<b>Galvez</b>, questa è per te!<img src=icon_smile.gif border=0 align=middle>
Il problema non risiede ( come tra l?altro avviene anche nelle altre testate fumettistiche ) nella potenzialità in nuce del personaggio protagonista della serie.
Tutti i fumetti, in sostanza, hanno un potenziale che, seppur a livello teorico, possono sfruttare per migliorare il grado di letterarietà e di rapporto/complicità con il lettore. Ma, i fatti, a mio giudizio, si svolgono in modo diverso all?applicazione , interpretazione nonché incorporamento e rielaborazione di tale potenziale da parte dell?autore.
Se Dylan Dog possiede una forte componente immaginativa virtualmente presente, che potrebbe fornire una maggiore incisività nella strutturazione di storie più rispettose nei confronti dei suoi ideali elaborativi e narrativi, nella realizzazione non sempre si è riuscito a mantenere vivido questo ingranaggio e a rappresentarlo nel modo dovuto.
E questo, credo, risieda nei limiti cui ogni autore è soggetto nel momento in cui si cimenta nell?atto stesso dello scrivere.
Si parla di potenziale. Ma come sfruttare realmente questo potenziale?
Alla fin fine, un autore si trova a dover scrivere una storia e a fornire in poche pagine quegli elementi fondamentali che potrebbero esprimere una furia immaginativa nonché reale, incorporata nella virtualità ideale del personaggio.
Chi ha fatto questo lavoro egregiamente da un centinaio di numeri a questa parte? E in che modo è stato fatto?
Io da lettore dylandoghiano di vecchia data ho notato un successivo appiattimento della serie, ridotta proprio a sottacere, se non accantonare proprio quegli elementi che dovrebbero risvegliare la fantasia del lettore. Quest?ultima non deve ? e non può- esaurirsi nella lettura di un albo.
Fino al n.43, allorché Sclavi introduceva con grande maestria elementi del passato annebbiati da uno spiegazionismo insufficiente ( se non addirittura inesistente ), il lettore era spinto a curiosare nelle proprie immagini mentali, nella propria autoriflessione. ?Cosa c?entra il galeone con Xabaras e il passato di Dylan?? E Xabaras è il vero padre di Dylan Dog? Se no, chi è veramente??
Dal 43 al 100 ne è passata di acqua sotto i ponti, e io avvertivo come esigenza personale che mi si fosse spiattellato in faccia un altro numero nebbioso che in modo frammentario soddisfacesse la mia richiesta e nello stesso tempo la rinnovasse, la rinvigorisse. Nuove domande.
L?idea del passato misterioso era azzeccatissima. Ma, l?idea di un?assenza radicale di un passato, no.
Il modo in cui Dylan avrebbe dovuto gestire il suo passato era proprio l?elemento nebbioso, vago, indistinto, curioso.
Il n.100 ha spezzato questo sogno. Al contrario, lo spazio di silenzio dal n.43 al 100, incominciava a suscitare richieste per immaginare ancora , ma stava risultando ?stancante?.
Il n.100 spiegò quasi di botto un passato che ora pareva esaurire la stessa curiosità che si possa nutrire per un fumetto come Dylan Dog.
Dylan Dog non è la storia in sé stessa, ma è il personaggio. Questa è stata la mia percezione degli esordi.
Dal n.100 al 123, non è passato molto tempo. Ma quella storia ci stava bene perché proiettava Dylan in una realtà come quella affrontata nel n.74 o nel n.81.
E dopo?
Il periodo più critico della serie.
Niente più passato. Niente più spunti. Il cento sembrava aver messo un tappo alla curiosità del lettore a differenza del n.123 che aveva ridato un tocco di magia al tutto.
E poi si arriva al duecento.
Il n.200, per me, è stato una delusione perché riprendeva un tema trito e ritrito. Ed è qui che non serviva lo spiegazionismo, perché gli elementi che ne hanno composto lo sviluppo erano stati ampiamente citati e, come minimo, ci si aspettava qualcosa di nuovo: un anti-spiegazionismo misto a frammenti oscuri che rinnovassero la domanda intima del lettore verso Dylan.
Ma il n.200 non è colpa di Paola Barbato, bensì della scelta di Sclavi stesso di non rimettere in discussione quanto già detto. E tale compito sarebbe dovuto spettare a Paola, visto che lui aveva gettato la spugna.
Ora, se mi si chiede che l?analisi di un fumetto debba considerare i fatti, non posso escludere in questi la presenza dei lettori e del loro gusto.
Lo Speciale è piaciuto perché ritoccava in qualche modo quelle tematiche. Nessuno ha percepito che le chiudesse, o lo confinasse in un luogo di regresso immaginativo.
La tematica di Xabaras mi è rimasta sempre alla gola. Quel n.100 me l?ha stroncata.
Il n.200 , invece, mi ha confermato la stanchezza dei presupposti di partenza, mentre lo Speciale mi apre una porta.
Se il tuo ragionamento si proietta a lungo termine, io non posseggo una tale lungimiranza da avvertire che questo esperimento abbia, in un certo senso, inferto un duro colpo alla fantasia del lettore che ben presto verrà annoiato dalle successive storie. Io sento un?aspettativa, invece, che mi era stata negata da tempo.
Questa storia è piaciuta perché va a rimestare quel passato troppo cristallizzato, apparentemente esaurito. E credo che dopo il n.100 e il 200, la strada da percorrere poteva essere soltanto un metodo intelligente di parlare di ?cose note? per riaprire la domanda di base di cui parlo.
Io compravo Dylan Dog perché mi ponevo domande, le quali nascevano da aspettative sul personaggio. Quali migliori aspettative possono nascere da un passato nebbioso?
Per me l?aspettativa non è leggere il seguito di Notti di Caccia o di altre storie doppie, bensì il seguito di Dylan come personaggio letterario e reale allo stesso tempo. La storia di Dylan Dog è la massima aspettativa. Ma, ripeto, una storia tracciata senza definitività.
Vedersi ?La storia di Dylan Dog? concentrata in un albo di 100 pagine è stato il tradimento del percorso fatto fino allora.
Caro Galvez, come hai ben compreso, la critica che rivolgo allo spiegazionismo è differente dalla tua e tiene in considerazione quei picchetti che ormai non possono più essere oltrepassati se non utilizzando espedienti tipo questo Speciale.
La spiegazione secondo me doveva essere un percorso oscuro e simbolico che non esaurisse il personaggio e il suo passato.
Dopo il cento io non ho avvertito più alcuna domanda intima? Il n.101 mi sembrava un numero forzato. Cosa dovevo più sapere?
Forse su una tale interpretazione potremmo trovare accordo. Ma, adesso che il passo è stato fatto? Come si abbattono i picchetti per riportare Dylan al filtro della realtà e dell?umanità?
Ci sono fumetti che partono dalla spiegazione sin dal primo numero. E questi espedienti non rientrano molto nelle mie preferenze.
Dylan era partito con il piede giusto.
Adesso, le cose sono molto diverse e non si può più prescindere dalle scelte fatte in passato.
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