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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: gio nov 24, 2011 10:52 pm 
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Il pub era caldo, fumoso e odorava di alcool. C’erano ragazzi, ragazze, uomini e donne di tutte le età, quasi compressi in un ambiente in stile old scotland, con tanto di grande cornamusa appesa e kilt con i colori del klan in bella mostra.
“Whisky….quello della casa…abbiamo un ospite d’eccezione ! “,
disse Nyar, mentre Quirty si rigirò fra le dita il boccale colmo di Tennet’s.
“ D’eccezione ma astemio. Credevo lo sapeste quando avete deciso di imbastire questa pagliacciata ! “.
Le parole di Dylan arrivarono alla lentigginosa ragazza che serviva ai tavoli come una sorta di offesa gratuita. Primo per l’evidente accento londinese del bel tipo, secondo per la parola astemio.
“Ah…astemio…” si limitò a sbuffare.
Louise stava appoggiata fra la panca di legno e la parete, attaccata a Marc, con la testa sulla sua spalla. Ogni tanto apriva le palpebre e fingeva di guardare il boccale colmo che aveva davanti, ma faceva scivolare lo sguardo verso Dylan e socchiudeva le palpebre per metterlo a fuoco escludendo tutto il resto.
“ Prima di dire che son tutte pagliacciate, potresti ascoltare la nostra storia, no ?”, sibilò Quirty. Certo era il batterista. Dylan lo immaginò scuotere la lunga, bionda chioma battendo con ferocia sui piatti. Ed immaginò anche Louise, che cantava un tema feroce, sudata, con quella gonna ridicola addosso, magari a piedi nudi su un palco stretto e incandescente di luci eccessive.
Groucho fissò disgustato l’Haggis che fumava in uno dei piatti di terracotta.
“ Capo…sto prendendo in seria considerazione l’opportunità di diventare vegetariano come te…”
Dylan mangiò un paio di cucchiai di podrigge e cominciò a detestare la musica, a volume altissimo, del locale.
“Che è sto baccano ?”, sibilò.
“Piace, Dylan ? E’ la nostra musica…quella che senti sono io…”
Lei si scoprì incredibilmente dolce e scema nel dire quelle parole, senza nemmeno rendersene conto.
Dylan fece un sorriso. La fissò con aria sorniona.
“ Bella voce, davvero..”
Marc si sporse in avanti e lei scivolò come una bambola di pezza da un lato.
“ I testi sono i miei…siamo una band hard rock che cerca ispirazione dai testi tradizionali celtici e scozzesi… e dalle sensazioni della natura…”. Bevve un sorso, lungo, di whisky, come per darsi coraggio.
“ La fine dello scorso mese eravamo nella brughiera….ci piace andarci di sera...non c’è rumore, luce, si sentono i suoni della Terra e del cielo. Basta coprirsi ed è ok ! “
“ Io non ne ho bisogno…”, sibilò Louise, “…il calore ce l’ho qui…”, continuò, toccandosi la pancia.
“ Lo facciamo ogni volta che sentiamo la voglia di mettere giù qualcosa per le canzoni…Eravamo in cima alla collina che domina Benton, vicino all’albero delle streghe…”
Dylan serrò appena le labbra.
“Albero delle streghe ? “
“ Oh, qui nel rinascimento se ne bruciavano parecchie…Si impiccavano, mutilavano, sventravano tutte le donne che…”, disse Quirty a voce alta.
“ Pasticcio di interiora di pecora ! E’ per questo tavolo ? “, chiese la cameriera, senza degnare Dylan di uno sguardo.

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Ultima modifica di dogamy il sab nov 26, 2011 4:29 pm, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: gio nov 24, 2011 11:40 pm 
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oddio,bravissima!

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: ven nov 25, 2011 1:21 pm 
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Complimenti, è molto bello.
Questa storia me la sto praticamente immaginando disegnata!
Per ora a livello di trama hai gettato (molto bene) le basi per una classica avventura in trasferta dell' indagatore dell' incubo.
Sono curiosissimo di sapere cosa accadrà.
Noto che il tuo Dylan riprende soprattutto la parte più tenebrosa del personaggio.

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"Non è morto ciò che in eterno può attendere, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire."


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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: ven nov 25, 2011 4:11 pm 
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Nyarlathotep ha scritto:
Complimenti, è molto bello.
Questa storia me la sto praticamente immaginando disegnata!
Per ora a livello di trama hai gettato (molto bene) le basi per una classica avventura in trasferta dell' indagatore dell' incubo.
Sono curiosissimo di sapere cosa accadrà.
Noto che il tuo Dylan riprende soprattutto la parte più tenebrosa del personaggio.
ladyofdarkness ha scritto:
oddio,bravissima!



Grazie a tutti e due !! :mrgreen: :mrgreen:
Diciamo che sto cercando, nella mia incapacità di NON scrittrice, di mettere il carattere più arcaico di Dylan al servizio di questa storia. Sto immaginando anch'io di vederla disegnata, anche se per certe atmosfere occorre per forza essere descrittive.
Era partita come una parodia ma ora virerà verso un horror classico ( più o meno )...Lady spero di poter usare il tuo nick per metterlo nella storia. Nayr il tuo l'ho usato.
Non ho chiesto il permesso a tutti poiché di nomi semplici e nulla altro si tratta. Domani altra parte.
Di carne ( sanguinosa ) al fuoco ce n'è parecchia !

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: ven nov 25, 2011 4:34 pm 
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maccerto che puoi!

