Albo che avevo ingiustamente sottovalutato in passato, la rilettura mi porta a elargirgli un buono pieno.
Scontato il pesante debito dell'Occhio del male di King/Bachman, ci troviamo di fronte a un albo che rievoca i dubbi etico/morali/sociali già sollevati con "Il marchio rosso" senza che Sclavi ci calchi troppo la mano. La storia rimane infatti di stampo classico, con il voodoo bonelliano e l'antagonista Jamais Nonplus che è un cattivo che sembra un buono che sembra un cattivo
. Avremo modo di rivederlo. Ottime le sequenze splatter in particolare quella del pluricitato avvocato prima bollito e poi bruciato, ma mi piace un sacco anche quella dell'altro avvocato zombizzato che banchetta con la sua amante bianca. Finale (s)corretto. Glenn Bowers usa disinvoltamente più volte lil termine negro nel corso dell'albo, senza che Dylan intervenga: un chiaro indizio su chi i sospetti avrebbero dovuto essere indirizzati (e forse una pecca di prevedibilità ma Sclavi è bravo comunque a depistarci).
Bravissimo Tacconi qui giunto alla sua ultima prova dylaniata; la mia preferita rimarrà però quella di Lama di rasoio.
A pag. 54 Dylan legge un libro scritto da Martin Mistere, citato subito dopo apertamente. Eravamo ancora in pieno periodo di febbre da crossover (era appena uscito "La fine del mondo"). Questi ammiccamenti alla serie di Castelli erano piuttosto frequenti nei primi anni di vita di DD, in seguito diventeranno rarissimi fino a scomparire del tutto.