Cravenroad7

concordo...anche se tutto poteva essere svolto in maniera più semplice e lineare...a mio avviso

ormai avete detto tutto
Ho votato buono perché il voto più alto lo accomunerebbe ad albi storici, e questo ne è un omaggio, un buon modo per celebrare Dylan e la sua gloriosa storia.
Spero che non sia un canto del cigno, piuttosto un modo per ricordare che quel Dylan da qualche parte è ancora vivo. Dove sia, non lo so, e me lo chiederò fin quando non toglieranno tutti i paletti che impongono e che imprigionano uno dei più importanti fumetti italiani nella gabbia della mediocrità.

Votato accettabile....ottimi disegni...ma il cameo forzato di nessuno non l'ho capito....bella la parte di vita e morte e l'omaggio a Zombi 2 a pag 54....ma il nr. 100 e 200 mi sono piaciuti di più...

Anche a me quella scena ha fatto pensare a Zombi 2.
Ma non so se fosse un omaggio voluto.

Credo proprio di si.....cioè...è uguale allo zombie della copertina del film di Fulci....con tanto di vermetti che escono da una sola orbita (ihhhh), e poi il ghigno è uguale...

Però più che altro ciò che mi è sembrato un rimando a "Zombi 2" è la sequenza dell' ambulatorio medico in un luogo sperduto sotto l' assedio degli zombi.
Devo chiedere a Ruju se si tratta di una citazione o è la mia immaginazione.

Amici forumisti, approfitto dell'uscita di questo numero 300 per passare a salutarvi. Pigrizia e lavoro (non retribuito) mi impediscono di partecipare alle vostre discussioni, ma continuo a seguirvi, anche se in silenzio.
Ebbene, Dylan giunge a quota 300 e festeggia i 25 anni di vita editoriale. 25 anni portati abbastanza male: gli sceneggiatori sono troppi, le collane fuori serie pure (perché raddoppiare il Maxi? Che senso hanno gli Almanacchi nell'era di internet?), la supervisione è impalpabile, la linea editoriale non è chiara.
Questo quadro desolante dona al numero 300 - per me un buon albo, lo dico subito - un'atmosfera malinconica e decadente da fine impero e fa provare al lettore un piacevole senso di nostalgia per i tempi che furono. Ben più del numero 100, il 300 potrebbe essere l'ideale albo conclusivo della serie.
Uno dei leit-motiv di Ritratto di famiglia è, appunto, la crisi d'ispirazione dell'artista. Una crisi dovuta alla sensazione che tutto è già stato scritto, che le idee originali non esistono, che per accontentare il pubblico bisogna ricorrere ai soliti espedienti. Crandall Reed (il fumettista dal volto di Stano), infatti, riscrive continuamente il prologo e l'epilogo della sua opera; sa che i lettori chiedono, proprio come i lettori "reali" di Dylan, più splatter e un protagonista meglio caratterizzato. Ovviamente la sfida di Reed simboleggia quella affrontata da Ruju nello sceneggiare il 300. L'albo, come tutti i numeri celebrativi, doveva riallacciarsi a uno di questi due filoni: il primo, più realistico e collocato in un'epoca ben definita, che riguarda l'esperienza a Scotland Yard e l'alcolismo di Dylan; il secondo, in bilico fra surreale e fantasy, relativo all'infanzia di Dylan e alle vicende di Xabaras e Morgana.
Quest'ultimo filone, che è quello seguito da Ruju, rappresentava la sfida più complessa, data la difficoltà di inserire nuovi tasselli nell'arco di tempo che va dalla morte di Xabaras (In nome del padre) all'epilogo della serie (il numero 100). Ruju ha affrontato la sfida trasformandola nel soggetto stesso della storia. Il 300 infatti non rivela alcuna novità sul passato o sul futuro di Dylan, piuttosto mostra un Indagatore dell'incubo prigioniero di un destino già scritto (da Sclavi ne La storia di Dylan Dog), destino che diventa un ostacolo anche per chi Dylan lo scrive.
Persino lo stile di Sclavi è visto come un limite per gli altri sceneggiatori dylaniati: Ruju riesce benissimo a ricreare l'atmosfera surreale di Morgana e Storia di Nessuno, ma nel contempo sembra domandarsi (per bocca di Reed) quale impatto sui lettori di oggi e quale scopo abbiano, in una sceneggiatura, i voli pindarici fra una sequenza e l'altra, il ricorso agli universi paralleli, i finali alternativi, il confuso intrecciarsi di visioni e momenti di vita reale.
Questo 300 mi ha convinto e commosso, eppure non so dire il perché. Potrebbe essere merito delle splendide tavole di Stano e Rudoni, dell'odore della carta, o forse proprio di quel messaggio fatalista del quale parlava Dario qualche pagina fa. Ad ogni modo, Ritratto di famiglia è una storia "sospesa", senza una trama lineare né spiegazioni. Piuttosto si sviluppa per immagini, scorre via come un sogno, parla direttamente al cuore dei dylaniati.
Insomma, se nel Ventennale la Barbato raccontava una storia di esseri umani (e lo faceva "normalizzando" Dylan e Xabaras), nel 300 Ruju celebra il Dylan-personaggio, restituendogli il suo meritato status di icona.