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: sab nov 26, 2011 10:58 am 
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“ …che l’inquisizione Cattolica riteneva figlie del maligno.
Cioè tutte quelle che eccitavano la fantasia dei preti e compagnia bella..”
“Modera i termini, Quirty…c’è pur sempre una signora, qui…”, disse Marc mentre Groucho fissò Dylan alzando appena il sopracciglio:
“Parla di te, capo ! “.
“Conosco la storia medioevale e del rinascimento, almeno credo.
Andate avanti…”
Dylan era attraversato da sentimenti contrastanti. Avrebbe voluto alzarsi e prendere Louise con se, baciarla e portarla a letto, per sentire il suo corpo caldo mentre fuori pioveva e faceva freddo.
Avrebbe voluto andarsene da quel buco dimenticato da Dio, eppure nemmeno per diecimila sterline avrebbe guidato sotto quella pioggia torrenziale. E poi c’era quella sensazione che gli trafiggeva lo stomaco..
“ Ok...allora eravamo lì, a farci qualche canna e a pensare come finire un pezzo che dovrebbe essere quello forte…di apertura del nostro album d’esordio…quando..”
Marc si bloccò. Nyar il bassista, parlò con voce calma ma profonda.
“ Abbiamo sentito una sorta di…pulsione….come se il ventre della collina palpitasse…Non si sentiva più nulla…gufi, pipistrelli, animali notturni…tutto morto ! Un silenzio come quello, lo giuro, non l’ho mai avvertito in vita mia ! “, bevve l’ultimo sorso senza alzare gli occhi, “ E spero di non avvertirlo mai più ! “.
“ Poi Louise ha sentito, per prima una sorta di…profumo…un odore gradevole, di erba medica, qualche aroma balsamico…e “
Marc fissò Dylan. Il suo sguardo era teso, gli occhi immobili.
“ Ho visto una figura, venir su dal buio del bosco. Dico venir su perché, te lo giuro, è apparsa come dal niente. Gli ho puntato addosso la luce della torcia e…”, scosse la testa.
Louise aprì appena gli occhi. Si rigirò fra le dita il crocefisso capovolto che aveva al collo e parlò lenta, sensuale come fosse la cosa più naturale del mondo.
“ Avevo la mia macchina fotografica. Quirty l’ha presa dalla custodia e ha scattato le due foto che hai visto. La luce era buona perché la Luna era alta, e la macchina ha una buona risoluzione notturna. “
Si sporse verso di lui. “ E’ vero, Dylan…questa cosa esiste ! Noi l’abbiamo vista…Quello non era un ubriaco, né un barbone e nemmeno un matto. Qui non si vede ma…”
Dylan la fissò. “Dimmi..”
“…aveva un femore rotto…gli usciva dalla carne, Gesù Santo…
Eppure camminava come niente fosse ! Si barcollava un poco ma…
Nessuno può camminare così con una gamba ridotta a quel modo !
Io ho studiato medicina, internista…e te lo dico con certezza ! “, fece Nyar, tremando.
Dylan bevve un sorso d’acqua.
“ Che avete fatto, subito dopo la foto ? “
“Secondo te ? “, rispose Marc.
“ Siamo scappati a gambe levate. Quel mostro era lento per nostra fortuna. E non avevamo alcuna voglia di farci conversazione ! “.
Dylan rimase in silenzio.
“ E’ un si o un no ?”, chiese la donna.
“ Se rimane immobile e pensa è un brutto segno. Significa che sta usando una parte del corpo a lui sconosciuta: il cervello ! E’ un riflessivo. Il problema è che non connette con se stesso ciò che riflette ! Pupa, che ne dici di andar fuori a guardare le stelle e la Luna ? “, fece Groucho.
“ C’è nebbia…”, rispose stanca lei.
“ Io parlavo della Luna e delle stelle della nostra camera da letto. “
Marc lo fissò truce e Groucho rispose con un sorriso largo e grottesco: “ Non ti piace l’astronomia, baby ? “
Dylan si picchiettò gli indici della mano, parlando con lentezza, senza alzare gli occhi dalla tavola.
“ Groucho, basta ! Ok…Ci darò un’occhiata. E non è per via della foto ! E’ per il vostro tono. O siete ottimi attori, o avete una fifa blu. Ma non vi prometto nulla . E soprattutto, non dite ad alcuno che sono qui ! Non voglio che mi scattiate foto, che pensate di associare il mio nome a quello che volete fare: canzoni, disco o altro ! E’ meglio per voi, credetemi, vista la reputazione che posseggo !”.

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Ultima modifica di dogamy il sab nov 26, 2011 4:23 pm, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: sab nov 26, 2011 2:56 pm 
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Località: il buio oltre la siepe -emilia paranoica!-
Chissà come va a finire :o belliffimo :D

ma allora il cane Bo è Bo82 :mrgreen:

Groucho che dice 'mi attizzano' però nun se pò legge :cry: :D

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- ex bambina prodigio -

chi mi conosce, mi evita. . chi non mi conosce. . meglio per lui!


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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: sab nov 26, 2011 4:22 pm 
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Psycho Candy ha scritto:
Chissà come va a finire :o belliffimo :D

ma allora il cane Bo è Bo82 :mrgreen:

Groucho che dice 'mi attizzano' però nun se pò legge :cry: :D


Beccato il riferimento cara...
Sulla battuta di Groucho...è licenza poetica...almeno mi hanno detto in redazione. Se non redigono che redassero, se non redassero che imparino a scrive in italiano ! :mrgreen: :mrgreen:
Piuttosto abbiate la compiacenza di perdonare eventuali errori nei nomi e di battitura. Con quelli stranieri word fa spesso cilecca, altri mi sfuggono...Cmq leggete a piccole dosi perché abbiamo mooolta materia al fuoco e niente é come sembra. Vace se la leggi mi dici quanto ti fa schifo ? Kramer se mai ti andasse di buttarci una letturina, perdona la sintassi non perfetta... Idem gli altri...siate buoni che parte è scritta sotto alcool quindi... :D

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: lun nov 28, 2011 10:11 am 
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Dylan non tornò alla pensione, dopo che il pub si fu svuotato di tutti i vari personaggi di variegata umanità presente.
Prese il maggiolone bianco e prese a girovagare per le stradine di Benton senza meta apparente.
Ma lì era al coperto, c’era una dolce musica di sottofondo e poteva pensare. Usare il cervello, come diceva Groucho.
Un paese immerso nella nebbia. Un albero secolare nel quale si bruciavano e impiccavano delle streghe, uno zombie…
Tutte cose che riteneva ben lontane dal potersi prendere per fatti, elementi…eppure..
Quando parcheggiò sul lato sinistro della strada, aveva finalmente smesso di piovere.
Si alzò il bavero della giacca nera e fece un sospiro di sollievo, non appena il tepore della pensione nella quale alloggiava, lo accolse.
Erano quasi le tre del mattino. Raramente faceva così tardi. Non c’era niente per cui far così tardi in un paese come quello.
Trasalì quando una figura massiccia, gli si parò davanti all’inizio della rampa di scale che portavano alla sua stanza.
“ Signor Dog ? “
Deglutì. “ Si…se volevate farmi venire un infarto, Giuda ballerino ci siete riuscito in pieno..”
L’uomo uscì dal cono d’ombra e mostrò l’uniforme da poliziotto.
Era corpulento, capelli brizzolati, sui sessanta anni.
Aveva addosso una cerata madida di pioggia e di umidità.
“ Mi spiace. Stavo andando via. Sono venuto a controllare il registro delle firme questa sera dopo le otto, e non vi ho trovato qui.
Sono ripassato più volte, anche se immaginavo dove poteste essere….e con chi ! “
Dylan alzò le spalle. Era stato a Scotland Yard per anni. Non molti, ma certo sufficienti a fargli capire quando un poliziotto voleva sapere di te e lo faceva prendendo il discorso alla larga.
“ Posso sapere, agente….” Lui si tolse il cappello facendo scolare l’acqua sul pavimento. “ Ispettore Surv Stevens…signor Dog ! “
“…ecco posso sapere per quale motivo la polizia locale si premura di leggere la mia firma su un normale registro di albergo ? “
“ Siete diretto e la cosa mi piace. Vedete, io non vengo da Glasgow o, come il vostro accento suggerirebbe, da Londra, ma un poco di esperienza ce l’ho. Il nostro è un paese dove vanno e vengono solo gli allevatori di pecore e maiali in primavera ed estate. Difficile che uno straniero possa passarci per caso, a bordo di uno splendido modello Wolfswagen del 69. Urto la vostra suscettibilità britannica se vi domando che siete venuto a fare qui ? “
Dylan non mutò espressione. Aveva freddo ed era stanchissimo.
“ Si. La urtate e di molto. Sono le tre del mattino e ho sonno. Penso che anche in questo paese di allevatori, la polizia dovrebbe aver meglio da fare che fare domande a quest’ora. Non trovate ? “
“ Siete qui con Louise Witch ? “
Dylan alzò le spalle. “ Anche questo non mi pare affare vostro, ispettore Stevens ! “.
Louise…era svanita quando il locale si era svuotato nelle braccia di Marc e ora…ora probabilmente era stretta a lui, calda e morbida come lo era stata a Craven Road.
Il poliziotto si rimise il cappello.
“ No, non lo è…ma la vostra risposta è una conferma. Posso solo dirvi che quella ragazza è vettrice di guai ! Per lei e per i ragazzi che le gravitano attorno. Ognuno vive la propria vita come crede, signor Dog ma quello che capita in questo paese è affare anche mio. “
Dylan sbuffò un poco. “ Che volete dire ? C’è qualcosa, si di lei, che dovrei sapere ? “
Lui si diresse verso la porta. Un vento umido e gelido spazzò l’androne.
“ Non siete il tipo di persona che credevo, Dog ! Parlate con lei, se lo riterrete opportuno…Spero intendiate apprezzare la burbera ospitalità scozzese per un tempo breve ! “
Dylan trattenne un brivido di gelo. “ Vedremo…potrei fermarmi come no…dipende….”
“ Da Louise ? “.
Dylan salì lentamente la scala, e giunto a metà, rispose: “Anche…”.

