Veramente ha detto una cosa un tantino diversa, o almeno è quello che per me costituiva la parte più importante dell'intervista: il suo addio al cinema (poi si sa ogni addio è sempre un potenziale arrivederci) è dovuto non tanto a mancanza di idee ma ad un sistema che egli non condivide e dal quale oramai non può trarne più niente. Lynch esprimeva il suo disagio di fronte all'equazione arte=soldi che il cinema americano sempre più impone, in quanto per Lynch questa equazione rischia di distruggere lo sperimentalismo (che è un po' il cuore del cinema lynciano), poichè sperimentazione difficilmente vuol dire grandi guadagni. Nell'intervista denunciava ad esempio la scomparsa negli USA delle art house (sale specializzate nella proiezione di film di nicchia) e la conseguente impossibilità per i suoi film di ottenere una lunga permanenza nei multiplex o negli orari principali in quanto i suoi film sono comunque molto più lunghi della media e di certo non riempiono le grandi sale per temi trattati, per dirne una: Inland Empire ha incassato appena 861 mila dollari negli USA e nel momento di massima diffusione è stato proiettato in sole 15 sale. Dunque quello che per ora è un addio è dovuto più a cause strutturali del mondo cinematografico che a motivi di produzione personale, dunque ha deciso di investire le sue energie nella musica (da poco più di un mese è uscito il suo album Crazy Clown Time) e nell'arte contemporanea.
|