La media è negativa, e conferma la mia opinione che il Color Fest punta ormai solo a offrire un po' di modesto e innocuo intrattenimento.
Per chi ha voglia di leggere, seguono analisi articolate e
S
P
O
I
L
E
R
Quell'hotel sulla spiaggiaInnanzitutto, il soggetto è la centomiliardesima rilettura del racconto di Ambrose Bierce
Quel ponte sull'Owl Creek, rivisitato non so quante volte al cinema e alla televisione, con molteplici mutazioni nei dettagli 'secondari' ma con l'anima invariata.
E' un racconto tanto famoso e narrativamente potente che anche su Ken Parker è stato giustamente omaggiato da Berardi con una trasposizione letterale.
Questo per chiarire che il soggetto di Boselli non ha proprio
NULLA di 'originale'. Il tema dell'uomo che in punto di morte si salva miracolosamente e, dopo una breve avventura, scopre di non essersi salvato affatto e di aver vissuto solo un'illusione è tutta farina del sacco di Bierce. Diamo a Cesare quel che è di Cesare.
La mancanza di originalità non è necessariamente un difetto. L'horror spesso si è rivelato più efficace quando ha saputo rimescolare carte vecchie, e Sclavi lo ha dimostrato più volte rielaborando temi polverosi su cui innestare elementi nuovi capaci di trasformare radicalmente l'anima delle storie.
Ma non è purtroppo il caso di questa storia. La sua forza deriva tutta dall'idea di partenza (bierciana, ripeto). Gli elementi boselliani sono puramente 'accessori', poco approfonditi, intercambiabili.
Non c'era bisogno di ambientare la storia in un albergo. La vicenda poteva, ad esempio, svolgersi in una stazione, con Dylan che aspetta invano il treno che dovrebbe portarlo alla località di villeggiatura (e con l'altoparlante che annuncia continuamente ritardi su ritardi). -Tra parentesi, una stazione dove i treni non arrivano mai corrisponderebbe meglio al concetto di 'inferno' di un bell'alberghetto- E mentre Dylan aspetta, per passare il tempo conversa con gli altri gitanti (vittime di Shadow) in attesa del treno.
Anche i personaggi sono accessori superficiali. Al posto del vecchio colonnello si poteva mettere, chessò, un vecchio impiegato del catasto.
Pure l'identità dell'assassino è intercambiabile. Shadow poteva essere la ragazza con la treccia che, anzichè bruciata viva dai cavi scoperti, rimaneva impiccata perchè il cavo le si avvolgeva accidentalmente attorno al collo.
Insomma, il fascino di questa storia deriva tutto dall'idea di Bierce. Il resto è accessorio.
Belli i disegni di Luca Rossi, ma l'insieme non va oltre un po' di intrattenimento da 6 meno meno.
La tomba di ghiaccioE' una mia impressione, ma nello sfogliare le pagine di questa storia mi sono venuti in mente i "fotoromanzi Lancio"
con Dylan interpretato da Franco Gasparri o Riccardo Bonacchi...
Il tratto già fin troppo leccato e patinato di Freghieri, colorato in questo modo, con l'horror o anche solo con il thriller o il mystery, c'entra come i cavoli a colazione.
La storia, comunque, è di una banalità sconcertante. E i dialoghi -pure in stile fotoromanzo Lancio- non aiutano (
"Povera ragazza, doveva essere tremendamente sola" si colloca al secondo posto delle melensaggini dylaniane più insopportabili di sempre, battuta solo dall'inarrivabile
"Povera Millicent, non sono riuscito a salvarla").
Velo pietoso sulla riesumazione di un nemico di cui credo nessuno sentisse la mancanza.
Il finale è più assurdo che ridicolo. Tra 500 anni nel futuro tutto è in rovina TRANNE, guarda un po'!, proprio la bara criogenica in cui la ragazza riposava! Anzi no, funziona benissimo pure l'orologio posto convenientemente accanto alla bara!
E presumo funzionasse pure la macchinetta del caffè, anche se le vignette non la inquadrano...
Il bottone di madreperlaOttima storia.
A leggerla, si percepisce la differenza con la storia di Boselli.
"Là" tutto è superficiale e intercambiabile, "qui" no.
La protagonista poteva davvero essere solo un'anziana signora senza figli. Qui non si possono fare scambi con un eventuale impiegato del catasto...
E la storia poteva davvero svolgersi solo in una vecchia merceria, per l'atmosfera "antica" e allo stesso tempo familiare che evoca.
Il bello è che nella realtà le mercerie non esistono praticamente più da un pezzo, e anche quelle di una volta non erano certo enormi come quella raffigurata nei disegni. Eppure la Baraldi riesce a rendere quel negozio credibile e 'vivo', come un'entità a sè.
E' vero, come segnala Rimatt, che Dylan non è un personaggio obbligato. In fondo un qualsiasi giovanotto Mario Rossi poteva interpretare il ruolo del protagonista, ma si tratta di un peccatuccio veniale. L'atmosfera delicata e la sincera poesia emanate dalla storia sono vincenti.
Anime senza paceIl soggetto è banale.
Le
ghost-stories in cui sono descritti fatti strani in uno stabile, seguiti da un indagine con annessa scoperta dell'identità del fantasma e di quel che gli impedisce di 'riposare in pace', appartengono ai luoghi più comuni della storia dell'horror. Gualdoni cerca di rileggere l'argomento tirando in ballo gli alieni, e in effetti l'idea è originale.
Quel che non va è il 'tono' della storia.
Il tono è perennemente incerto tra il serio e il faceto. Non si capisce mai quando Gualdoni affronti l'argomento seriamente e quando invece voglia scherzare (ammesso che voglia davvero scherzare). Così vengono fuori un mucchio di stranezze immotivate.
Per esempio, mentre scende nelle fogne Dylan pensa
"Magari la casa è stata costruita su un antico cimitero indiano! Sarebbe il massimo!". Un cimitero indiano.... A LONDRA?!?!?!?!?!
Presumo sia una battuta, ma in tal caso è l'unica nell'intera sequenza e non è 'pronunciata' in modo diverso dal resto.
Altre stranezze (spesso già segnalate in altri post):
- Gli alieni dicono di non voler fare male a nessuno, ma Dylan ha rischiato seriamente di annegare. Si è salvato solo per un opportuno intervento esterno.
- Corpi degli alieni e razzo sono stati buttati in un cratere, ma il razzo è perfettamente 'ritto', pronto per la rampa di lancio! Sono stati i soldati a sistemarlo così? E perchè avrebbero dovuto farlo? Magari per farsi perdonare la maleducazione nei confronti di gente che ha solo fatto un salutino...
- I soldati notano che gli alieni sono bassi, ma non notano il capoccione sproporzionato, gli occhi da insetto e le tute fosforescenti (ah, già! dimenticavo! è roba indispensabile per le missioni di spionaggio in tempo di guerra!).
Personalmente credo che Gualdoni, mentre sceneggiava, non avesse davvero deciso se fare una storia seria oppure umoristica.
Quel che è certo è che non funziona. Se è comica, non fa ridere. Se è seria, non crea la benchè minima tensione o suspense.