Aprì e trovò una debole luce soffusa nella stanza.
Louise era a letto.
Come fosse entrata, quando…tutto passava in secondo piano, vedendola fra il dolce tepore delle coperte. Si mise seduta, guardandolo. Era nuda e calda.
Poteva percepirne il calore anche standole lontano.
“ Credevo che avessi un ragazzo...”, fece Dylan, levandosi la giacca e scacciando il sonno.
Lei sorrise. “ Ti ho già detto che faccio come mi pare, Dylan ! “
Il profumo di eliotropio era sensuale e sottile.
Si alzò scivolando verso di lui. Lo baciò candida e appassionata. Baciava incredibilmente bene.
“ Stringimi, indagatore ! Fa molto freddo, questa notte ! “
Le passò una mano fra i capelli, sentendo che erano bagnati.
“ Credo di amarti, sai ? “
Lei emise uno squittio simile ad un sorriso trattenuto, strofinandosi i piedi.
“ Chi lo sa…se esiste l’amore, indagatore…”, sussurrò, baciandolo ancora

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: mer nov 30, 2011 10:08 am 
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La luce del mattino arrivò, attraverso le persiane semichiuse della camera.
Dylan Dog aprì gli occhi, sentendosi appesantito e stordito, come spesso capita al primo risveglio mattutino.
Louise era ancora lì. C’erano i suoi indumenti, per la stanza e la luce del bagno era accesa. Era certo un progresso, per una ragazza come quella, rimanere anche il mattino dopo, osservò Dylan.
Ripensò anche, dopo pochi attimi di assoluta calma e rilassatezza, al colloquio sulla rampa delle scale della notte appena trascorsa.
Le parole ed il tono dell’ispettore…
S’infilò i boxer e guardò nella borsa nera, che come al solito lei aveva gettato sul comodino, senza alcuna cura.
Chiuse le palpebre. Il fiato finì, come di colpo.
Rimase inebetito per qualche istante, poi si accostò alla soglia del bagno udendo solo un lungo silenzio.
Bussò con le nocche. “Apri Louise !”.
“ …c…che cosa vuoi…asp…aspetta…”
Voce lenta, impastata.
Sbuffò. “Apri la porta. O la scardino, Giuda ballerino ! “
Niente. Fece una decisa leva verso l’alto e spinse.
Udì la serratura cedere e spalancò la porta.
Louise stava seduta sul gabinetto, il laccio emostatico sistemato sopra il braccio sinistro, la siringa con qualche goccia di sangue.
Sorrise.
La rabbia lo attraversò come una pugnalata. Aveva veduto delle siringhe e della polvere nella borsa, eppure sentiva il bisogno di vedere con i propri occhi.
“ Sei una drogata ! Ti fai di eroina, maledizione ! “
Lei alzò le spalle. Si rimise in piedi mentre il sudore le colava copioso dalla spalle e dal collo e la siringa scivolava ai suoi piedi, senza rumore.
Era nuda e bellissima, eppure sfatta. “ Non ti si na…sconde niente, eh, indagatore…”
L’afferrò per le spalle sollevandola da terra.
“ Avevo intuito che fossi…ma non credevo che…Insomma, Giuda ballerino….” La lasciò. Si appoggiò al lavandino con le braccia larghe e il capo a penzoloni, svuotato da tutto.
“…perché santo Iddio ! “
Le scivolò alle spalle, abbracciandolo.
“ E’….è come una vacanza per me…”
Gli baciò il collo, docile e morbida, maliziosa.
“ Non puoi capire ogni cosa, Dylan…non ora….”
Il trillo del cellulare ruppe il silenzio. Dylan pareva non aver capito le sue parole.
Lei parlottò debolmente, barcollando.
“ C’è un casino, Dylan…un casino bello grosso.”
Lui si buttò una manciata di acqua fredda sul viso, e si fissò allo specchio. Tante donne, tanti amori…nessuna giusta, normale, coerente…Nessuna capace di chiudere una ferita profonda, interiore.
“ Nyar mi ha chiamata…ti vuole vedere subito…alla collina…C’è stato un casino…casino grosso…un contadino morto….ammazzato….
In cima alla collina… una cosa orrenda…”
Si voltò. Era minuta, sensuale, tremante e indifesa.
Comprese che parlare ora, non sarebbe servito. Capì che tipo di guai aveva inteso l’ispettore. Capì, sopra ogni altra cosa, che sarebbe dovuto rimanere, per lei, per aiutarla. Perché c’era qualcosa di enorme, di cattivo in quel luogo apparentemente quieto.
“ Vestiti…”, gemette carico di dolore.