V.M. (vietato ai minori)

Votato "Buono". Questo è il Dylan che mi ricordavo. E ciò fa capire come Pasquale lo conosca bene. Molto molto bene.

La nostalgia canaglia mi ha fatto votare Ottimo.
Complimenti a quei furbastri di Ruju e della redazione.

Segnalo che ad Anzio (RM) è arrivata una partita di copie con un difetto di stampa piuttosto strano... che ne pensate?

...Il 300 infatti non rivela alcuna novità sul passato o sul futuro di Dylan, piuttosto mostra un Indagatore dell'incubo prigioniero di un destino già scritto (da Sclavi ne La storia di Dylan Dog), destino che diventa un ostacolo anche per chi Dylan lo scrive...

ma che significa che non ci saranno piu' novità sulla storia di DyD?

Io mi farei cambiare l'albo, se possibile.

Beh,questo numero 300 per me e' stato il massimo che potevamo aspettarci in questa fase decadente che avvolge la testata.Ho votato ottimo,perche' mi ha sinceramente commosso,per certi aspetti molto triste e malinconico ci ho letto una sorta di arrendevolezza nelle pagine conclusive dell'albo.Non so se e' parso a qualcuno di voi,o se lo avete gia' scritto,ma io ho letto un messaggio subliminare abbastanza lampante.Quando crandal reed-stano menziona lo splatter e la sua volonta' di aggiungerne un po', si presenta "nessuno" che lo uccide quasi come se fosse impossibile oggi farlo,come se si volesse dire "vorremmo farlo ma non possiamo"!forse i tanti signor nessuno che pensano di essere qualcuno sono gli altri sceneggiatori che non sono sclavi e non riescono come lui a ricreare la magia che ha portato dyd a essere qualcosa in piu' di un fumetto.Un "illusione che avrebbe dovuto avere fine molto tempo fa"questo e' scritto nella vignetta che c'e' dyd quasi a dire: la testata doveva essere chiusa molto tempo fa...poi ancora:"le illusioni sono dure a morire come la speranza" e qui c'e' appunto una speranza che qualcosa possa cambiare in futuro.Forse sono seghe mentali mie pero' a me piace pensarlo cosi' il significato di questo numero 300.

Onestamente a me dello splatter frega poco o niente, fatta eccezione per la sensata e tagliente ironia nera che ci stava dietro. Lo splatter gratuito buttato a casaccio non serve veramente a niente o almeno è così per me. Quando però cominciano ad esserci limitazioni su limitazioni tanto da snaturare completamente il personaggio è un altro paio di maniche. Vorrei che l'emozione nel leggere una storia non sia la nostalgia dei bei tempi che furono ma quella di un grande presente. Purtroppo, per come la vedo, non credo ciò sia possibile ora come ora. (senza togliere nulla a questa bellissima storia)

A mio avviso, questo enigmatico numero 300, racchiude tutte le difficoltà che gli attuali autori incontrano nel "creare" un buon Dylan ogni mese. Ho intravisto, nel corso della lettura, una sorta di contrasto tra la voglia di scrivere e le complicazioni, che sono inevitabilmente connesse alla saturazione di un personaggio che è difficile da restaurare dal punto di vista concettuale.
C'è l'inizio e la fine dell'avventura (numero 1 e numero 100)...ma soprattutto c'è la voglia, nonostante tutto, di riempire con nuova energia (ma anche con la consapevolezza che gli anni '90 non torneranno più) il presente di Dylan Dog.
Però resta un albo complicato. Potrebbe essere anche "semplicemente" un concentrato pazzesco e piacevolissimo di nonsense fumettistico.

Oggi rileggevo la discussione nel topic di Ruju nella sezione "Autori" dove parlava della bella storia "Paranoia". Dice che è una storia partorita quasi di getto, senza pensarci su eccessivamente, molto ispirata quindi. Secondo me quel che manca oggi, limitazioni a parte, è proprio l'ispirazione. Secondo me c'è enorme differenza tra autore ispirato e autore 'mestierante'. E' chiaramente ovvio che lo spirito degli autori, con il passare degli anni, si sia forse affievolito o mutato per qualcos'altro. E non mi si venga a dire che ormai tutto è stato già detto o fatto e che le idee cominciano a scarseggiare, cosa che può anche essere vera ma quando un autore è ispirato il suo lavoro avrà carattere, che poi possa piacere o meno è un altro discorso.
Non so a voi ma quando leggo una storia percepisco anche lo spirito con cui è stata scritta e troppo spesso ormai mi trovo ad avere tra le mani pagine vuote di contenuto, semplici compitini scolastici scritti per puro e freddo mestiere. Naturalmente con questo non mi scaglio contro quegli autori che viaggiano quasi perennemente su questa linea, ben conscio che i ritmi e i tempi possano essere d'ostacolo, solo, secondo me, bisognerebbe puntare su chi ha ancora l'inconscienza, l'ispirazione e la voglia di dire qualcosa, senza l'ossessivo timore di aver qualcosa da perdere.