Prima di analizzare l'albo, è necessaria qualche precisazione. Innanzitutto, in ambito ""specialistico"", non ho mai sentito usare il termine Scanner per individui dotati di poteri paranormali. Credo sia un'invenzione di Cronenberg e del suo film omonimo [1981]. Al massimo esper, se proprio vogliamo rimanere sull'anglofono [vedi Alfred Bester], ma neanche loro hanno la capacità di carbonizzare la gente a chilometri di distanza. Insomma, Ruju si è dilettato in un mezzo polpettone pseudo-fantascientifico, rielaborando personalmente il genere e spizzicando qua e là. Il dibattito sulla reale esistenza di questi esper è molto interessante, e vede opporsi gli scudi alzati di parapsicologi e scienziati ortodossi. Proprio ieri in TV ho sentito parlarne di sfuggita: i cultori del paranormale sostengono che utilizziamo il nostro cervello solo per il 7% delle sue potenzialità, e solo individui eccezionali [paragnosti, sensitivi, ecc.] possono liberarsi da queste catene naturali e raggiungere zone alt[r]e di percezione, coscienza e azione. Spesso, però, la presunta percentuale di utilizzo varia: c'è chi dice il 5%, chi il 10, chi addirittura il 30. Come mai tanta e tale fluttuazione? Semplice: perché non è vero. Utilizziamo il 100% tondo tondo delle potenzialità del nostro cervello. Rimando le spiegazioni, altrimenti mi dilungherei troppo. Comunque, come sempre accade, la battaglia intellettuale è ancora lungi dal trovare una fine o anche solo una tregua.
Passando più specificamente al testo, ho evidentemente apprezzato molto il soggetto: l'idea di un potere devastante, la morte vera e propria, nelle mani [o meglio, negli occhi e nella mente] di giovani ragazzine [Pearl in particolare, ma non dimentichiamoci di Cindy e della sua fine drammatica e di grande impatto] che alla fin fine non cercano altro che libertà, poesia e spensieratezza: in una sola parola, la loro infanzia. Forse troppo stucchevole e manichea la suddivisione degli altri personaggi in buoni e cattivi, con qualche piacevole eccezione: Dagherov stesso, che vede la sua transizione morale completarsi nel colpo di scena finale [un classico, a dire il vero] con tanto di scuse, e il memorabile Zio Eco, stoico nel redimere con la sua vita il trauma che gli tolse le parole. La sceneggiatura scivola via con linearità, senza particolari oscenità o incongruenze, con un paio di scossoni finali. Non sono sicuro di aver apprezzato fino in fondo il taglio action-avventuroso, con tanto di intrighi internazionali e complotti governativi, che Ruju ha dato alla vicenda, ma tant'è. Forse avrei riservato qualcos'altro, per questo particolare tema. Sicuramente originale, invece, la rivelazione della vera identità di Byron [vera deus ex machina dell'albo], anche se pure in questo caso non so quanta attinenza al contesto attribuirgli [la Morte che veglia su Pearl per garantirsi una futura compagna di giochi? Mah]. La rielaborazione dinamica attuata da Ruju sul tema dello Scanner pesa in negativo, a mio avviso, anche su un Roi costretto ad imbrigliarsi in atmosfere non sue, che lasciano poco spazio all'introspezione psicologica, all'incubo e alla cupa malinconia. Ha comunque fatto il possibile, dimostrando buona versatilità e tratteggiando tavole convincenti [quelle dell'attacco aereo, ad esempio].
In generale, comunque, una prova più che discreta, fra le mie preferite dell'autore.
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