Arrivarono alla fine della strada del demanio, chiusa con una sbarra metallica fissata su due forcelle e Dylan spense il motore dell’auto.
Groucho scese per primo, accendendosi il sigaro e sibilando: “Finalmente un po di lavoro…adesso troviamo lo zombie, gli spariamo in faccia e poi tu, Louise, vieni a letto con me….
Così l’orrore è completo ! “.
Lei era rimasta in auto in stato catatonico. Aveva bofonchiato qualcosa e si era quasi riaddormentata. Ora, arrivata ai margini della collina, molto ampia e scoscesa sul versante ad ovest, quello che dominava il paese, si era stiracchiata un poco, riacquistando lucidità.
Dylan vide Nyar appoggiato ad un tronco. Gli apparve sfatto e stanchissimo.
“ Prenditi cura di lei…falla camminare…è fatta ! “, disse con finto distacco, sentendosi in realtà morire dentro, spingendo Louise verso il giovane bassista.
“ Cristo Louise…ancora ! Se Marc lo sa ti gonfia ! Ma che c….”, ululò lui.
Dylan si fissò le scarpe. Doveva pensare a ciò che era accaduto. Lei si era insinuata nella sua mente come un pensiero malato, ma doveva liberarsene ora…
Lei barcollò verso il ciglio della strada, vomitando un poco.
Groucho e Nyar la sorressero, e l’assistente di Dylan commentò:
“Questo è un modo scemo di morire ! Ancor più scemo di quello dello scozzese che si strangolò per non spendere più scellini per curarsi l’influenza ! “
Lei lo fissò, sorridendo inebetita.
“ Sei forte, baffo…”
“ Che è successo ? “. Dylan Dog parlò fissando il vuoto, la collina che si alzava come una mostruosa gobba dalla schiena piatta della valle, gli alberi spettrali e spogli, la brina che copriva come una lacrima dolorosa la campagna.
“ Ho sentito le comunicazioni radio della polis, stamattina !
Sembra che sia stato trovato un corpo, anzi due, fatti a pezzi qui..”
Dylan superò la sbarra e disse : “Andiamo a darci un occhio..”
“ E’ tutto presidiato dalla polis, Dylan ! Non ti faranno passare !”
Lui si tastò il tesserino obsoleto di agente di Scotland Yard e rispose:
“ Ho le mie carte….piuttosto voi sparite. Non faccio indagini circondato da ragazzini ! “.
Salire lungo il sentiero era disagevole. Era stretto e colmo di fango.
Dylan lo fece a passi lenti, soppesando la sensazione che lo perseguitava. Sembrava che, ad ogni metro della ripida salita, si stesse inoltrando nello stomaco famelico di una creatura ancestrale.
Gli alberi si piegavano verso il sentiero, come disegnando una fitta cupola naturale, dalla quale la luce filtrava a fatica.
Un debole refolo di vento parve il respiro cupo della montagna. E forse era proprio così.
Vide in lontananza i lampeggianti arancioni e gialli delle auto della polizia.
Per un istante, breve ed intenso, fu come se la vegetazione fitta e cupa, lo inglobasse in se. Fu colto da un lieve capogiro e si convinse del tutto che quel luogo fosse intriso di malvagità.
Una malvagità assoluta, non umana.

NB: Tranquilli gli amanti dello splatter....arriverà...Prossima pubblicazione altro personaggio che si inserisce nella storia, determinante direi...che dire...grazie per chi ha la pazienza di dedicargli qualche minuto.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: ven dic 02, 2011 4:14 pm 
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La donna spostò la tenda colorata della finestra della cucina, fissando fuori. La campagna era immersa nella debole foschia mattutina. Quella mattina era stranamente cupa e fredda, piena di sonno. Un debole sole immergeva la realtà in una fotografia confusa.
Lady rimase a fissare il paesaggio, sempre uguale eppure quotidianamente diverso della campagna, sin quando il bricco del latte emise un fischio.
“ Ecco…a momenti brucio tutto..”
La tavola era preparata per due. Due tazzine, due tovaglioli, due cucchiai, lo zucchero messo al centro, le fette biscottate sistemate con cura su un piattino accanto alla marmellata di limone, che tanto piaceva e lei…
Ma lei non c’era. Non c’era più da tanti mesi ormai.
Si sedette e sorbì un poco di latte e te, coprendosi con lo scialle di lana. Freddo.
“ La stufa…”, si disse, da sola. Era sempre sola.
Da quando la sua bambina se n’era andata via.
Attizzò un poco la stufa a carbone, e fu in quel momento che si sentì tremare. Ma non per il freddo. C’era…qualcosa in casa.
Si voltò di scatto. Tutto era come sempre. Nulla era cambiato.
Solo i vetri della finestra della cucina, quella che dava sulla campagna e poi più in là, sulla collina, tremarono un poco.
Il suono secco di una persiana che venne scossa dal vento, la fece trasalire.
Si portò la mano tremante alle labbra. Paure…paure di una donna che vive sola, pensò. Certo quella non era Londra, o Glasgow…si poteva stare ancora con le porte aperte e vivere soli senza trovarsi strane sorprese a casa. Magari qualche drogato che…
Si sedette, bevendo il latte e te, mentre due righe di lacrime le rigarono le gote. Al piano superiore, nella stanza di sua figlia, un colpo d’aria oppure la mano invisibile di un dolore dell’anima, fece aprire e poi socchiudere un’anta dell’armadio.

Dylan Dog rimase in piedi, davanti alla grandiosa quercia che stava proprio in sommità della collina.
Era un albero enorme, dalle radici nodose e scure, dal tronco massiccio, che emanava una sorta di potenza fisica.
Le fronde era appena mosse dalle raffiche di vento.
Immaginò cosa potesse udire chi si trovasse ai piedi di quella maestosità cupa, di notte, con il vento che ululava maligno e diffondeva il respiro del demonio.
Faticò ad arrivare accanto al tronco, camminando fra le radici che emergevano tortuose dal terreno molle e fangoso.
Il tronco era scuro, e Dylan lo sfiorò appena con la punta delle dita.
Un corvo emise un gracchio truce.
Dylan si cavò dalla tasca un piccolo coltello a serramanico.
La quercia non aveva scritte, ne appariva incisa. Era integra, maestosa. Grattando via un poco di legno dal tronco, si trovò le dita umide. Era un liquido rossastro.
Lo guardò con curiosità. Sembrava…aveva il colore del sangue ma era denso ed appiccicoso come resina. Emanava un odore piacevole. Simile a quello che aveva descritto Nyar.
Si distolse dalla contemplazione ossessiva di quella strana resina solo quando uno dei poliziotti lo chiamò a se.

Louise stava in piedi a fatica, sorretta da Nyar che la fissava cupo.
“ Ma che cazzo combini, Louise ? Cristo è pieno di polis, qui ! “
Lei sbottò a ridere. “ Che mi frega della polis ! Che mi frega di tutti voi ! Sono immortale, io…solitaria ed immortale…sono una bestia…ihih…“
Groucho s’incupì. “ Vuoi dire che la nostra storia d’amore è già terminata ? “
Lei chiuse gli occhi, barcollando. Sentiva l’energia salire, salire e salire…senza fine.
“…non smettere di sperare, baffo ! “, biascicò.


