Le mie 100 storie preferite di Dylan Dog : posizione
n°77La prigione di carta, mensile n°114, marzo 1996
Testi di Michele Medda
Disegni di Luigi Piccatto
Scrivere non è un problema per Charlie Chivazky. Le parole gli sgorgano dalle dita e disegnano fantasmagorie surreali, intrecci fulminanti di personaggi e situazioni. Ma dove nascono le illuminazioni dello scrittore? Dylan Dog deve indagare il segreto potere della narrazione, perché le fantasie di Chivazky, i suoi demoni personali, si stanno liberando nell'aria, pronti a raccontare le loro storie di morte! Sotto il solito cielo londinese color medicinale scaduto, la solita umanità cercava di rubare un pò di colori dalla primavera questa l'apertura della prima storia di Medda in solitaria (le precedenti erano infatti condivise da Serra e Vigna). Un battesimo di fuoco al pari di
Il battito del tempo n°154 del quale è considerato l'ideale prequel per una flebile continuity assai più presente nella scialba
La famiglia Milford n°203 e non solo per il solito (ispirato) Piccatto o per il cameo dei barboni. Benchè in
La prigione di carta sia ancora un Medda amorfo il maturo utilizzo dei principali elementi investigativi rendono già possibile declassare un autore (inferiore) come Chiaverotti o un autore (distaccato) come Manfredi, correnti in quel periodo. Una scena "slegata" come quella del motel fetish la dice lunga. Bozo, Zen, Sorella Malvasia sono peraltro macchiette rappresentative di un entusiasmante sdoganamento, nei dialoghi e nelle prospettive e indubbiamente nella già marcata acidità ; una lezione di cui Accatino farà tesoro per il capolavoro
La vita rubata maxi n°3. Chivazky è il perfetto illusionista del marcio, profeta del sidewalk-show, ingenua trasposizione autoriale ma talmente simpatica da valorizzare l'intera trama e gli inserti horror: a parte il trashone
Peter Punk o il trito
Una storia pazzesca (ritorno dalla morte) la chicca è costituita da
Il bacio dello scorfano. Notevole il finale che prelude l'autosuggestione di stampo barbatiano.