Il poliziotto accompagnava Dylan con aria visibilmente deferente.
Lui, semplice poliziotto di periferia che non aveva mai visto nulla di più che qualche ubriaco e arrestato tre persone per rissa, si trovava davanti ad un agente di Scotland Yard, per di più per via di un macello senza precedenti.
“ Si agente Dog…la vittima si chiamava Kurt McClouden…
Lo ha trovato un pastore che ha recuperato il gregge che vagava sparso…In nome di Dio non ho mai visto niente del genere ! “
Dylan osservò quel che rimaneva del corpo che veniva infilato in un sacco di plastica nera, e issato su un’automobile station vagon nera, con la scritta “morgue” bianca ai lati.
“ E’ stato decapitato ?”. Il giovane poliziotto annuì.
“ E fatto a pezzi ! Anche il cane hanno sventrato…la prima ipotesi è che si sia trattato di un branco di lupi o cani randagi, dato che la carabina del vecchio ha esploso due colpi. “
Dylan alzò le spalle. “ Mah...mi pare strano che non sia stata trovata morta alcuna pecora e che eventuali animali selvatici abbiano aggredito solo l’uomo ed il suo cane. Chi l’ha formulata ? “
“ Io, agente Dog ! “.
La voce dell’ispettore Surv Stevens era calma e sottile, quasi si attendesse quel che stava avvenendo.
Dylan si voltò verso di lui ed incrociò ancora una volta lo sguardo.
Gli occhi erano gli stessi di Bloch. Spenti di qualsiasi illusione e stupore. Occhi di chi aveva veduto troppi orrori quotidiani per sorprendersi e provare raccapriccio per quelli misteriosi.
“ Posso chiederle a quale titolo si sta interessando dell’indagine ? “
L’old boy fece un sorriso fra l’imbarazzato ed il sornione.
“ Titolo personale. Ho una zia a Glasgow e ho deviato da questa parte per errore. Stavo ripartendo e ho saputo…da una fonte attendibile quel che è accaduto ! Non intendo immischiarmi in cose che non mi competono, ispettore. Vorrei, però, essere di aiuto.
Mi pare di capire che qui non accadano sovente cose del genere.”
Stevens s’infilò le mani nelle tasche. Il freddo era pungente ora, li faceva tremare tutti e due.
“Le credo. Anche perché non ne avrebbe titolo, investigatore privato Dylan Dog ! “
Il viso di Dylan si allargò ancor di più ad un sorriso.
“Indagatore dell’incubo, più precisamente. Lei è un ottimo segugio.”
Stevens alzò le spalle. “ Sono bastate due telefonate alla motorizzazione del Regno Unito per risalire al proprietario di un maggiolone targato DYD 666…E’ qui per farsi un poco di pubblicità alle nostre spalle ? “
Dylan scosse il capo. “ Per niente. Gradirei, anzi, rimanere nell’ombra. Ci sono cose che mi sono oscure e vorrei avere collaborazione e fornirne alla polizia locale. Se si spargesse la voce che sono qui arriverebbero dei giornalisti o dei mitomani e tutto si complicherebbe. Lei…crede davvero all’ipotesi del branco di cani o di lupi ? “
Una raffica di vento gelido, cattivo, tagliò in due la collina. Era il respiro della macchia, della brughiera, della terra di Scozia millenaria e spartana, abitata ma non vinta dall’uomo. Terra di magia e di eventi misteriosi.
“ Si…ufficialmente. “
Dylan lo guardò, cercando le parole.
“ Ho…capito cosa intendeva riguardo a Louise Witch.
Mi avrà scambiato per qualche spacciatore o cose simili…”
L’uomo non mutò espressione ma fu come se si fosse rinchiuso in una corazza di dolore. Respirò forte e sibilò: “Veda di non mettersi nei guai, Dog. E lasci da parte quella squinternata ! “
“ Credo che si debba aiutarla, piuttosto che abbandonarla al suo destino. Spesso chi ha bisogno di aiuto non riesce a farlo capire agli altri. E se lo fa, gli altri si rifiutano di recepirlo ! “
“ Lei non interferirà in questa storia. Si diverta pure con chi le pare ma ci lasci lavorare in santa pace !”.
L’ispettore si allontanò, senza più voltarsi.

Adesso che vedo tutto nella giusta dimensione che sento cioè la forza che sale e sto qui a letto nuda e non me ne frega niente del freddo delle parole di Dylan di Nyar di tutti adesso sto da Dio
Proprio da Dio sto benone e chi se ne fotte se la gente dice e pensa di me cose orrende li lascio nel loro squallido mondo ipocrita di piccole bugie e di piccoli mostri sapendo che se voglio mi alzo e volo e la realtà starà sotto in basso e nessuno mi dirà più niente e che faremo l’amore io e Dylan e io e Marc e magari io Dylan e Marc insieme che tanto tutto è senza amore e solo sesso e pulsione naturale
Ora che sento fame mi alzo e mi preparo due uova che dalla fame me ne preparerei due dozzine di uova e mangio e mi faccio una doccia e che poi vado a cantare e mi vesto che forse e meglio che mi vesto e a cantare ci vado dopo
Sono una dea sono una dea stupenda che le altre mi odiano perché sono la più sexy e bella e che tutto il mondo vada a farsi fottere
Nel tepore del suo letto appena fuori città, Louise fissava la parete e sorrideva. Nuda, non sentiva il freddo e l’umidità. Si sentiva bene, si sentiva forte come una dea.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: dom dic 04, 2011 11:03 am 
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Il sabato sera per Benton, era una serata del tutto uguale a quella di altri giorni. Il paese si rinchiudeva su se stesso come una tartaruga e attendeva il gelo ed il vento della notte con indomita resistenza.
Solo qualche ragazzo, percentuale molto bassa della popolazione locale, saliva in auto e sfrecciava verso Dundee, dove c’erano pub migliori e discoteche.
Il resto si ammassava nel pub che aveva ospitato Dylan e Groucho e tirava notte con canzoni, whisky e birra.
Al contrario, tre ragazzi, Marc, Quirty e Nyar, stavano accordando strumenti e controllando le casse in uno scantinato sotto la ferramenta di proprietà del padre del primo. Erano lì da ore. Troppe.
Nyar sbottò di colpo, gettando la chitarra da basso a terra.
“ Cristo, Marc ! Sono le due ! Non verrà neanche questa notte !”
“ E’ solo in ritardo…non ha mai mancato ad…”
Nyar si alzò dalla cassa nella quale era seduto e sbuffò.
“ Doveva venire qui a mezzanotte ! E sono chissà quante volte che manca ! Stamattina era bell’è che fatta ! Stamattina ! “
Quirty spense l’amplificatore.
“ Nyar ha ragione, Marc ! A Louise del nostro progetto non frega niente ! “
Marc si spostò nervosamente i capelli da un lato.
“ E’ sconvolta per quel che è successo. Come noi del resto !
Si riprenderà e…”
Nyar afferrò Marc per il bavero. Lo spinse contro la colonna che reggeva il soffitto dello scantinato.
“ Smettila ! Dici così solo perché te la porti a letto ! E non sei nemmeno il solo a farlo ! Ma possibile che tu non riesca a capirlo ?
Era già in orbita questa mattina. Come credi che stia ora ? “
Marc lo spinse via, con decisione. Si risistemò gli occhiali.
“ Louise canta meravigliosamente bene ! Ha una voce stupenda e voi lo sapete. Senza di lei noi non abbiamo una possibilità che sia una !
E nemmeno un penny, se vogliamo dirla tutta …Ho sputato sangue solo per farmi dare lo scantinato dal mio vecchio ! Sapete come vedono l’hard rock, qui ! Tutti le dobbiamo molto. Grazie a lei potremo avere un’audizione a Dundee e presentare le tracce del nostro disco ! “
Nyar tremava dalla rabbia.
“ E quando lo faremo ? Nel 2024 ? E come ci presenteremo ? Con una drogata catatonica ? E come farà a farci esibire ? Portandosi a letto tutti quelli della casa discografica ?”.
Marc lo colpì con un pugno. Lesto, improvviso. Nyar scivolò a terra e si rialzò quasi subito, barcollante.
“ Io mi tiro fuori…Ne ho le scatole piene di buttare sabati su sabati dopo settimane in cui mi spacco la schiena all’infermeria !
Cercatevi un altro basso e auguri a tutti !”
Si pulì il mento leggermente sanguinante e aprì di scatto la porta metallica dello scantinato.
Quirty lo seguì sino a metà scala. “ Dove vai, Nyar ? “
“ A farmi un giro in macchina. A bere e a rimorchiare una ragazza, come dovrebbe fare uno della mia età e come faresti anche tu se non rimanessi appresso a questo sognatore idiota ! “
Marc emerse dallo scantinato, parlando sempre con lentezza.
La mano, con cui aveva colpito l’amico, un amico che conosceva fin da bambino, gli doleva.
“ Lascialo andare…è stata una settimana schifosa e un sabato peggiore ! Andiamo a farci una dormita e riflettiamoci su !”
S’infilò le mani nelle tasche.
“Forse ha ragione, Marc. Forse abbiamo perso di vista la cosa.
Credo…credo che la salute di Louise sia la cosa più importante adesso. “
Le parole di Quirty non lo raggiunsero. Marc era teso e sopraffatto da una sensazione. Come…come se qualcosa di indefinibile li stesse osservando e scrutando.
E anche se certo non avrebbe mai avuto modo di saperlo, anche Nyar fu colto dalla medesima sensazione, quando salì sulla macchina e mise in moto. Tanto che si sentì in dovere di guardare più volte nello specchietto retrovisore. Senza vedere nulla.

Dylan ripose il libro e vi mise un segno. Era ora di andarsene a letto.
Aveva sfogliato e preso appunti per tutta la giornata, era il momento di riposare.
Guardando il letto sfatto, pronto ad accoglierlo, ripensò a Louise.
Era svanita dalla mattina, quando lui era ridisceso dalla collina e aveva detto a Groucho di cercare qualche posto decente dove poter mangiare un boccone.
Una parte di lui si sentiva colpevole di averla lasciata sola, ma era anche certo che se si fosse messo a farle una ramanzina, sarebbe stato certo peggio. Oppure…oppure una parte di lui…
Scacciò quel pensiero. E ne rimise in moto altri, prima di dormire.
Pensieri che si erano allacciati ai concetti letti e riletti alla biblioteca comunale, da dove aveva preso quel libro.
Benton era sempre stato un piccolo paese di campagna, in questo secolo e in quelli precedenti.
La storia di quegli abitanti, non sarebbe mai passata sui grandi libri.
Gli avvenimenti erano destinati a rimanere piccoli avvenimenti, nulla più.
Forse per questo la feroce inquisizione rinascimentale, seppure protestante, aveva scelto quel luogo come uno dei centri più attivi per l’eliminazione delle streghe !
Quirty non aveva esagerato. Stime redatte una dozzina di anni prima da un istituto di storia locale, avevano stimato a più di 2000 il numero di donne processate e bruciate vive, provenienti dal resto della Scozia, dell’Irlanda e del Galles. Un massacro terminato alla fine del settecento. Un abominio della religione e dell’uomo.
Quell’albero, quella collina, grondavano sangue ! Erano gonfie di sangue !
Quella resina…era figlia di quei sacrifici ? Come poteva essere possibile ? Aveva a che fare con quanto stava accadendo ?
Perché della storia di comodo del branco di lupi o cani, non credeva nemmeno l’ispettore Stevens.
Scivolò nel sonno senza quasi accorgersene. E nel buio fitto della stanza, la presenza lo scrutò respirando piano.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: mar dic 06, 2011 2:32 pm 
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Pronti ? Viaaaa:


La notte era densa e solida, come la nebbia che impediva alla realtà di uscire dalla notte.
Erano le quattro del mattino e Nyar era ubriaco.
Per questo e per la nebbia, guidava con prudenza. E anche per il non trascurabile fatto, che la Rover che stava guidando era di suo padre.
Si era fermato in un pub a metà strada fra Benton e Dundee, che non era niente di speciale ma serviva un’ottima birra scura di origini olandesi. Aveva parlottato con una ragazza lentigginosa che veniva da Dundee e che aveva un sedere scolpito nella carne. Poi il locale aveva chiuso e i sogni di gloria di una bella lotta fra le lenzuola erano svaniti.
La musica dello stereo della radio pompava gli ZZtop a tutta.
Sterzò poco prima di uscire di strada di fronte ad una curva ad esse non segnalata.
Si ubriacava di rado, reggendo bene l’alcool e abbandonandosi alle sbornie raramente. Le serate come questa erano l’occasione giusta per farlo. “ E’ proprio vero…cazzo è proprio vero…”, bofonchiò con la voce impastata dall’alcool.
“…gli uomini sono rovinati dalla fica…Le donne, caro mister Imp sono la nostra rovina….”
Parlava al piccolo portachiavi a forma di teschio, suo portafortuna.
Non vedeva assolutamente nulla, adesso. La nebbia era fittissima.
“…Marc è succube di quella…squinzia…gli ha sciolto il cervello..dro...drogata del….”
Frenò a tavoletta, reggendosi al volante con tutta la forza che possedeva. La ruota era sobbalzata su qualcosa, di grosso e pesante, ed aveva emesso uno scoppio sordo.
L’auto aveva sbandato verso l’esterno, sull’altra corsia, poi si era fermata stridendo.
Nyar uscì, barcollando ed imprecando.
Il gelo l’assalì, cattivo e senza pietà.
La ruota era scoppiata, il cerchione deformato. Fece qualche passo per capire che cosa diavolo avesse urtato e la vide.
C’era un corpo, una donna, al lato sinistro della strada. Aveva il bacino schiacciato dal peso dell’auto. Investita in pieno.
Quella parola gli esplose nella testa e sentì il bisogno irrefrenabile di girarsi per non vederla più. D’improvviso l’assalì una forte vertigine, una nausea improvvisa e comprese che la birra stava tornando su, senza preavviso. Si chinò in avanti, vomitando. E mentre rimetteva anche l’anima, la donna si alzò. Lenta, grottesca, barcollante, con parte della colonna vertebrale che le sbucava da un fianco. Ma ugualmente fece leva con le mani mettendosi in piedi e prese ad avanzare verso di lui.
I capelli erano sfatti, lunghi e rossastri, cadenti sulle spalle, madidi di umidità.
Indossava solo un camice medico in parte strappato e lacero, quasi del tutto aperto sulla schiena. Sotto, nulla.
A piedi nudi, nonostante il gelo assoluto, prese a percorrere la poca distanza che lo separava dal ragazzo chino e rantolante.
Nyar si rimise in piedi, tenendosi lo stomaco e prendendo fiato a larghe boccate. La realtà gli roteava attorno.
Si appoggiò al cofano dell’auto, sentendo le gambe tremare.
“ Gesù…O mio Dio…o Dio Santo e Onnipotente…”, ripeteva, come inebetito.
Le braccia magre e ossute della donna, si abbatterono sul cofano, come due robusti rami tagliati di netto, ammaccandolo.
Lui urlò, e la salute mentale si perse. Di colpo, come si spegne una luce di sera. Prima era luce, ora era buio assoluto.
Cadde a terra, tremando. Quella non era una donna ! Non era…
La bocca era deforme, verdastra e dai denti giallognoli.
La lingua nera. La pelle si staccava a brani, marcia. Gli mancava metà faccia. Sul lato destro della testa c’era una sorta di squarcio dal quale colava parte della materia cerebrale.
“…ti tiri fuori, eh ? Eh, Nyar ! Ti tiri fuori, eh, vecchio Ny ! “
La voce era uno sputo del demonio.
Si sentì afferrare per il giaccone e tirare su, fin quando il suo viso arrivò a sfiorare quello della creatura.
“…a…aiuto…” pianse.
“ …ti…tiri fuori, eh ? Piccolo…verme…”
Gli morse la faccia. Affondò i denti marci nella carne morbida delle labbra, strappandole via. Nyar si trovò scaraventato a terra, il dolore che saliva pulsando come impazzito, il sangue che scendeva a fiotti. Urlò con tutto il fiato che gli rimaneva, mentre la creatura masticava piano, smozzicando:
“…ti tiro…fuori…io….allora….fuori…fuori da tutto…vecchio Ny ! “
Provò ad alzarsi, ma il piede deforme dello zombie lo immobilizzava.
Si chinò, lenta e agghiacciante su di lui.
L’ultima cosa che vide fu quella mano ossuta e scarnificata che gli affondava nello sterno, strappandogli il cuore dal petto come un bottone mal cucito da un’asola.
Imp, il portachiavi portafortuna, smise di ondeggiare ritmicamente, nel cruscotto. La fortuna era finita, baby.
La musica degli ZZTop attaccò con “Bad to the bone “
Nella nebbia i rami della quercia, sulla collina, presero ad ondeggiare, impazziti.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: gio dic 08, 2011 3:38 pm 
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Dylan lasciò il maggiolone nello spiazzo apposito e scese. Quella domenica mattina il tempo era sereno e freddo. Tutto sembrava addormentato come se il tempo avesse deciso anch’esso di prendersi qualche ora in più di riposo.
Il cimitero era quasi nascosto da un lungo filare di cipressi, ordinati e puliti. Niente a che vedere con i grandi cimiteri di Londra, con tanto di navette e viali interni. Quel luogo comunicava pace e una sottile e sempre presente inquietudine, non appena varcato lo stretto cancello dell’entrata.
Dylan sapeva che il corpo, o meglio ciò che ne rimaneva, del povero allevatore, era nella camera ardente del cimitero, dato che Benton non aveva un vero e proprio obitorio. Era illegale quel che voleva fare, ma a quanto immaginava il custode non avrebbe certo identificato la tessera scaduta di agente di Scotland Yard e la polizia locale non aveva certo uomini sufficienti per presidiare la salma.
Voleva solo dare un’occhiata alle ferite e allo stato del cadavere.
Sospirò, pensando al fatto che certo non era la cosa più bella da farsi di domenica mattina. Poi avrebbe cercato Louise.
Voleva…sentiva il bisogno di rivederla.
Fece qualche passo all’interno, cercando l’ufficio del custode, quando vide una scena piuttosto curiosa.
Una donna stava parlottando con un uomo accanto ad una tomba divelta.
La lapide era a terra e la lastra di marmo che la ricopriva era stata gettata da un lato e si era spezzata in due.
La donna pareva particolarmente disperata e sconvolta e Dylan si avvicinò.
“ Le dico, signora Starwell, che la tomba era perfettamente in ordine giovedì scorso. Sono dovuto andare a Dundee a trovare mia madre e quando sono tornato ho trovato questo macello…”
Il custode indicò la tomba profanata, e la donna parve tremare ancor di più.
“ Ma chi…chi può aver fatto una cosa simile ? In nome di Dio come si può…fare una cosa simile ? “
“ Ladri di cadaveri ! “. Dylan s’intromise contro voglia nel dialogo fra i due. Ne avrebbe fatto volentieri a meno, non fosse altro per il dolore della donna. Ma quella tomba aperta…era pazzesco ma tutto faceva pensare a quello che quei ragazzi avevano detto. Anche se la foto raffigurava un uomo, e la lapide recava la scritta Amanda Starwell, era possibile che…
“ Chi è lei ? “, chiese la donna. Era una donna minuta ma bella, che aveva superato da poco la cinquantina e che il vento gelido e il freddo pungente della Scozia avevano cesellato con cura. Il viso era magro, lineare, gli occhi vivi e inquieti, che nascondevano un tormento lungo e non risolto. I capelli, un tempo stupendamente neri, avevano ora solchi grigi, carichi di sofferenza.
“Mi chiamo Dylan Dog…mi scusi se mi sono permesso…sono…un agente di Scotland Yard… Credo che dovrebbe sedersi e calmarsi un poco. E’ terribile ma queste cose posso accadere anche oggi. Sa se..”
Lei non lo udì. Lo guardò fisso e comprese tutto. Comprese che quello era l’uomo del destino, che era giunto lì perché tutto si compisse e, finalmente, avesse fine.
“ Dylan…posso darle del tu, vero? Mi chiamo Lady, Lady Starwell…sono la sorella minore di Amanda…stamattina sono venuta a trovarla e….Ora capisco…capisco ciò che potrebbe essere accaduto e capirà anche lei. “
Il guardiano li ascoltò come si ascolta un dialogo fra alieni e si fece da parte, grattandosi la testa, perplesso.
Dylan lo era anche più di lui. Certo era contento che la donna fosse a suo agio con lui, ma…
“ Sei già stato in Scozia, vero Dylan…anni fa….per una cosa pericolosa quanto e forse più di questa ! “
“ Lei…Lady lei è una sensitiva ? “
La donna sorrise, alzando appena le spalle. Le lacrime le scivolarono via e si ricompose.
“ Forse…diciamo che sono una persona che un tempo era…era in armonia con le forze della natura…Ma non parliamone qui…
Mi vuoi accompagnare a casa, Dylan ? Penso che un buon te, ti metta a tuo agio . “
Si voltò verso la tomba vuota, e rimase in silenzio per qualche istante. Un silenzio che Dylan accolse con rispetto.
Quando ebbe finito, fece cenno all’indagatore dell’incubo di seguirla.
Un corvo spiccò il volo da un ramo di cipresso, gracchiando nel cielo, sino a svanire.

PS: Se avete impressioni, mandate in pvt , grazie.
Ora le cose marceranno, almeno spero, in una loro logica, che spero sia quella che piaccia a chi legge.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: sab dic 10, 2011 12:06 pm 
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La casa di Lady era ordinata, linda e carica di solitudine. Dylan la percepì subito, senza essere sensitivo. Si sedette quasi intimidito, di fronte alla porta della cucina, e notò subito le tre sedie, tutte staccate di poco dalla tavola, le tazzine, i biscotti…
Lady versò il te a Dylan, ancora “ Per la mia bambina…” e per ultimo a se, con gesti lenti e metodici.
Si accomodò di fronte a lui e lo guardò bene, sorridendo.
“ Ora che ti vedo bene, Dylan, sono serena. Trasmetti molta serenità e bontà, ed è una cosa tanto rara, oggi ! “
Lui sorbì un sorso di te, chinando il viso. Si pentì di essere venuto in quella cucina, in quel mausoleo ordinato e pulito, di fronte ad una donna minuta che sentiva incredibilmente vicina e forte.
“ Sai che cosa è una strega bianca, Dylan ? “.
Fuori il vento era teso, si era alzato d’improvviso, quasi come che la natura fosse decisa a ribellarsi alle loro parole.
“ Conosco…la magia bianca e la magia nera. La prima protettiva e positiva, la seconda…”
Lei alzò l’indice, annuendo.
“Più o meno. Diciamo che io…sono una strega bianca. Le streghe sono state sempre…avvolte da pregiudizi e sospetti, nel corso della storia, Dylan. Ci vedevano come amanti del demonio, rapitrici di bambini…ci veniva addossata ogni colpa, ogni misfatto…”
“ L’uomo tende spesso a…identificare in una categoria particolare o in una etnia la fonte di ogni male. E’ sempre accaduto e temo, succederà sempre ! “
“ Noi streghe bianche, come le definisco io, possediamo pochi poteri limitati alle delicate sinergie fra l’equilibrio della natura e noi stessi.”
Equilibri….uno zombie certo esula da questa armonia naturale, pensò Dylan Dog.
Lady bevve un sorso di te, e fissò il posto vuoto alla sua destra.
“ Ci sono degli equilibri, Dylan, piccole cose e sensazioni che devono rimanere nel loro naturale dimensione perché l’equilibrio della vita e della morte rimanga immutato. Qui a Benton questo…equilibrio è stato sconvolto ! “.
Dylan finì il te, e parlò con maggiore convinzione.
“ L’altro giorno, sulla collina…ho inciso una piccola parte del tronco della quercia centenaria che…”
“ La stele della sofferenza ! “
“ Come ? “, chiese.
“ La chiamiamo così, noi streghe. In fondo, siamo solo delle curatrici e delle erboriste dalle profonde tradizioni…radici…”, sorrise sarcastica, “ ….radici si potrebbe dire, molto eradicate nella storia e nella comunità locale. Niente di più. Coltiviamo il ricordo, le tradizioni e i riti arcaici e profondi…e quella quercia, in cima ai rami della quale furono impiccate, sventrate, squartate tante, troppe di noi, è divenuta la stele della nostra persecuzione ! “
“ Come quella di Auschwitz.”, commentò Dylan, amaro.
Lady sorrise, accarezzandogli la mano.
“ Esattamente. Ora…sento che qualcosa, in quel dolore e nel nostro equilibrio è stato…”
Un auto arrivò a tutta velocità nello spiazzo di fronte alla casa di Lady e si arrestò, sgommando.
Marc uscì, scosso e sconvolto.
“ Dylaaaan ! Sono Marc…! Vieni fuori…”
Dylan Dog si alzò, stringendo la mano della donna e disse: “Un attimo.”
Quando aprì, vide Marc che tremava come una foglia. Era semplicemente terrorizzato.
“ Per fortuna ti ho trovato…il tuo amico, Groucho, mia da detto che ti avrei trovato qui…” Prese fiato, come faticando a farlo salire dai polmoni.
“….Nyar…l’hanno fatto a pezzi ! Sulla strada…l’ho trovato io stesso…C’era…c’era la sua auto…da una parte io…”
Lo afferrò per le spalle, fissandolo.
“ Ok senti…andiamoci subito…se…se è successo quel che temo…non è finita. Non è affatto finita, Marc ! “.
Lei li vide andar via di corsa, con Dylan che saliva sul maggiolone, seguendo la station vagon del giovane chitarrista.
Tremò, sentendo la paura prendere il sopravvento.
Un rumore sordo, simile al respiro gutturale di una bestia la fece trasalire.
“ Perché…perché fai questo ? “, urlò. Il respiro divenne più nitido.
“ Smettila ! E’ male ! Ciò che stai facendo é….”
Il respiro mutò, divenendo simile ad una risata soffocata.
“ Ciò che faccio…è la mia natura ! “.
Lady rabbrividì.
Aprì di scatto uno dei cassetti della credenza della cucina e vi rovistò con gli occhi annebbiati dalle lacrime, fin quando trovò un mazzo di chiavi lunghe.
Aprire la pesante porta di legno, appena sotto la scala interna che portava al secondo piano, le fu difficile. Ma era necessario !
Era l’uscio che spalancava ad una profonda cantina. Le mura erano di mattoni rossi, la scala di legno, e Lady cercò la piccola cordicella che faceva da interruttore ad una lampadina sistemata poco prima del primo gradino.
La luce giallognola illuminò una stanza rettangolare stipata di oggetti agricoli, obsoleti o da usarsi in casi eccezionali o tutt’al più stagionali. Lady Starwell scese con sicurezza, aggrappandosi al corrimano di legno.
Tastò la parete, trovando un interruttore a muro e la stanza fu pienamente illuminata.
C’era un mobile, una cassapanca di legno. Non occorreva essere un antiquario per capire che era antica. Lavorazione settecentesca, senza dubbio.
Tremando si inginocchiò sul pavimento di assi, aprendo ad uno ad uno i vari cassetti di mogano intarsiato.
Nulla. Si portò la mano sul viso, tremando.
“ Mio Dio….è….è tutta colpa mia…”, pianse.

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